La lunga notte
delle Scuole Armate Italiane
di Antonio Mazzeo
Se in tempi di “pace” le
forze armate superano ogni limite di decenza nelle loro sempre più invasive
occupazioni di scuole e attività didattiche, è doveroso interrogarsi su cosa
potrebbe accadere in caso di “guerra guerreggiata” nell’Italia della cosiddetta
Terza Repubblica. Peggio di così l’anno scolastico 2017-18 non poteva
concludersi: sfilate, parate, cori e bande musicali di studenti e militari
“uniti nel Tricolore”; party-saluti di alunne e alunni in basi e installazioni
di guerra, con tanto di selfie ai piedi di cingolati, carri armati,
cacciabombardieri e sottomarini; saggi ginnico-militar-sportivi e gare di corsa al passo dei bersaglieri;
borse di studio/formazione e certificazioni per l’alternanza scuola-lavoro nei
corpi d’assalto dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica o nelle aziende
dell’export degli strumenti di morte.
Sono
centinaia ormai le “esperienze” didattico-educative che le forze armate, in
assoluta autonomia e fuori da ogni doveroso controllo degli insegnanti,
impongono alle studentesse e agli studenti italiani. Realmente impossibile
censirle, ma tra quelle svolte nelle ultime settimane ce ne sono alcune che
meritano essere menzionate per la loro gravità e il prevedibile impatto
negativo sul processo di formazione e crescita di tanti nostri figli.
Giovedì
31 maggio 2018, ad esempio, una rappresentanza del 9° Reggimento d’Assalto “Col
Moschin” (il reparto d’eccellenza delle forze speciali di terra che opera in
tutti gli scenari di guerra internazionali) si è recata presso l’Istituto
scolastico “Leonardo da Vinci” di Guidonia (Roma) per incontrare gli alunni
della scuola elementare. “Il primo incontro tra gli Incursori e la classe era
avvenuto nei giorni precedenti proprio presso l’aeroporto militare di Guidonia
dove i bambini assistevano alle prove della parata prevista per la Festa del 2
giugno ed in maniera del tutto spontanea ed assolutamente inattesa per gli
uomini del Col Moschin, gli alunni si sono lanciati in acclamazioni e applausi
riecheggiando il grido Arditi lanciato dagli incursori”, riporta l’ufficio
stampa dello Stato Maggiore dell’Esercito. “Incuriositi da tale spontaneo
slancio, gli Incursori hanno avvicinato la scolaresca che li ha travolti con
slancio affettuoso. In particolare un bambino, che si era infortunato poco
prima, ha raccontato che siccome gli arditi sono i più coraggiosi tra i
coraggiosi, avrebbe sopportato il dolore come loro. Non potendo lasciar passare
così tale manifestazione di affetto gli Incursori hanno, a loro volta, fatto
una sorpresa ai bambini e incontrandoli in aula regalando il crest del 9°
reggimento Col Moschin e ringraziandoli da parte di tutti gli Incursori
dell’Esercito”. Coronano l’articolo che ci riporta ai tempi più bui
dell’Istituto Luce, numerose fotografie che ritraggono le lezioni frontali
degli ufficiali-arditi in una classe di primaria dove le divisioni di genere
sono giù belle e strutturate: i bambini mostrano orgogliosi bicipiti e
pettorali, le bambine sorridono estasiate.
Innocenze
rubate, coscienze stuprate, i corpi sottratti, cooptati, convertiti in icone di
guerra e di morte. La “campagna” militare nelle scuole di Guidonia ha avuto
un’indicazione precisa, inequivocabile: Adotta un sorriso di un soldato. Una
serie d’iniziative che hanno coinvolto oltre 800 studenti delle scuole di ogni
ordine e grado, promosse dal personale del 60° Stormo dell’Aeronautica Militare
alla vigilia della “Rivista” per la Festa della Repubblica. “Il progetto mira a
creare una possibilità di contatto tra le realtà sociali attraverso una comunicazione
comune, quella di sorridere insieme”, si legge nel sito internet
dell’Aeronautica. “La fatica della marcia sotto il sole o sotto l’acqua,
l’impegno di tutti gli organizzatori per la buona riuscita viene ricompensata
dal sorriso, anche se timido, che i bambini e gli adolescenti esternano senza
pregiudizio o filtro ma in maniera del tutto incondizionata. L’incontro tra il
personale militare di Guidonia e gli studenti avviene attraverso la
presentazione dei simboli, delle uniformi e della storia dei Reparti che ogni
anno prendono parte alla Sfilata. (…) L’attività ludica e culturale allo stesso
tempo si trasforma in un valore aggiunto che consolida quella relazione
emotiva, la quale attraverso l’espressione facciale del sorriso, innesca
automaticamente sentimenti quali l’empatia, la serenità e la voglia di stare
tutti insieme uniti nella gioia. Riconoscere i Reparti attraverso le loro
uniformi e le attività esperienziali, quali la marcia insieme ai soldati, sono
stati i punti cardini della relazione soldato-bambino in Patria”.
