ANNIVERSARI
EVENTI
«FLAUBERT DANS LA VILLE»
Il 13 aprile il Metropolitan Museum di New York compie 145 anni
James Moske, archivista dei Museum
Archives del Metropolita Museum di New York, scrive: “Cento quarant'anni fa
oggi, il 13 aprile 1870, la legislatura dello stato di New York ha concesso un
atto costitutivo che ha formalmente istituito il Metropolitan Museum of Art. La
nuova istituzione è stata indicata come ente per favorire e potenziare lo
studio delle belle arti, per l'applicazione delle arti per la produzione artistica,
e per la promozione della conoscenza generale dei soggetti artistici, fornendo
istruzione popolare e la ricreazione”.
Al momento della sua creazione, il Metropolitan
non aveva nessuna collezione d'arte, e alcun personale professionista. Cominciò
ad ospitare mostre in spazi in affitto, prima al 681 della Fifth Avenue e poi
sulla West 14th Street. Nel 1880, il museo aprì il suo primo edificio in quello
che ora è il 1000 Fifth Avenue.
È disponibile online il Museum
Exhibitions 1870-2010 (in PDF), un elenco cronologico di tutte le mostre
speciali tenute presso il Metropolitan Museum of Art dalla sua fondazione nel
1870 ad oggi.
Michela
Beatrice Ferri
Cliccare sulla locandina per ingrandire |
«FLAUBERT DANS LA VILLE»
Convegni, mostre,
visite guidate, spettacoli teatrali, atelier e laboratori nella città di
Flaubert
Inizia venerdì
17 aprile alle 9.30, con il convegno Images et imaginaires de Flaubert dans les
oeuvres contemporaines (a cura di Sandra Glatigny e Yvan Leclerc), presso la
Maison de l’Université, Mont-Saint-Aignan (Rouen), la serie di iniziative che
si susseguiranno fino al 31 agosto nella città natale di Gustave Flaubert. Lo
scopo è di far rivivere i testi e il pensiero di Flaubert attraverso le opere
degli artisti contemporanei. Al convegno, tra gli altri, dall’Italia partecipa
Chiara Pasetti con una relazione su Flaubert nelle opere di Antonia Pozzi,
Dacia Maraini, Italo Calvino e Pietro Citati. La manifestazione prosegue
all’Opéra di Rouen sabato 18 aprile con interventi di Pierre Bergounioux, Annie
Ernaux, Pierre Michon, Christine Montalbetti, Jean-Philippe Toussaint.
Dal 17 aprile al 2 maggio, e dal 24 maggio al 12 giugno,
presso l’Opéra di Rouen, esposizione iconografica di Damien Dauge Emma Bovary à
l’Opéra de Rouen. Fino al 31 agosto presso il Musée Flaubert et d’histoire de
la médecine di Rouen, Installazioni di Jennifer MacKay Laboratoire d’humeurs et
de larmes. Sabato 25 aprile dalle 10.30, presso l’Hôtel de Ville, Canteleu (Rouen),
dove è conservata la biblioteca di Flaubert, in programma una visita guidata
della biblioteca patrimoniale dello scrittore: Les artistes dans la
bibliothèque et l’oeuvre imprimée de Flaubert
Sabato 30 maggio, dalle 9.30, presso l’Hôtel des Sociétés
savantes sempre a Rouen,l’Association des Amis de Flaubert et Maupassant a
colloquio sul tema: Regards d’artistes sur Flaubert.
Per info su tutte le iniziative in programma:
http://flaubert-danslaville.univ-rouen.fr
***
RESISTENZA ANARCHICA
Mauro De Agostini-Franco Schirone,
PER LA RIVOLUZIONE SOCIALE.
Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-45),
Zero in Condotta, 360 pp.
di
Giorgio Sacchetti
La
presenza
complessiva degli anarchici nella Resistenza è già stata fatta oggetto di
numerosi studi, alcuni di grande pregio, ormai a partire dall’ultimo decennio
del secolo scorso. Tuttavia, trattandosi di un movimento di non facile
approccio per chi non abbia un retroterra di conoscenza approfondito, si è
rilevato spesso necessario, anzi indispensabile, partire dal locale (o magari
dalle storie di vita). Sì, perché ad un movimento politico-culturale-sociale
eterogeneo e decentrato corrispondono spesso fonti altrettanto decentrate e
magari disperse. Ebbene queste pagine, oltre a rappresentare un indubbio
elemento di conoscenza, costituiscono anche un prototipo per come si debba
procedere nella ricerca storica di base. Senza questi lavori, pazienti e
minuziosi, le grandi opere di “sintesi” non avrebbero più la materia prima per
analisi e ricostruzioni di largo respiro.
