ODISSEA E LA VISIONE URBANA
Continua il dibattito di “Odissea”
sull’uso della città e i suoi arredi
Risponde OTTAVIO ROSSANI
1.È opinione comune che a
Milano, come del resto in molte città italiane grandi e piccole, a partire
dagli anni Settanta del Novecento, sono stati realizzati una serie di manufatti
urbani ibridi piuttosto discutibili, ed inseriti in contesti non pertinenti o
assolutamente dissonanti. Mi riferisco in particolare alle “capannette
scheletriche” realizzate da Gae Aulenti in Piazzale Cadorna, che dovrebbero
dare l’idea di un Foro, ma di cui quasi nessuno capisce il senso e la funzione;
ai tubi attorcigliati dello svedese Claes Oldenburg (che
simboleggiano un gigantesco ago, metafora del lavoro artigianale) nello stesso luogo, che non si capisce cosa ci
facciano lì, a pochi passi dal
Castello Sforzesco. Qual è la sua opinione in merito?
È vero.
Molte volte a Milano sono state “apposte” in piazze e strade elementi di arredo
urbano che avrebbero voluto essere opere artistiche, e in realtà si sono
rivelate scempi del paesaggio. Credo che non ci debba porre il dilemma se il
nuovo sia artistico o adeguato all’ambiente. Le opere di abbellimento, di
arredo, di ornamento o sono arte o non lo sono. Credo che l’arte si riveli da
sé, come del resto la musica o la
poesia. È logico che se si vuole adornare un ambiente urbano si deve
commissionare l’opera a un artista contemporaneo (o semplicemente a un
artigiano). Purtroppo non c’è mai la garanzia che tale opera sia veramente arte
o un tentativo non riuscito. L’arredo di piazza Cadorna a firma di Gae Aulenti
in effetti sembra opera mal riuscita. Rispetto all’ambiente si sente una certa
stonatura. Anche se l’ago e filo di Oldenburg come idea non era male. Diverge
forse l’imponenza dei due manufatti? Chissà. Resta il dubbio che magari ci
vuole tempo all’occhio dell’uomo per abituarsi al nuovo, e perfino al brutto.
Certo, mi è capitato spesso di vedere opere contemporanee arredare angoli e
piazze di Parigi che ben si allineano alle targhe belle epoque della
metropolitana. Il Beaubourg, modernissimo, si è subito amalgamato all’ambiente
circostante di architettura sette/ottocentesca. Capacità creativa? Forse chi
lavora per Parigi è più ispirato? Il dubbio rimane.
2.Definito da più parti
particolarmente invasivo rispetto al piccolo slargo che lo contiene (di per sé
alquanto armonico), il monumento alla memoria dell’ex presidente della
Repubblica Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (fermata
Montenapoleone della Metropolitana Gialla linea 3), appare in effetti
completamente decontestualizzato e dissonante, tanto che il giornale “Odissea”
ne ha suggerito la rimozione per rimontarlo in un contesto più coerente, e di
creare al suo posto un’aiuola fiorita da affidare alle cure dell’Emporio Armani
che si affaccia sulla piazzetta. Come giudica lei quest’idea?
Il
suggerimento potrebbe anche essere buono. Ma mi sembra riduttivo per
caratterizzare la piazzetta. Il monumento a Pertini è effettivamente molto
semplice, in forma di parallelepipedo, anche incomprensibile nella sua
simbologia: alcuni scalini, leggera prospettiva, linee diritte. Eppure la sua
concezione modernissima pur stridendo si adagia con morbidezza nello spazio e
attira lo sguardo sorpreso del passante, che si chiede che cosa è, che cosa
significa. Poi quando si conosce il senso, ci si abitua presto a unificare il
monumento fisico al suo valore simbolico di rettitudine, senso dello Stato,
rispetto del diritto, passione e fermezza, e speranza nei giovani dell’uomo che
deve celebrare. Non lo sposterei altrove.
3.L’architetto e
urbanista Jacopo Gardella in un lungo e documentato saggio pubblicato di
recente su “Odissea” nella Rubrica “La Carboneria” (www.libertariam.blogspot.it), accusa
principalmente amministratori pubblici e istituzioni, di quella che lui chiama
“una mancata idea di città”. L’assenza di regole certe e buone per un sano
governo del territorio e la sua progettualità (che da amministratori e
istituzioni dovrebbero derivare), ha prodotto il caos urbano, le speculazioni e
le incoerenti e dannose realizzazioni che oggi ci ritroviamo sotto gli occhi.
“Colpevoli i politici e gli amministratori pubblici, ma altrettanto colpevoli i
committenti ed i finanziatori privati”, scrive Gardella. E come dargli torto? Se si
guarda a quello che è successo sui terreni dell’ex Fiera Campionaria con“City
Life”, sull’area di Porta Garibaldi, ecc., si rimane sconcertati. Questo delirio
di grattacieli incoerenti, storti e storpi, spuntati dal nulla e senza uno
straccio di progettualità complessiva, rende quei luoghi artificiali, privi di
anima. Ci si è illusi che un supermercato (seppure bello vasto) interrato sotto
Piazza Gae Aulenti, bastasse ad animare il luogo. È vero, i grattacieli
funzionano come una calamita visiva attirando l’attenzione di chi transita da
quelle parti, ma appaiono come corpi separati, luoghi blindati; mentre la
Stazione ferroviaria, vale a dire il nodo strategico dell’area, ha perso ogni
centralità, è divenuta marginale. Lei che opinione se ne è fatta?
Io penso che
i grattacieli in sé non sono una iattura. Devo anche dire che quelli realizzati
attorno a Porta Garibaldi non sono brutti. Anzi, comunicano un senso di
dinamismo continuo, non solo verso l’alto. Certamente, va sottolineato il
disinteresse mostrato dal Comune a imbrigliare i nuovi grattacieli in una
dimensione urbana più articolata e completa di servizi per i cittadini. Ma
questa è una pecca che le amministrazioni comunali si portano addosso sin dalla
Giunta Formentini, che pomposamente ha archiviato l’epoca della “Milano da
bere” tanto vituperata, che però aveva uno spirito milanese, al di là di
corruzioni e stramberie. Negli ultimi anni Milano è stata stravolta nella viabilità,
con restringimenti dei vialoni che la caratterizzavano a vantaggio di posti
auto a pagamento che hanno impoverito le visuali e il verde. Ed è stata soprattutto
impoverita di spazi verdi. Certo, gli spazi sono stati tirannizzati dalle
speculazioni. Non è stato quindi un valido lavoro per la scrittura della nuova
identità di Milano, che risulta appunto un po’ ibrida. Ma ancora si potrebbe
anche riparare qualcosa, se si volesse mettere mano a un progetto di
razionalizzazione degli spazi rimasti. Completare il percorso di piste
ciclabili, per evitare che i ciclisti invadano i marciapiedi, come ora fanno,
senza che un vigile intervenga per multare gli abusivi che non rispettano le
regole di circolazione in città. Ma come possono rispettarle, se i primi a
pedalare sui marciapiedi sono i vigili urbani?
4. Se dovesse eliminare uno dei tanti controversi manufatti presenti in
città, quale eliminerebbe subito e perché?
Nessuno.
Cercherei di approntare attorno ad essi la più adeguata ambientazione
circostante con supporti di strade decorate e un po’ di verde (aiuole o alberi)
dove ancora possibile.