LA MIA ISOLA
di
Paolo Vincenti
 Raggiungere una landa di pace e di sogno è un
fatto legato al viaggio.
Quello della letteratura di viaggio è un campo davvero sterminato e molto
frequentato da sempre da poeti e romanzieri, così come il genere del viaggio
fantastico, immaginario. Gli autori e le opere appartenenti a questo genere
sono troppi per poterli elencare in una breve disamina, a far capo da quel capolavoro
immortale che è l’Odissea di Omero
fino ad arrivare ad Alice nel paese delle
meraviglie di Lewis Carrol, da Le
Argonautiche di Apollonio Rodio alla stessa Divina Commedia di Padre Dante, dai viaggi di Sinbad il marinaio,
ne Le mille e una notte, al Robinson Crusoe di Daniel Defoe. Già
Ctesia di Cnido, nel V-IV secolo a.C., scrisse una Storia dell’India piena di notizie favolose. Ne parla Luciano nella
Storia vera. Fra II e I secolo a. C.,
Iambulo, riportato sommariamente da Diodoro Siculo nell’ opera Biblioteca, scrisse di fantastici viaggi
nei mari del Sud. Iambulo narrava che, insieme ad un suo amico, era capitato in
un paese dell’Oriente, le Isole del Sole, i cui abitanti menavano vita beata.
Avevano grande desiderio di imparare e studiavano l’astrologia. 
Vivevano un certo numero di anni e una volta raggiunto quel limite morivano volontariamente di una morte inusitata, cioè si stendevano su un’erba che cresceva nell’isola e che era letale. “Iambulo”, dice Diodoro, “ed il suo amico dimorarono qui sette anni e poi furono cacciati contro la propria volontà come malfattori e di corrotti costumi”. Il più famoso esploratore dell’ignoto di tutti i tempi è stato Ulisse, protagonista dell’Odissea. Capostipite della letteratura fantastica, il poema omerico si dipana attraverso le mille tappe di una geografia immaginaria che invano gli studiosi hanno cercato di localizzare. Giustamente Eratostene avvertiva che “l’itinerario di Ulisse sarebbe stato determinato solo allorché si fosse potuto trovare il sellaio che aveva cucito l’otre dei venti dato da Eolo”. Basti pensare all’isola di Circe, “l’isola Eea”, che Omero pone ai confini del mondo, nell’altro Oriente, dove sorge il sole. Il già citato Luciano di Samosata, del II Secolo d.C., è autore della Storia vera, uno dei più fantasiosi racconti d’avventura dell’antichità. Lo stesso autore (che cita anche Iambulo) avverte che si tratta di baie, cioè bugie, che nessuno dovrà credere a quanto scritto. Insieme ai suoi compagni, l’autore arriva prima su un’isola dove, fra le altre meraviglie, i fiumi sono fatti di vino, e poi con la nave è sollevato da un turbine sulla luna. Si susseguono l’incontro con gli Ippogrifi, cioè uomini che “vanno sopra grandi grifi, come su cavalli alati”, l’incontro con Fetonte, il re del Sole (che, come la Luna, è abitato) e, dopo una fantastica cavalcata per il cielo, l’ammaraggio e la disavventura di essere inghiottiti da una balena di mostruosa grandezza.
Dopo aver ucciso la balena, l’eroe ed i suoi compagni arrivano nell’isola dei Beati “dove sentimmo spirarci intorno un’aura soave e fragrante… qual è l’odore che viene da rose, da narcisi, da gigli, da viole e dal mirto ancora, dal lauro, dal fior della vite… La città è tutta d’oro, il muro che la cinge di smeraldi: ha sette porte, ciascuna un pezzo di legna di cannella: il pavimento della città e la terra dentro le mura è d’avorio: vi sono templi a tutti gli Dei e fabbricati di berillo, in essi are grandissime di ametista, sulle quali fanno le ecatombi. Presso la città scorre un fiume di bellissimo unguento, largo cento cubiti reali e profondo che vi si può nuotare… gli abitanti non hanno corpi, sono impalpabili, senza carne, non altro che figure e idee… nessuno v’invecchia ma in quell’età che ci viene rimane…”. E così continua la narrazione fino a quando i nostri eroi arrivano agli Antipodi. La storia sembra precorrere I viaggi di Gulliver e Pinocchio, per citare altri capolavori del genere del viaggio fantastico. Ancora prima di questi narratori, si colloca il mito di Atlantide, isola favolosa nella notte dei tempi, città stato dominatrice delle terre e dei mari, di cui parlano Platone nel Timeo, e Bacone, che scrisse, nel 1627, La nuova Atlantide.
 
 
 Insomma,
che sia ventimila leghe sotto i mari, come per Giulio Verne, o nella Patagonia
di Bruce Chatwin, il bisogno di evadere dalla dura realtà, dalle ambasce del
presente, ha condizionato i creativi in ogni epoca e ad ogni latitudine. Via,
verso où tòpos, allora, l’isola che non c’è! Il tema del viaggio
fantastico ha innervato centinaia di opere letterarie perché connaturato al
bisogno dell’umanità di esplorare nuovi orizzonti. E a questi sognatori,
piccoli e grandi protagonisti della letteratura odeporica, dal Barone di Münchhausen (cui si ispirò Rudolf Erich Raspe per
il suo romanzo omonimo, con i suoi viaggi mirabolanti, a Howard Phillips Lovecraft,
con i suoi racconti fantascientifici, 
ora mi piace unirmi, in un anelito di libertà .
 
 

 
 
 