Mauro De
Agostini e Franco Schirone, studiosi di vaglia, ci propongono un’avvincente e
documentata narrazione di un’esperienza resistenziale popolare ed “altra”,
quella degli anarchici, in una città-chiave come Milano, crocevia dei destini
della Nazione ma anche proscenio della duratura guerra civile europea. Lì dove
lo scontro tra fascismo e antifascismo ha assunto, da sempre, i connotati della
guerriglia sociale aperta il racconto di quelle vicende si fa decisivo. Le
modalità e le costanti di un conflitto apertosi nel 1919-1922 ritornano dunque
negli anni 1943-1945 come ricapitolazione, svolgimento finale e “recupero della
memoria” (per usare le parole di Claudio Pavone) durante la Resistenza, sotto
la cappa dell’occupazione tedesca. E si tratta di uno scontro epocale, “guerra
dei trent’anni” tra opposte visioni del mondo, tra modelli di civiltà
antitetici, il cui esito produrrà contraddizioni più o meno impreviste: come
l’affermarsi di democrazie dai tratti autoritarie di antifascismi di marca
totalitaria.
La seconda
guerra mondiale nelle sue molteplici rappresentazioni raffigura una sorta di architrave
della memoria europea, e pertanto delle identità, di tutte quelle componenti
sociali, politiche, nazionali e culturali che vi furono coinvolte. Ciò vale a
maggior ragione per un paese come l’Italia alle cui istituzioni spetta la
peculiarità della nefasta primogenitura del fascismo, e il disonore di una
turpe alleanza con il nazionalsocialismo hitleriano, dalla guerra d’Etiopia
almeno fino all’8 settembre 1943. Per la generazione dei militanti libertari,
reduci delle antiche battaglie, l’epilogo di un’esperienza traumatica vissuta
in prima persona – guerra, persecuzioni, prigionia, esilio e lotta armata – non
sarà mai l’ora zero per un nuovo
spensierato inizio. Esso imporrà, piuttosto, il dovere della memoria oltreché
della coerenza antitotalitaria. Le inaudite devastazioni fisiche e morali
patite significarono, innanzitutto, una grande confutazione delle illusioni e
delle finzioni ideologiche e politiche del Novecento, secolo destinato a
proiettare perennemente le sue ombre lugubri. “Mai come allora – ha scritto
Karl Dietrich Bracher (Zeit derIdeologien)
– l’idea di progresso si era rivelata in tutta la sua ambivalenza: di fronte
alla fede in un miglioramento morale e culturale inarrestabile e automatico
dell’uomo, c’era l’esperienza di Auschwitz”. Né bastò più il Comunismo come
“quintessenza dell’antifascismo”, giacché anche dopo il 1945 continuava ancora,
nell’URSS, la disumanità dei campi di concentramento…
La Resistenza,
quale fenomeno storico ormai inesorabilmente lontano nel tempo, fagocitata e
depotenziata di tutta la sua carica sovversiva dalla retorica istituzionale,
oppure attaccata in blocco dalla società dei consumi culturali veloci e dei talk show, dai nuovi fascismi (più che
dal vecchio “revisionismo” del buon De Felice), ha man mano esaurito la sua
funzione pedagogica e di appeal tra
le giovani generazioni e non solo. Tuttavia anche lavori come questo propostoci
da De Agostini e Schirone – peraltro estremamente ricchi dal punto di vista
delle fonti utilizzate e ben organizzati sul piano del racconto – ci richiamano
almeno un paio di riflessioni sulla metodologia di indagine da adottare, sulle
necessarie letture storiche da effettuare sul lungo periodo. Tutte questioni
che, allo stato, appaiono ancora irrisolte nel milieu storiografico. Occorrerebbe, in sostanza, passare davvero
dalla attuale visione strettamente singolare e univoca della Resistenza (ma
quale memoria condivisa!) ad una visione invece davvero plurale delle
molteplici Resistenze. Occorrerebbe inoltre superare senza remore la cronologia
ristretta del 1943-1945, discorso che ci pare debba valere anche per le vicende
dell’anarchismo.
Dopo la fase di
“internazionalizzazione” – che riguarda l’esperienza militante che matura fra
le due guerre, epoca in cui il movimento si misura con i totalitarismi in
ambito europeo – si delineerebbe così una periodizzazione inedita. Si
tratterebbe (sull’onda di alcune suggestioni dello storico Giovanni De Luna) di
prendere in considerazione tutto in blocco il decennio della crisi 1938-1948.
Ed è proprio in questi anni, infatti, che precipitano eventi di portata
epocale, tali da marcare tutto il secondo Novecento anche per gli anarchici. Ne
citiamo solo i principali: gli esiti letali della sconfitta in Spagna, la IIa
guerra mondiale come guerra ideologica antifascista, l’incardinamento dei tre
partiti che per il mezzo secolo successivo domineranno lo scenario politico
italiano, la conferma della statalizzazione dei sindacati, l’avvento della
repubblica e di un sistema liberal-democratico, la guerra fredda con la
giustapposizione della nuova coppia comunismo / anticomunismo alla vecchia
coppia fascismo / antifascismo, l’Unione Sovietica come “faro” indiscutibile
della sinistra…
Da rilevare
anche che la partecipazione dei libertari italiani alla lotta armata
antifascista marcherà indubbiamente la differenza fra i percorsi antropologico
culturali successivi intrapresi dalle varie correnti dell’anarchismo
internazionale. Così, se nell’area anglofona prevarranno i temi della
rivoluzione nonviolenta e dell’anti-bellicismo, in quella sud-europea saranno
invece gli stilemi classici dell’antifascismo di estrema sinistra ad imporsi,
non ultimo il mito della “Resistenza tradita”.
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