I miei auguri di fine Anno
Una melograna in volo
di Ilaria Guidantoni
A tutti coloro che hanno
rinunciato a volare sulle ali della passione,
ad amare... semplicemente a
vivere.
Disegno di Adamo Calabrese per "Odissea" |
C’era e non c’era una volta una
ragazza, o forse era una donna, ma con un’anima da bambina, eppure guardandosi
allo specchio si sentiva vecchia. Sapeva di non esserlo ma quando sbirciava
nello specchio scorgeva il proprio volto tremendamente invecchiato. Le pareva
perfino di non vedere i contorni del proprio viso in modo nitido. Come poteva
essere? Quando passeggiava non c’era bambino, ragazzo, uomo o vecchio che,
incantati dal suo fascino non la guardassero ammirata… eppure lei più si
specchiava più notava il suo sfiorire. Un giorno, dopo che la notte prima aveva
preso freddo, si svegliò con un terribile raffreddore. Non sentiva più nessuno
odore. Dette la colpa al raffreddamento e non se ne curò. Passarono i giorni e
piano piano la ragazza guarì ma gli odori non le arrivavano più. Qualcuno le
disse che nel Paese dove si trovava forse questo era un bene. Non avrebbe
sentito gli odori nauseabondi dei resti del cibo lasciati all’incuria per
strada ma a lei non importava. Le sembrava di vivere dentro una nuvola,
sospesa, dove anche i colori svanivano. Un giorno rischiò di cadere per terra
perché senza odori non riusciva ad
orientarsi. Quasi non riconosceva le
persone. Senza odori le persone le apparivano come figurine di carta,
ritagliate su fogli piatti. Quando venne il turno di incontrare i suoi bambini,
corse loro incontro per abbracciarli, cercando invano il profumo di talco e
quell’odore di buono e di tenerezza che si era irrimediabilmente perso.
Mangiava ogni giorno di meno, solo per nutrirsi. Perfino dell’acqua aveva
smarrito il piacere di dissetarsi. La vita le appariva appannata e la sua
immagine allo specchio divenne sfuocata. Si lavava ossessivamente temendo di
avere un cattivo sentore o di non averne affatto. Era stato così infatti che si
era accorta di aver perso l’odorato. Una sera come tutte le sere prima di
andare a dormire, dopo il bagno, si era spalmata con dell’olio profumato o
almeno credeva. La stanza era illuminata solo da una candela e non riconoscendo
alcun profumo, corse ad accendere la luce, pensando di essersi sbagliata. Era
sempre lo stesso olio ma il suo profumo di gelsomino era svanito. Ne aprì
un’altra boccetta, ma la sorte fu la stessa. Passarono i giorni e la vita le
appariva come una lunga fila di quadretti grigi, di una tonalità insulsa e
indistinguibile. Un giorno passeggiando
le si avvicinò un gatto che la seguì fino a casa desideroso di coccole e di
trovare un po’ di calore forse.
"Il bosco" di Giuseppe Denti per "Odissea" |
Accarezzandolo, mentre il micio sembrava godere
di tante attenzioni, a lei parve di avere tra le mani un pelouche a pila. Non
aveva nessun odore, nemmeno lui. E lo invidiò. Capì allora cosa voleva dire
avere fiuto nella vita, potersi orientare nel meraviglioso mondo degli odori,
buoni o cattivi che fossero non importava. Era disperata e passava le giornate
annusando le cose più incredibili convinta che prima o poi tutto sarebbe
ripreso come nulla. Andò nel laboratorio
di vernici vicino casa e si mise ad annusare i barattoli aperti, solventi e
colle perfino, sebbene non le giungesse alcuna sensazione. Niente di niente.
Una sera rimase fuori dal balcone, guardando le stelle e pensò che per
guardarle bastasse la vista. Le stelle non hanno odore e neppure la luna… ma la
notte sì. L’aria della notte è diversa dal giorno, diversa in ogni stagione,
carica di umidità, impregnata degli odori dei fiori e delle piante che il vento
trasporta o della polvere nelle giornate afose. Anche le stelle le sembrarono
allora niente più che lampadine fioche. Alcuna emozione.
Ilaria Guidantoni |
Finalmente
le arrivò la notizia del ritorno del suo amore solo che dopo un momento di
gioia, la tristezza ne prese il posto. Non avrebbe sentito il suo profumo che
poteva riconoscere tra mille, perfino nella folla satura delle spezie del
mercato. Si preparò con cura ma quell’olio speciale con il quale si cospargeva
il corpo prima di incontrarlo era diventato solo un liquido grasso, mentre le
candele solo un gioco di luci e ombre. Nell’assenza si accorse che tutto aveva
un odore, un sentore che ne raccontava la storia. Perfino le cose più
impensate, come una chiave di ferro.
