IL DELITTO PASOLINI
di Guido Salvini - già
magistrato

Pasolini sul Set (foto: Roberto Villa)
2 novembre 1975. La verità monca
dell’Idroscalo.
Sono
passati cinquant’anni dall’assassinio di Pier Paolo Pasolini. Il 2novembre 1975
è un giorno rimasto impresso nella memoria. Mi permetto un ricordo personale.
Quando quella mattina dal Telegiornale arrivò la notizia che il suo corpo era
stato ritrovato in un campetto dell’Idroscalo di Ostia, ero in montagna con
amici per trascorrere i giorni dell’estate di San Martino. Parlammo di cosa era
accaduto e di politica sino a notte fonda. Allora non si parlava ancora degli influencer
e di banalità simili. Era anche appena avvenuto il massacro del Circeo.
Poi ci sono stati processi. Nella
sentenza di primo grado, scritta da Alfredo Carlo Moro, fratello dello
statista, Pino Pelosi era stato condannato per aveva ucciso Pasolini “in
concorso con ignoti”. Gli “ignoti” sono poi scomparsi nelle sentenze
successive. Ma anni di ricerche di giornalisti d’inchiesta e nuove
testimonianze hanno sgretolato la ricostruzione ufficiale secondo cui Pelosi
avrebbe fatto tutto da solo.
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| Pasolini sul Set (foto: Roberto Villa) |
Non è
possibile che Pelosi, detto non a caso “Pino la Rana”, abbia da solo
sopraffatto e ucciso in quel modo Pierpaolo Pasolini, un uomo più forte e
robusto di lui. Troppo gravi le lesioni sul corpo, quasi massacrato, del poeta.
Un corpo su cui era passata più volte una autovettura, forse l’Alfa GT di
Pasolini, forse anche un’altra vettura, in modo incompatibile con la semplice
fuga di Pelosi, alla guida, dal luogo del delitto. E poi rumori e grida di più
persone e di più vetture sentite a lungo quella notte dagli abitanti delle
“baracche” intorno e non ascoltati, per incapacità e approssimazione
investigativa dalle autorità di Polizia, ma solo dai giornalisti che avevano
avvicinato e sentito quei testimoni.
Alla fine, nel 2005, Pino Pelosi,
ha ammesso di avere avuto solo il ruolo di esca e che lo scrittore era stato
aggredito da un gruppo che li attendeva a Ostia, sulla cui identità è stato
molto “cauto” parlando solo di due malavitosi siciliani ormai morti. Pasolini era
stato attirato all’Idroscalo con la promessa di riscattare, Pasolini aveva con
sé i soldi, le bobine di “Salò”, il suo ultimo film, rubate nell’agosto 1975
negli stabilimenti della Technicolor.
Poi, purtroppo quasi in punto di
morte, Sergio Citti ha confermato che Pasolini intendeva riavere le bobine a
tutti i costi, anche a suo rischio personale. E la Commissione Antimafia della
scorsa legislatura ha accertato con nuove testimonianze che in seguito, qualche
mese dopo, proprio quelle bobine erano state fatte ritrovare da elementi della
criminalità, per allentare la pressione e ottenere qualche vantaggio, ad un
agente dei Servizi e rimesse al loro posto. Una trappola quindi, non un
incontro finito male, ma ad opera di chi?
All’inizio
degli anni ’70 Pasolini stava ponendo mano ad un progetto di “processo”,
culturale non giudiziario ovviamente, al potere identificato nella Democrazia
Cristiana, o meglio nella sua degenerazione, che aveva anche consentito e
beneficiato degli effetti delle stragi e delle altre manovre eversive di
quell’epoca. Insieme a questo progetto con il colossale romanzo Petrolio,
rimasto incompiuto, lo scrittore intendeva denunciare il potere economico,
raffigurato nel padrone dell’ENI Eugenio Cefis che stava teorizzando la
prevalenza dei grandi potentati economici e delle multinazionali sulla politica
svuotata e ridotta ad un ruolo servente. Non voglio con questo dire che l’omicidio
Pasolini sia stato un delitto direttamente politico, cioè commissionato da
coloro che erano gli obiettivi del suo lavoro culturale. Non ve ne sono le
prove e se così fosse, ad esempio, forse Pino Pelosi non sarebbe rimasto vivo a
lungo.
Ma certamente è stato un delitto
politicamente orientato e sfruttato. È stato un
delitto di “influenza” per poter descrivere Pasolini che ne è stato vittima
come una persona negativa e pericolosa in grado di sviare la gioventù non solo
per le sue tendenze ma anche per le sue idee in qualche modo corrispondenti ad
esse. Il delitto è stato ricostruito e commentato esclusivamente nella cornice
dell’uomo “malato”. Solo quella poteva essere la sua fine e così era stato. Ed
è stato così realizzato l’intento di svilire solo come un anormale chi
criticava il sistema di potere.
Allora era facile. La violenza pura e gratuita contro gli
omosessuali esisteva in modo molto violento più di oggi e senza possibilità di
appellarsi alla giustizia e alla pubblica opinione che erano sordi. Oggi non è
più così, anche a destra ci sono esponenti politici omosessuali e nessuno
farebbe la campagna politica contro l’omosessualità equiparandola magari alla
droga o alla sovversione. Allora invece
era un marchio sull’intera persona. Non è difficile immaginare chi
siano stati gli autori materiali di quell’omicidio tribale: elementi della
malavita più violenta e agguerrita che stava prendendo il potere a Roma, stava
nascendo la Magliana, o elementi dell’estrema destra che già avevano disturbato
le prime dei suoi film, come “Mamma Roma” e consideravano il film “Salò” uno
sfregio. Non credo che sulla morte di
Pasolini, dopo ripetute e svogliate archiviazioni, vi siano molti spazi per una
soluzione giudiziaria.
Tuttavia può essere costituita,
come chiesto inutilmente in passato, una Commissione Parlamentare d’Inchiesta
che, seppur con obiettivi limitati e anche senza la presunzione di raggiungere
la verità, possa ascoltare chi, a conoscenza di quella vicenda, è ancora
vivente e alla fine condensare, almeno sul piano storico, in una sua relazione
quanto ormai si sa sulla morte dello scrittore.
Sarebbero un omaggio dovuto ad
uno dei grandi protagonisti della cultura e anche della storia del nostro
paese.
Un’ultima riflessione. Nel 1974
Pasolini aveva scritto che “l’Italia è un paese che diventa sempre più stupido
ignorante” dove regna il consumismo e dove il conformismo di sinistra si
accompagna ormai a quello di destra. Chissà cosa avrebbe scritto oggi dei
giovani accalcati in fila davanti ai negozi in cui è in vendita l’ultimo
modello di smartphone. Più che una critica la sua è stata una profezia.












