UNA SPERANZA REALISSIMA
di
Pierpaolo Calonaci
In
una delle ultime sequenze del film Novecento (1976) di Bernardo
Bertolucci, mentre i fascisti scappavano lungo le campagne inseguiti dal popolo
insorto, una contadina sale su di una balla di fieno e guardando l’orizzonte
(la macchina da presa ne inquadra lo sguardo senza riferire nulla di ciò che è
guardato, che non interessa) esclama forte: beati i giovani che vedono
quello che non c’è ancora. Alludendo ad un popolo finalmente unito, libero,
forte e capace di scegliere il futuro assetto democratico. Il film si chiude,
se non ricordo male, proprio sull’immagine di ragazzi e ragazze delle campagne
che impugnando ogni sorta di utensile, senza requie, cacciano i fascisti.
Questo
è il collegamento con la prima foto che T. P. ha voluto pubblicare dove di
spalle guarda a ciò che non c’è ancora. O meglio, a ciò che è stato perduto,
che non è stato curato bene, che non è stato difeso con coraggio e determinazione
a qualsiasi costo: ovvero la dignità umana. Ma che non è persa, che abbisogna
di individui centrati, determinati e disinteressati, spogliati tra l’altro del
piccolo paranoico orgoglio personale.
La
giovane donna guarda la sua Firenze e s’indigna e mentre sente questo fuoco, l’ama.
E come ogni sguardo genuino e ingenuo che solo ogni giovane possiede chiede che
la si ascolti, che le venga sgombrato da parte degli adulti (che si credono
maestri e saggi) il campo di visuale e di azione. Ché i giovani insomma vengano
lasciati vivere da giovani poiché non sono adulti immaturi o fotocopie di
questi; di più, che quest’ultimi usino loro la cortesia di mettersi un po’ da
parte, di lasciare il palcoscenico.
È esattamente
questo uno dei temi letterari del libro di Thomas Bernhard Antichi maestri:
i maestri sono coloro che, mutatis mutandis, pervertono, traviano,
mistificano, normalizzano le attese, i desideri di liberazione, l’eros di
palpiti segreti per nuovi sogni e speranze che nell’arte, nel pensiero, nei
corpi sessuati della vita non aspettano altro che esplodere e fiorire
autonomamente. E che invece i “maestri” ricoprono con la loro coltre spessa di
nausea di perbenismo e moralismo.
In
piazza Tasso, qualche giorno fa, in uno dei rioni storici quello di San
Frediano - una piazza sempre contrassegnata da contraddizioni sociali che
colpiscono gli individui rendendoli schiavi della droga, dell’alcol, del furto,
dello spaccio ecc. - vengono trovati morti per cause ancora da definire due
uomini senza fissa dimora. Questo fatto rappresenta per il consigliere della
Lega a Palazzo Vecchio, tale Mossuto, uno dei tanti modi per consolidare il
proprio consenso politico basato sulla violenza, sulla tracotanza, sull’odio
xenofobo e islamofobo e in questo caso sul “bisogno” di rendere una città
“decorosa e pulita”. Alcuni fiorentini gli rispondono direttamente sui suoi
profili social cercando di fargli notare il suo atteggiamento a dir poco
stupido. Ma è proprio di questo che i vari Mossuto sparsi ovunque si nutrono:
non possedendo alcuna capacità riflessiva su cui costruire un pensiero
minimamente razionale e umano attingono dalle parole che a loro vengono rivolte
per deformarne il senso in arma con cui colpire il cosiddetto nemico ovvero chi
li critica. L'unico modo di lasciar morire questi Mossuto è far loro intorno
terra bruciata (ma nello scorso fine settimana la Lega a Firenze ha tenuto il
suo congresso...). Tale Mossuto posta quindi le foto di quei due “devianti”
mentre si riparavano nelle casette di legno dei giochi da bambini con i soliti
commenti che oramai dobbiamo sorbirci. Un luogo anodino (Firenze) che pullula
di bed and breakfast, dove tutti gli spazi per vivere sono ridotti al profitto,
dove la maggior parte degli edifici storici del centro in cui il popolo vi
abitava e lottava sono destinati al turismo, non può permettersi lontanamente
di pensare di tornare a essere città di vita e solidarietà. Men che mai di
pace.
A
questi Mossuti d’Italia e alla loro protervia bullista e razzista sul modello
“Vannacci”, T. si rivolge. E scrive parole semplici con le quali afferma la
centralità della dignità umana. Analogamente alla lotta del meraviglioso popolo
palestinese e parte del popolo ebreo che da decenni la stanno testimoniando a
proprie spese davanti al mondo che se ne frega.
Ecco
perché parlo di speranza realissima (e non di un mio bisogno che essa esista a
cui poi attaccarmi) davanti alla lucidità e al nitore dell’anima e dell’intelligenza
di T. e dei giovani come lei.
Beati
i giovani che sanno osare l'amore contro il mondo degli adulti popolato di
fantasmi, di nemici e di sangue!
Beati
i giovani che rompono con la propria timidezza e fioriscono attraverso la
grazia dell’errore!
Beati
i giovani che s’impossessano della parola come strumento di lotta di classe,
assumendosi la responsabilità della sofferenza umana!
UNA VITA, UN DIRITTO
di
T. P.

Teresa e Firenze
Salve
sig. Mossuto, a scriverle è una ragazza di quasi 17 anni, che voleva esprimere
il disprezzo, anzi meglio il disgusto nei suoi confronti. Dovrebbe sapere
meglio di me che il suo mestiere è stato creato per difendere i diritti
dell’umanità, indipendentemente dal colore della pelle, dalla sessualità o dei
propri disagi, quindi mi sembra assurdo come lei, signor avvocato, sia il primo
a negare il diritto umano della dignità sociale. Non tutti come lei signore
posso permettersi un telefono, dei vestiti, un tetto sulla testa o molto più
semplicemente un aiuto. Questi due ragazzi che sono morti erano italiani quanto
lei solo con una storia diversa, che né lei né io conosciamo, e denigrare la
loro morte mi sembra una delle cose più viscide e nauseanti che io abbia mai
sentito. Come ha detto lei noi accogliamo un sacco di persone in Italia e la
lotta che dovremmo affrontare dovrebbe essere per offrire loro un posto
migliore e non farli ricadere in queste situazioni. Ma lei ovviamente, come
tutti i politici dalla sua disgustosa parte, riesce o a pensare solo a se
stesso, perché se qualcosa non succede alla propria (nauseabonda) persona
allora non esiste.
