GERUSALEMME
Testo e foto di
Paolo M.Di Stefano
E così il
Presidente Trump ne ha pensata un’altra, già definita formalmente (pare) ma in
concreto ancora da realizzare: Gerusalemme è stata riconosciuta come capitale
di Israele, ed è a Gerusalemme che avrà sede l’ambasciata degli Stati Uniti.
Naturalmente, si è trattato di un atto obbligato. Non solo la realizzazione di
una promessa elettorale, ma anche -e soprattutto- una decisione destinata a
rilanciare il processo di pace tra lo Stato di Israele e la Palestina.
Trump
è un essere superiore, e proprio perché tale i processi del suo pensiero non
sono semplici da seguire. Per esempio: per noi comuni mortali, “rilancio del
processo di pace” significa più o meno che il cammino verso la pace o almeno
verso la tolleranza reciproca dovrebbe accelerare e dunque avvicinare
quell’accordo senza il quale la pace in medio oriente sarà pura utopia. Per il
Presidente degli Stati Uniti, il rilancio sembra significare “maggiore presenza
nella comunicazione internazionale”: l’importante è che se ne parli, non
importa come, ma che se ne parli. Qualcosa accadrà. Che è vero. E sotto questo
aspetto, il Presidente ha perfettamente ragione: il riconoscere Gerusalemme
capitale di Israele genererà eventi di cui nessuno oserà non parlare, e la
questione tornerà in primissimo piano e vi rimarrà a lungo. Con conseguenze
assolutamente benefiche, almeno per gli Stati Uniti, la cui industria delle
armi avrà notevole impulso e, probabilmente, notevole impulso potrebbe avere -magari
in momenti successivi- anche il mondo degli affari che gira attorno alla
ricostruzione di quanto distrutto dalla resistenza degli arabi e dalla
conseguenza attività di difesa degli israeliani. Con in più la possibilità di
dimostrare che il popolo israeliano è da centinaia di anni vittima di ogni
possibile aggressione ed è dunque legittimo che si difenda; e che le
aggressioni vengono da tutto il mondo arabo, che non accetta -per ignoranza e
per intolleranza- che la Città Sacra alle tre religioni monoteiste e
riconosciuta come capitale della Palestina sia, invece, la capitale di Israele.
La chiesa della Dormizione |
Trump
ha ragione: bisogna che gli arabi si rassegnino alla sconfitta della Palestina
e alla creazione dello Stato promesso da Dio in persona ad Israele secoli
orsono. E se qualcuno dovesse nutrire dubbi circa la storicità di quella
promessa (oltre che sulla sua realtà), si informi e tragga le debite
conseguenze. E su di un altro punto essenziale il Presidente ha ragione: se la
città è sacra per le tre religioni monoteiste, la sola soluzione possibile sarà
il farne la capitale di uno “Stato dello Spirito”, il primo (almeno per quanto
io ne so) in tutto il mondo. Ed è, questa, assoluta lungimiranza: le guerre, le
guerriglie, gli attentati che si scateneranno non avranno risultato alcuno, se
non quello di distruggere la stabilità (precaria) dell’area. E dunque, il mondo
(e per il mondo, l’ONU) non potranno non intervenire, e dovrà essere l’ONU a
“inventare” uno Stato dello Spirito con capitale Gerusalemme. E pensate: Trump
provocando e pianificando tutto questo (e quanto per ovvie ragioni non detto)
dà prova di una generosità senza paragoni, rinunziando ad una buona parte del
mercato delle armi e ad una altrettanto notevole parte dei guadagni prevedibili
con la ricostruzione.
Nel
frattempo, avrà onorato uno dei principi fondamentali di quello che gli
americani chiamano marketing ed ai quali gli imprenditori illuminati si
inchinano: cogliere le occasioni per fare profitto e se possibile crearle. Perché
non c’è dubbio che Trump sia un imprenditore illuminato, di successo e dunque
anche ricco e potente.