Sulla
ricchezza dei narcisi
di
Giovanni Bianchi
Sinistra e democrazia
Mi vado convincendo da tempo che il
problema non è ricostruire la sinistra, ma la democrazia. Anche in Italia, dove
della destra e dei suoi guai si è sempre dovuta fare carico la sinistra. Benito
Mussolini non è che un passaggio della lunga catena. Il Duce veniva dall’ala
dura e ovviamente “rivoluzionaria” delle Camere del Lavoro.
A
minacciare il tessuto democratico in questa stagione è soprattutto la ricchezza,
che mantiene imperterrita i suoi ritmi storici.
John
Kampfner ha ragione. I vecchi ricchi si battevano esplicitamente contro i
concorrenti. I nuovi liberisti esaltano la concorrenza e provvedono ad
ucciderla in culla. Sarebbe questa una buona ragione rooseveltiana per
allargare le classi medie: oggi erose dal capitalismo compassionevole, anche
italiano.
La
politica copre l’operazione generalizzando la trasgressione -i divi godono infatti di una franchigia trasgressiva
e ovviamente sono ricchi- ma evitando di distribuire e condividere la
ricchezza. Per questo non è forse del tutto innocente il doveroso impegno
intorno ai diritti civili. Non facciamo confusione: i diritti civili vanno
allargati, i gay riconosciuti e tutelati, ma è solo illusione di libertà e
continuità della discriminazione sociale se contemporaneamente i diritti civili
non vengono garantiti con la base di un welfare universale. Se il welfare
diventa competitivo risulta sospinto sulla via del tramonto. Che è anche,
sempre, la via della colpevolizzazione dei poveri.
Il
recupero di un nucleo tradizionale, intorno al quale proteggere -insieme e
sullo stesso piano- le novità dovrebbe essere la via maestra. Il nuovo ogni
volta a dispetto del sociale tradizionale è sovente un bluff corrosivo. L’unico
al mondo per ora a esserne tranquillamente cosciente è papa Francesco. Francesco non è un progressista. Non è un
rivoluzionario. Ma un radicale evangelico. E i Vangeli risultano scritti quasi
2000 anni fa.
Chi
impoverisce gli altri arricchisce: Sant’Agostino lo aveva capito per tempo.
Kampfner ne ha ripercorso in un volume da poco pubblicato (Storia dei ricchi, Feltrinelli editore) l’itinerario nei secoli, da
Creso a Bill Gates.
L’ordito
di fondo è il medesimo di Thomas Piketty: viviamo in un mondo dominato dalle
rendite finanziarie. E da qui bisognerebbe prendere le mosse per ripartire,
avendo chiaro che nell’universo dei ricchi, o meglio nel mondo globale dominato
dai nuovi ricchi, emergono sempre gli stessi impulsi e le stesse forze. Ivi
compreso il vezzo del consumo vistoso e dello spreco buttato in faccia ai
poveracci.
I metodi
I
metodi sono tutto tranne che liberisti e rispettosi della concorrenza. I nuovi
ricchi, come i vecchi e gli antichi, rigettano la competizione e comprano chi
si oppone, e infine lo eliminano. Così, come già per il passato remoto, quanto più
sei ricco tanto più lo diventi. Analogamente quanto più sei povero tanto più sei
a rischio di sprofondare.
Per
salire la scala sociale dei super-ricchi gli esperti di investimenti sostengono
che la parte più difficile sia mettere da parte i primi dieci milioni. Una
volta arrivati lì, le condizioni del sistema fiscale e gli stessi enti
regolatori globali vi aiuteranno a crescere e ad arricchirvi sempre di più…
In
tal modo quel che conta non è il modo col quale hai accumulato il denaro, ma
arrivare in cima alla montagna: questo ti consentirà di consolidare la tua
posizione. I tuoi figli frequenteranno gli istituti britannici più prestigiosi
e il nuovo ricco sarà munifico di donazioni perché quegli istituti possano anche
portare il suo nome.
Insomma
tutto concorre ad allargare l’abisso delle disuguaglianze. E non sono pochi
coloro che si ingegnano di legittimare la logica dell’esclusione, parlando a
proposito e a sproposito di merito e bisogno, e soprattutto colpevolizzando chi
non ce la fa salire e resta in fondo alla montagna dei dollari.
***
Alli benigni lettori
Segnaliamo ai nostri lettori l'interessante dialogo morale di Dante Maffìa
pubblicato nella rubrica "Officina" e la nota di Giovanni Bianchi al libro
di Gianfranco Ravasi sul Giubileo.
Segnaliamo ai nostri lettori l'interessante dialogo morale di Dante Maffìa
pubblicato nella rubrica "Officina" e la nota di Giovanni Bianchi al libro
di Gianfranco Ravasi sul Giubileo.