4 DICEMBRE 2016: CHI HA
VOTATO “NO”
PER AFFERMARE LA
DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE
NON HA RICEVUTO
RISPOSTA
di Franco Astengo
4 dicembre 2016, un anno fa.
Referendum nel merito delle
deformazioni costituzionali (un vero e proprio “attentato alla democrazia”)
votate dal Parlamento a suon di colpi di fiducia su proposta del governo
Renzi e del PD che puntavano a consolidare
il loro “regime”. In crescita netta, rispetto alle Europee 2014, la
partecipazione al voto (58,69% alle Europee, 68,94% al referendum) e
altrettanto netta affermazione del NO con 19 milioni di voti su 31 milioni
circa di voti espressi. Un risultato inequivocabile alla cui formazione concorsero
diversi elementi: fra questi sicuramente una quota di suffragi espressi in nome
della difesa della democrazia costituzionale e del suo impianto complessivo
fondato, nella volontà dei Padri Costituenti, sulla centralità del Parlamento
composto -sempre nella visione costituzionale- dalla rappresentanza delle più
importanti sensibilità politiche presenti nel Paese in forma organizzata
(partiti e movimenti).
Da ricordare
ancora come, successivamente al voto, la Corte Costituzionale avesse dichiarato
illegittime parti fondamentali della legge elettorale che (sempre a colpi di
fiducia) lo stesso governo Renzi e lo stesso PD avevano elaborato in piena
sintonia con le deformazioni costituzionali respinte dall’elettorato, per
completare l’opera di riduzione dei margini di democrazia e consolidare così il
proprio regime.
Nel
frattempo il governo Renzi si era dimesso e sostituito da quello Gentiloni,
costruito in scia con la sola accortezza di proporre una sorta di “low
profile”.
Governo
Gentiloni che, sulla questione più importante che si trovava di fronte
riguardante il tema dei migranti, non ha fatto altro che attuare il programma
della destra promuovendo (attraverso l’elargizione di soldi pubblici italiani)
un’azione di respingimento in mare e a terra da parte dei capi tribù libici nei
confronti delle masse di disperati che risalgono l’Africa in fiamme per cercare
rifugio in Europa.
Torniamo
però al post referendum e alle questioni di carattere istituzionale.
A un anno di
distanza dalla vittoria del “NO” è stata forse fornita una risposta a quanti,
molto numerosi, votarono in quell’occasione in favore del ritorno della
democrazia costituzionale? Direi proprio di no.
Prima di
tutto non si è verificata, a sinistra, una seria riflessione sul significato di
quel voto e sull’esigenza che all’interno di esso sicuramente si riscontrava,
di adeguamento di soggettività: su questo piano abbiamo verificato soltanto il
concretizzarsi di una scissione del PD, attuatasi meramente in chiave
politicista e in funzione elettorale di riproposizione di un ceto politico.
In secondo
luogo le forze politiche parlamentari hanno del tutto disdegnato il senso di
quella porzione di voto accordandosi per varare la peggior legge elettorale
della storia della Repubblica. Una legge elettorale che non garantisce né
rappresentanza né tanto meno l’agognata (da loro, sia ben chiaro) governabilità
e che presenta almeno altri due punti di incostituzionalità palese:
1) ancora una volta le liste
bloccate (“corte” per perpetrare meglio l’inganno) che accompagnate dai collegi
uninominali con i candidati “paracadutati” alla fine porteranno a un Parlamento
composto almeno per il 75% da nominati a tavolino;
2) in secondo luogo la “spalmatura”
dei voti riportati dalle liste attestatesi tra l’1% e il 3% sui voti riportati
dalle liste maggiori, mette seriamente in discussione la possibilità di
esprimere un “voto personale” come esplicitamente indicato dalla Costituzione.
Seri dubbi,
inoltre, stanno sorgendo sulla composizione delle circoscrizioni elettorali:
tasto delicatissimo e assolutamente decisivo al fine di determinare l’effettiva
composizione del Parlamento. Al riguardo dei profili di incostituzionalità
appena citati l’unica replica è venuta dal solito gruppo di coraggiosi avvocati
già protagonisti della bocciatura, in sede di Consulta, di Porcellum e Italikum
che hanno immediatamente proposto ricorso. Non ci sarà risultato, naturalmente,
in precedenza al prossimo turno elettorale e qualora ci fosse in seguito
sarebbe ancora una volta amaro constatare l’ennesima occasione di supplenza
della Magistratura rispetto alla cosiddetta “politica”.
In sostanza,
sul piano delle prospettive della dinamica politica, la prossima tappa sarebbe
quella di un voto che si realizzerà in modi e forme del tutto contrari alle
indicazioni di costituzionalità che nel “NO” del 4 dicembre 2016 avevano
trovato sicuramente ampio spazio d’espressione. In queste condizioni sarà
difficile che sarà confermato il 70% di partecipanti al voto e sicuramente per
coloro che il 4 dicembre ripresero l’abitudine a esprimersi non paiono esserci
attorno stimoli minimamente adeguati per ripetere l’impresa. Intanto PD, M5S,
centro -destra si occupano di fake news che sicuramente non rappresentano la
priorità della vita quotidiana delle lavoratrici, dei lavoratori, dei
disoccupati, delle pensionate e dei pensionati.
La sola
risposta possibile alla richiesta di democrazia costituzionale appare quindi
essere quella solita dell’autoreferenzialità conservativa e della produzione di
immagine. Quanto di più negativo, alfine.