ETHOS
PUBBLICO E CORRUTTORI
di Fulvio Papi
“La corruzione è contagiosa,
non solo insozza
chi la pratica,
ma ammorba tutto
quanto le sta intorno”
Angelo
Gaccione
Dopo molto tempo che non
seguivo i dibattiti “politici” alla tv poiché avevo l'impressione che, quanto
all'informazione e all'analisi, esse non potevano offrire niente di più che una
goccia in un deserto, ho ascoltato uno di questi incontri dalla quale sono
venute alla luce queste considerazioni. Uno: il tema stantio sulla corruzione
relativa alla questione dell'avviso di garanzia. È o non è ratio sufficiens per le dimissioni di un politico? A mio avviso sì,
poiché non indica un reato, ma l'appartenenza a un orizzonte di indagini in cui
un personaggio pubblico non dovrebbe essere minimamente toccato. Il livello di
moralità non è definito in termini di giustizia positiva.
Tuttavia una seconda
opinione modera questa certezza: lo spazio della corruzione si avvale di una
rete così complessa di correità che può accadere che un ministro (o chi per
lui) firmi una delibera senza conoscere attraverso quali intrighi e complicità
sia arrivata, appunto, alla firma. Anche qui si può discutere, ma la do come un
caso possibile, specie se il ministro (o chi per lui), non ha una competenza
specifica.
Terzo argomento: quello di
Massimo Cacciari che -anche quando prende parte, molto spesso, a queste “tenzoni”-
mostra a chi lo capisce una forma di intelligenza, un poco insofferente, che
proviene da una prolungata e seria storia filosofica. Cacciari quindi sostiene
che è inutile discutere caso per caso, ma è un sistema che, nel suo
funzionamento, ingloba plurimi e diffusi casi di corruzione. Approfittando dell’aura
filosofica che ho evocato, dirò molto semplicemente che la corruzione, come
tutti gli aspetti sociali mafiosi, appartengono al modello italiano di
riproduzione sociale. Credo che questa considerazione, nella sua generalità,
colga una forma strutturale e dominante del sistema, e quindi sia l'oggetto di
una conoscenza analitica che abbia un valore non solo teorico ma conoscitivo a
livello nazionale. Qualcosa che assomiglia alla famosa inchiesta Pacini sulla
agricoltura nazionale promessa nell'800. È un'impresa molto difficile ma,
economicamente, socialmente e dal punto di vista della giustizia, non
impossibile. Si tratta di sfilare quel gomitolo in cui sono comprese complicità
che toccano tutti i settori della vita nazionale, senza che nessuno a priori
possa dichiararsi estraneo. E tanto più meritorio se in un clima di corruzione
vi saranno persone, gruppi, istituzioni che si mostreranno degne di una
democrazia politica, come credo accada nel caso di milioni di persone che senza
alcun privilegio (che sempre andrebbe analizzato nella sua genealogia) lavorano
onestamente e proficuamente tenendo in piedi un paese “difficile”.
Ma ci sono due altri
problemi che derivano da quello che possiamo chiamare “il sistema della
corruzione diffusa”. Il primo risulta da una carenza: una conoscenza storica di
questo processo sociale che non è né fatale né antropologico. Di questa storia
non ne ho mai sentito parlare. Se si teme qualcosa di grave ci si sbaglia,
poiché a questa vicenda possono essere connesse persone che hanno agito in
buona fede, ma certamente il seme della corruzione ha avuto una sua velocità di
diffusione, favorita da sistemi di governo che promuovevano la corruzione e
l'immoralità. Perché gli storici -che mi sembrano molto competenti e capaci- non
si cimentano su questa strada?
Secondo tema: sarebbe
importante conoscere quale effetti a livello comportamentale, psicologico,
educativo ha provocato questo sistema di riproduzione sociale. Sarebbe
importante guardare in uno specchio pulito questi aspetti. La mia impressione è
che oggi vi sia uno stacco generazionale. Almeno una parte dei più giovani (i
più colpiti da questa situazione) hanno reazioni sociali buone e attive sulle
quali è bene contare e aiutare a svilupparsi. Credo che questa sia una dimensione
morale che non deriva da pregiudiziali posizioni ideologiche: cercare di fare
bene quello che nella congiuntura della vita appare come il bene. So che in
filosofia “bene” e “buono” sono state (o sono) ragioni di controversie molto
sottili, ma nella vita comune ognuno sa la differenza tra rubare e lavorare,
anche se bisogna vedere in quale equilibrio tra sentimento e ragione si verrà a
trovare questa opposizione.
Non è vero, come in maniera
catastrofica talora si dice, che siamo tutti colpevoli. Non è un peccato
d'origine, è un comportamento sociale che certamente in anni ha formato la
valutazione del mondo di moltissime persone con una trasmissione e una
imitazione che, talora involontariamente, anche i mezzi di comunicazione hanno
contribuito a diffondere. Certo mi sembra di essere una di quelle persone che,
in tempi di assoluta “effettualità” consideravo con un sorriso, ma oltre che di
una vera giustizia (quale oggi non è) è necessario un impegno radicale di
educazione, di selezione di una identità di se stessi che sia positiva nel
contesto sociale. So che molti saranno d'accordo, ma perché non si esamina a
fondo il problema in tutti i luoghi che, più o meno, partecipano all’ethos pubblico? Ma le forme politiche
attuali hanno la forza per assumere questo compito senza guardarsi sempre la
coda?
PER RIMANERE UMANI
La Casa Editrice
“Puntoacapo”
è lieta di invitare gli amanti e i cultori della poesia,
alla presentazione dell’Almanacco n. 5
Venerdì 10 aprile 2015
-ore 17,30-
Genova, Stanza
della poesia (Palazzo Ducale)
Presentazione dell’Almanacco Punto della Poesia italiana
(n. 5/2015)
http://almanacco.wix.com/punto
Copertina del n. 5 dell'Almanacco |
Intervengono i direttori: Mauro Ferrari e Giancarlo
Pontiggia,
assieme a Collaboratori e Autori.
Ingresso libero