PENSIERI OZIOSI DI UN OZIOSO
di
Paolo Maria Di Stefano

Elaborazione grafica di Giuseppe Denti
E
allora, alle 18 i giochi finiscono. Le saracinesche discendono e, suppongo, chi
non ha finito di cenare lascia la tavola del ristorante con quanto ancora da
consumare e si precipita fuori. I più pronti infilano in un sacchetto quello
che possono sperando di farlo arrivare a casa in condizioni ancora accettabili
per finire la cena in santa pace, sempre che si siano ricordati di indossare la
mascherina con la cura necessaria a coprire anche il naso.
Un
comportamento, questo, che dovrebbe garantire almeno il rallentamento
dell’avanzare del virus. Ma che sembra non funzionare più che tanto, almeno
fino ad oggi, il che autorizza a pensare che questa seconda ondata sia anche
responsabilità di tutti coloro che fingono di ignorare i consigli del
legislatore e degli amministratori delle regioni, delle province e dei comuni.
I
rimedi all’espandersi del virus proposti si basano soprattutto sui risultati
ottenuti nella lotta alla prima ondata, risultati subito vantati se non proprio
come una vittoria, certamente come positivi, e certamente tali da consentire la
riapertura degli esercizi commerciali e delle strade impegnate nella movida, in
questa ultima ipotesi almeno con manifestazioni di gioia da parte dei giovani.
A Milano, per esempio, i Navigli e Porta Nuova si sono immediatamente
ripopolati, le mascherine sono apparse una rarità e il distanziamento sociale
una pretesa con più di qualche stranezza quasi incomprensibile. C‘è chi afferma
che si tratti in gran parte di una insopportabile limitazione alla libertà,
come se la libertà non fosse quello che realmente è: un sistema di limitazioni
personali, e non l’arroganza di comportamenti egoistici.
Con
questa nota come seconda ondata - intanto - pare rimasta inalterata la tendenza
di più di un medico di famiglia a sublimare divenendo invisibile ed
irrintracciabile. Ma in più di un caso, non silenzioso. Alcuni hanno
contribuito a comunicare come gli anziani fossero diventati indegni di
considerazione, in particolare di quella dei medici impegnati a combattere il
coronavirus tra i più giovani, diciamo fino ai cinquantacinquenni, il sistema
sanitario non essendo in grado di intervenire per tutti. E soprattutto, non
valendo la pena di occuparsi dei più vecchi, ritenuti da più di un imbecille
non in grado di operare per lo sviluppo della società, e dunque obsoleti curare
i quali sarebbe uno spreco inutile di risorse.
L’idea
assunta a motivazione per la non cura è il risultato di un progressivo aumento
della ignoranza generale o, se si preferisce, di una progressiva diminuzione della
cultura. Almeno da noi.
Una
ignoranza forse non ancora generalizzata, dal momento che qualcuno continua a
pensare che l’avanzare dell’età abbia il grande vantaggio di una esperienza più
o meno intensamente vissuta, come tale utilizzabile per “meglio conoscere la
storia recente”, e dunque gli errori commessi, e quindi provare a trovare il
come correggerli, a tutto vantaggio del futuro.
Non
possiamo dimenticare, a questo proposito, che nella ricerca e individuazione
dei mezzi e dei metodi di cura si è sempre proceduto a tentoni e che ancora a
tentoni si procede, nella speranza di imbattersi in qualcosa di quasi
scientificamente fondato.
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Elaborazione grafica di Giuseppe Denti |

Opera di Vinicio Verzieri
Con
il rischio ovvio di sbagliare, ma con la quasi certezza di riuscire, almeno in
parte. Naturalmente, questa è una delle cose che chiamano in causa il
comunicare in termini di oggetto della comunicazione e di modo di darle vita
con la sintesi e la chiarezza opportune. Occorrerebbero seri professionisti,
per questo, ma quanto sta accadendo non pare poter aiutare: decreti dai
contenuti almeno in penombra e dunque in buona parte criptici e tutti volatili,
pronti a cambiare nello spazio di poco più di qualche ora. In più (sempre da
noi) elaborati da “legislatori” adusi a “fabbricare” leggi in gran parte
incomprensibili, ed a modificarle rendendole se possibile ancora meno chiare.
Noi
stiamo cercando di salvare in contemporanea la salute e l’economia, e ognuno
dice la sua in quella che, almeno fino ad ora, si è rivelata una inutile “brain
masturbation”, perché basata in gran parte su concetti e procedimenti
vecchissimi e tutt’altro che innovativi.
Per
esempio - siamo nella economia e in particolare nella distribuzione: tutti
credono che il risultato possa scaturire dalla applicazione dei principi di uno
scambio libero in una economia altrettanto libera.
Risultato,
tra i primi: i negozi di alimentari sembra siano stati aperti senza nessun
rispetto per le distanze e si sono fatti concorrenza spietata soprattutto
basata sulla lotta tra i prezzi, obbligata dalla situazione: tutti cercano di
vendere le stesse cose, senza - generalmente - quelle differenze in grado di
determinare le preferenze del consumatore e, in un sano regime economico, il
livello dei prezzi.
Che
sono differenza di qualità, di marca, di formato, di servizio…
Il
che mi ricorda, per esempio, il tempo in cui buona parte della fortuna delle
farmacie dipendeva dalla distanza tra i negozi, distanza se non erro disposta
per legge e, sempre ch’io non ricordi male, oggi abolita in nome di uno strano
concetto di concorrenza e di libertà. Non è possibile che l’imbecille che ha
voce in capitolo nel settore, giovane abbastanza per non aver vissuto quella
esperienza, si sia dimenticato di ascoltare l’opinione dell’anziano che quella
esperienza invece ha vissuto? La vecchiaia ha acquisito una funzione se non
nuova certamente importante: è divenuta materia di dibattiti destinati soltanto
a riempire i così detti media di considerazioni dalla vacuità disarmante.
È
di queste ore un provvedimento del sindaco di Volturara Irpina che vieta agli
over 70 di uscire di casa! E non sembra che il piccolo paese sia stato dotato,
prima del provvedimento, di una organizzazione in grado di soddisfare i bisogni
di coloro ai quali è stato impedito di uscire.
Ma
torniamo a noi.