Anche i baci
quella sera non avevano lo stesso gusto. Ecco aveva perso il gusto della vita,
la capacità di sentire le cose. Aveva la sensazione che una pellicola la
ricoprisse tutta separandola dall’intimità con il mondo. Pensò che fosse una
sua creazione, un incubo dal quale si sarebbe risvegliata. In realtà forse
sentiva gli odori ma non riusciva a leggerli? Credette di essere impazzita e si
rassegnò a una vita che non avrebbe più avuto sapore. Come avrebbe fatto a dare
il gusto agli altri senza averne per sé? Si sentì improvvisamente sola… come
una bambola nelle braccia del suo amore che sembrava invece contento, ignaro di
tutto e non vedeva il suo dolore.
Passarono i
giorni, le settimane, e la luna fece il suo giro per tornare a nascere, più e
più volte, finché un giorno si accorse che il suo amore aveva lasciato un
gelsomino accanto al suo letto andandosene. Lo avvicinò alle labbra e al viso,
come per accarezzarsi, prima di chiuderlo in un libro senza odore ma qualcosa
si risvegliò in lei. Ne sentì il profumo intenso tanto che scostò la testa
indietro. Anzi, ebbe l’impressione di sentirne la fragranza. Certamente era
un’illusione, il ricordo di un bel momento, il desiderio così forte di
ritrovare il gusto per quell’amore che stava svanendo… le fece percepire
l’inesistente. Comunque quella sera mentre lo aspettava profumò la casa con
acqua di fiori d’arancio e accese una candela sotto l’olio di garofano in
camera e le sembrò davvero di sentire quei profumi. Ad un certo punto prese
coraggio e si mise alla prova: mise tre boccette con i diversi aromi una di
fianco all’altra, chiuse gli occhi, girò più volte intorno al tavolo e chiese a
chi era con lei di scambiarle di posto. Aspirando l’odore li riconobbe e non
sbagliò ma pensò di essere stata fortunata. Non riusciva a credere ancora al
suo naso.
Qualcosa
tornava nel gusto ma una sera perse di nuovo ogni sensazione. Quello stesso
giorno il suo amore era partito e camminando nei giorni successivi ebbe spesso
la sensazione di perdere l’orientamento.
Ilaria Guidantoni |
Passarono
lunghi giorni di angoscia nei quali si sentì priva di forze e lunghe notti
insonni, settimane sempre uguali si avvicendarono, la stagione cambiò e il suo
amore rimandava sempre quel viaggio di ritorno. Un bel giorno, senza nemmeno
voler sentire la sua voce, gli scrisse che sarebbe partita lei stessa per non
restare nell’attesa vana. Avrebbe sorvolato il mare per raggiungere la riva
dalla quale era partita. Restare in una casa vuota non aveva più senso.
Era pronta a
salire sull’aereo quando all’imbarco il pilota le porse un pacchetto dicendo
che non poteva rivelarle chi glielo avesse consegnato ma che avrebbe dovuto
aprirlo se avesse avuto paura durante il volo. Immaginò allora di riconsegnarlo
chiuso alla fine del viaggio.
La giornata
era stranamente piovosa in quella regione dove piuttosto è la siccità la vera
minaccia e un vento forte si abbatté sull’aereo non appena questo si alzò in
volo. Sentiva il tremore in tutto il corpo, il freddo che l’avvolgeva, mentre
fuori dall’oblò si vedeva solo una coltre spessa di ovatta. Tutto bianco. Un
biancore accecante che le invadeva l’anima.
Ad un certo
momento dopo l’ennesimo scossone, prese coraggio e chiese di vedere il
comandante. Entrò nell’abitacolo con il pacchetto in mano e mentre davanti a
lei si agitava una massa candida lattiginosa lo aprì adagio adagio… non si sa
quanto tempo passò ma diversi minuti, fin quando, mentre le lacrime le velavano
lo sguardo, sentì forte e chiaro il profumo del suo amore, con il quale era
stato bagnato il nastro che si legò al polso; poi arrivò l’odore inebriante del
gelsomino e quello delicato e appetitoso della melograna, frutto dell’amore. Tutto
si animò d’un tratto e nella nebbia fitta poteva distinguere ombre e figure,
paesaggi che l’attendevano, mentre ogni cosa riprese vita sprigionando un suo
odore, in un miscuglio allegro che la fecero ridere, mentre addentava il
frutto. Era tornata a volare, a vivere.