LA PERDITA DI FIDUCIA
di Luigi
Mazzella
Vanni Moroni
Allegoria della fiducia
“Fides”
è una parola latina. Prima che se ne impossessasse la religione cattolica per
indicare il dono che Dio fa agli esseri umani di poter credere senza pensare,
esprimeva un concetto ben diverso: la possibilità di confidare sulla parola
altrui senza contratti né testimoni. Il termine era inteso, in buona sostanza,
come la personificazione della lealtà nel privato e come la base, nel pubblico,
della fiducia dell’individuo nei confronti dell’autorità. Oggi, nessuno ne
parla e sembra, quindi, che il problema di una perdita della fiducia non
esista. E, invece, soprattutto la perdita della fides publica nella veridicità
dell’informazione che governanti e uomini ai vertici della res comune danno ai
cittadini è di importanza vitale per ogni società che non voglia autodistruggersi.
Se, infatti, le fake news pervadono i media di mano privata e pubblica, se si
dubita della veridicità delle dichiarazioni ufficiali delle più alte autorità dello
Stato e se a ciò si aggiungono gli interventi repressivi o limitativi della
libertà di parola (toccando anche l’informazione on line e vietandole di
auto-organizzarsi) il cittadino è tenuto, in buona sostanza, lontano dalla
verità. Il che, avrebbe detto Guareschi, non è né bello né istruttivo! Ciò
premesso, in astratto e in termini generali, vediamo che cosa succede, in
concreto, nel nostro disastrato Occidente. Con pubbliche e solenni
dichiarazioni, Grandi Potenze (fuor di metafora: quelle Anglosassoni)
assicurano ai cittadini del mondo intero che in una data situazione esse terranno
un certo comportamento, ma poi i sospetti che il loro atteggiamento sia ben
diverso e probabilmente del tutto opposto a quello dichiarato sono alimentati
da movimenti di opinione sotterranei (e neppure tanto occulti, perché rivelati
da varie fonti). In altre parole, la figura dell’agente provocatore che dice e
dichiara solennemente di voler perseguire un evento per ingannare la massa e
intanto costruire in segreto, predisponendo gli strumenti adeguati, le premesse
per un evento del tutto contrario a quello promesso è diventata una prassi
costante. E ciò sia a livello internazionale (fuor di metafora: le predette
Grandi Potenze) sia all’interno dei singoli Paesi (fuor di metafora in Italia:
il “Grillismo” vicino alla politica delle grandi Potenze, ma critico di essa
con estrema violenza verbale). In conseguenza nel primo caso non si può avere
fiducia che a un promesso “distacco” da un’iniziativa di sicura impopolarità
etica e diplomatica e di ancora più
certa scorrettezza politica o militare sia effettivamente data attuazione; nel
secondo caso non si può dare credito a forze politiche che “cavalchino” il
disagio di una maggioranza dissenziente (ma non presente in Parlamento)
affermando di voler fare una politica diversa da quella dei governanti, con la
riserva (il propositum in mente retentum, ancora una volta, dei Romani) di
volere invece consentire, assorbendo il dissenso, che si continui a fare ciò
che si dichiara errato. Domanda finale: rebus sic stantibus, ritenete saggio il
comportamento del filosofo (non a caso, idealista hegeliano) Benedetto Croce
che faceva gli scongiuri udendo pronunciare le generalità e il titolo
dell’opera di Oswald Spengler?
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