TRASVERSALITÀ E VUOTO POLITICO
di
Franco Astengo
Giancarlo Consonni
"Autunno" 1995
Alcuni
spunti di riflessione si stanno presentando all'attenzione degli osservatori
nell'assistere alle manifestazioni (numericamente in crescita) che potremmo
definire del “no all’emergenza” (no vax, no green pass, rappresentano tutto
sommato termini riduttivi per descrivere il fenomeno in atto). Spinti da
sollecitazioni di diversa natura stanno scendendo in piazza una molteplicità di
soggetti in un quadro di attivismo che non deve essere sottovalutato o
semplicisticamente marginalizzato.
La
difficoltà nel rapporto politica/scienza acuita nella fase dell'emergenza
sanitaria e alimentata da diverse teorie fra le quali quelle complottiste ha
condotto a un incrocio significativo di proteste e recriminazioni solo
apparentemente raccolte tra presunta estrema destra e presunta estrema
sinistra. Si registra così la presenza di un panorama che certi media
definiscono come “rosso bruno”, almeno sul piano più direttamente politico, e
che già era stato alimentato in passato da diverse ragioni: "in
primis" a causa della crisi della democrazia rappresentativa.
A
questo stato di cose si aggiungono questioni molto complesse emergenti
all’interno del mondo del lavoro: al quadro generale riferito al post blocco
dei licenziamenti e ai processi di delocalizzazione in atto nel quale sta
esercitandosi una fortissima pressione padronale si accompagnano, in
particolare nel settori della sanità e della scuola, le questioni derivanti
dall'emergenza sanitaria: accesso nelle sedi di lavoro e nelle mense per coloro
che hanno ritenuto di non sottoporsi alla vaccinazione; adesso, al rientro
dalle ferie estive, il problema si porrà per l’accesso ai trasporti pubblici,
elemento vitale per i pendolari che rappresentano gran parte della forza lavoro
nei diversi settori. La connessione tra emergenza sanitaria ed emergenza
politica impostata dal governo Conte attuando vere e proprie forzature sul
piano costituzionale (anche dal punto di vista dell’adozione di una determinata
scenografia mediatica da repubblica presidenziale) non è stata sufficientemente
contrastata. Di conseguenza in particolare con l'avvento del governo Draghi, si
è ulteriormente spostato l’asse della governabilità, ridotto il già contratto
ruolo del Parlamento, reso marginale l’apporto delle forze politiche e aperto
così spazi a quelle forme contestative di protagonismo collettivo cui si
accennava all'inizio. Sotto questo aspetto si tralascia un approfondimento di
analisi su quanto prodotto sul piano dell'ulteriore disfacimento del rapporto
politica /società derivato dalla ventata dell’antipolitica subitamente
tramutatasi in doroteismo trasformista a marca M5S. In realtà sta arrivando al
pettine il nodo di uno straordinario processo di manipolazione collettiva che
poggia le sue fondamenta sulla misera condizione materiale di vita di gran
parte della società italiana che, sfinita, non riesce più a concepire una
coerenza dell’agire politico.
Siamo
immersi in un contesto sociale nel quale gli spazi di partecipazione e
iniziativa appaiono davvero drasticamente ridotti, poco e mal frequentati.
Il
pericolo insito in queste manifestazioni indette in molte città d’Italia è
quello di non presentare gli elementi utili a costruire una “avanguardia
sociale” ma soltanto una somma di recriminazioni sì “trasversali” ma
contradittorie rispetto ad un possibile coerente quadro di analisi delle
contraddizioni sociali e dell'inedito intreccio emergente tra fratture
"materialiste" e fratture "post-materialiste".
Il
sistema politico italiano presenta da tempo un vero e proprio "vuoto"
ed in questo "triangolo delle Bermuda" si sono innestati i meccanismi
di una crescente disaffezione accompagnata da una elevata “volatilità
elettorale” derivante dalla circoscrizione dell'aggregazione dei meccanismi di
consenso realizzata attraverso una crescente richiesta di relazione tra voto e
"scambio politico di massa".
Il
confronto politico rappresenta così un ulteriore momento di strumentalizzazione
del sentire comune (e del voto) che sembra essere il principale obiettivo
politico dei movimenti che intendono alimentarsi di questa ventata
protestataria. Le ragioni di questo "vuoto" nel sistema politico
possono essere così sommariamente riassunte: mutamento di ruolo e funzione dei
partiti, da soggetti ad integrazione di massa a "all catch party"
fino a partiti azienda, partiti personali e
effimeri soggetti della "democrazia del pubblico", fallimento
della sciagurata idea di risolvere la crisi del sistema attraverso il mutamento
del sistema elettorale e dell'assetto istituzionale del rapporto
centro/periferia, cedimento culturale al culto dell'immagine e alla idea
"modernista" di una destrutturata transitorietà nei riferimenti
ideali e di pensiero. È ormai assente una capacità di analisi riguardante il
ruolo delle istituzioni, la loro autonomia, il rapporto tra queste e
l’organizzazione della politica, la capacità di contaminazione tra aree
culturali diverse e la definizione di un conseguente sistema di valori nel
momento in cui il pericolo, da diverse parti (opposte ma a volte convergenti) è
quello di abbandonare il legame costituzionale.
Un
quadro preoccupante nel quale emerge il rischio di veder prevalere una sorta di
neocorporativismo di ritorno con il quale finirebbero con l'affermarsi,
approfittando della frantumazione sociale e del conseguente vuoto politico
quelle rappresentanze di scienza, tecnica, economia sulle quali il capitalismo
fonda il proprio progetto di egemonia sulle grandi transizioni in atto. Un
progetto di nuova egemonia capitalistica che mira a porsi, nell'esercizio del
potere politico, al di fuori dei concetti - chiave della rappresentatività,
della mediazione, della divisione dei poteri: come del resto accaduto altre
volte nella storia. Le leggi della politica sono impietose: il vuoto viene
sempre riempito magari, come in questo caso appare assai probabile dal peggio
dell'arretramento storico.
"Autunno" 1995