DUE NOTE
La guerra è un affare. Aggiungiamo
che la guerra, come condizione permanente – perenne inquietudine, costante
paura di un nemico, ininterrotta emergenza che permette di violare ogni regola
in nome dell’estrema sicurezza nazionale –, è lo stato ideale per estendere il
domino politico ed economico sulle classi subalterne e aprire al capitale
immensi spazi di rapina e profitto.
Inoltre
la guerra, soprattutto nella modernità, è un’enorme macchina produttiva. Si
nutre d’uomini a costo zero, produce cadaveri affidati al consolante sentimento
della pietà e al pianto, ma, sopra ogni altra cosa, permette di realizzare
profitti oltremisura.
Ricordiamo
che l’industria e il traffico delle armi muovono affari per miliardi di
dollari. Le ricostruzioni e i prestiti per realizzarle sono altrettanti affari
per investitori e speculatori.
E
qualcuno si batte per abolirla, la guerra!, l’ingenuo sprovveduto!
Ribadisco
un concetto già espresso altrove. Se si vuole veramente disarmare il terrorismo
dell’ISIS, non si bombardano città e paesi (non si è imparato niente dall’Irak
e dall’Afganistan?) Si potrebbe, invece, cominciare con il far rispettare a
Israele (e agli USA) le risoluzioni dell’ONU sui territori occupati della
Palestina. Risoluzioni snobbate e inevase da più di sessant’anni.
A
proposito della libertà si stampa. Puzza molto d’ipocrisia il volersi
rappresentare da parte del cosiddetto Occidente quale disinteressato paladino
delle libertà d’espressione. Subito, mi
viene in mente il bombardamento dell’edificio della Televisione di stato di
Belgrado, nel corso della guerra in Jugoslavia, e, a Tripoli, quello della
televisione libica per impedire la propaganda di Gheddafi, da parte di USA e
NATO.
Il
giornalista Julian Assange, che ha rivelato con WikiLeaks alcuni crimini di
guerra degli USA in Irak, è tuttora rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a
Londra, mentre la sua fonte Bradley Maning è in carcere. Gleen Greenwald, che
ha scoperto la planetaria rete di spionaggio messa in opera dai servizi segreti
USA, vive nel terrore mentre la sua fonte è riparata a Mosca.
Si
potrebbe anche osservare che la maggior parte dei media è proprietà di gruppi
finanziari e aziende dominati il mercato. La loro libertà consiste, nella
maggior parte dei casi, a manipolarla questa sacra libertà; a tacere delle
notizie scomode e a diffonderne delle altre, parziali nel migliore dei casi,
false nel peggiore.
Claudio Zanini