Non
è andata purtroppo meglio a 3.000 studenti frequentanti gli istituti scolastici
napoletani dove la Divisione “Acqui” (alla guida delle brigate terrestri
d’élite “Granatieri di Sardegna”, “Aosta”, “Pinerolo”, “Sassari” e “Garibaldi”),
ha organizzato e gestito in prima persona il Progetto Legalità, “per tracciare
l’importanza delle Forze Armate e in particolare dell’Esercito Italiano, non
solo nel solco del centenario della Grande Guerra, ma anche su alcune attività
del territorio nazionale, come ad esempio con l’Operazione Strade Sicure”.
“Nell’ambito delle attività didattiche e di orientamento del percorso
scolastico – prosegue il comunicato dell’Esercito - un team di soldati della
Acqui ha divulgato nelle classi l’importanza dei valori di fiducia, coraggio,
solidarietà, dignità e sacrificio”.
Abdicando
alle proprie funzioni costituzionali, tantissime scuole hanno affidato alle
forze armate la rielaborazione e la narrazione “storico-culturale” della Prima
Guerra Mondiale, una delle peggiori carneficine della storia dell’umanità. Un
processo di mistificazione, quello condotto dai militi-arditi-insegnanti che
culminerà con i Festeggiamenti della Vittoria del prossimo 4 novembre,
prevedibile apoteosi della partnership scuole-forze armate e della
militarizzazione a fini dichiaratamente bellici del sistema educativo
nazionale, contro il sapere libero e critico.
Ci
troviamo di fronte a un processo inarrestabile? Non lo crediamo, anzi riteniamo
che sia ancora possibile intervenire contro questa “marcia sulla scuola” di
generali, ammiragli, paramilitari e nostalgici dell’Italia colonial-fascista.
Per questo facciamo nostro l’appello lanciato qualche giorno fa da un gruppo di
insegnanti (primi firmatari Luca Cangemi, RSU del Liceo “Lombardo Radice” di
Catania; Marina Boscaino, docente e pubblicista di Roma; Dina Balsamo dell’IC
“G. Romano” di Eboli; Natya Migliori dell’IIS di Palazzolo Acreide; Piero
Bevilacqua, professore emerito di Storia Contemporanea all’Università “La
Sapienza” di Roma, ecc.) per “aprire una riflessione generale che individui
nella salvaguardia degli spazi di discussione e nel rifiuto della pervasiva
presenza militare nelle scuole due nodi importanti”. “Chiediamo alle/ai
docenti, alle studentesse e agli studenti, al mondo intellettuale di prendere
parola e di avviare una stagione di impegno che leghi ancora più strettamente
la lotta alla legge 107 a quella alla militarizzazione del sapere e
all’autoritarismo e sin d’ora prepariamo un grande appuntamento di riflessione
e di iniziativa per l’apertura del prossimo anno scolastico”, scrivono i
promotori dell’appello docenti contro la guerra.
Chi
ha cuore le sorti della scuola pubblica italiana e ritiene doverosa e
imprescindibile la difesa della sua vocazione autenticamente democratica,
ugualitaria e pacifista, può socializzare nei territori e negli spazi
scolastici la Campagna Scuole Smilitarizzate che è stata promossa da Pax
Christi Italia “proprio per arginare la crescente invasione e occupazione dei
militari nelle scuole, e rivendicare invece all’istituzione scolastica un ruolo
educativo e di formazione delle coscienze nel solco della Costituzione per un
mondo di pace”. Scuole Smilitarizzate chiede alle istituzioni di ogni ordine e
grado di rifiutare ogni attività in partenariato con le forze armate, dalla
propaganda all’arruolamento alla “sperimentazione” della vita militare degli
studenti; dall’organizzazione di visite a strutture riferibili ad attività
militari, all’alternanza scuola-lavoro nei corpi armati e nelle industrie
belliche. “Ogni volta che la scuola spalanca le porte a chi propaganda la
guerra, tradisce la sua specifica missione educativa e non tutela la propria
sopravvivenza ed efficienza”, afferma Pax Christi. “Così si è creato il
paradosso di una scuola che, da un lato, denuncia giustamente i tagli continui
cui è sottoposta, dall’altro collabora con quella struttura militare che ingoia
somme faraoniche per i suoi strumenti di morte, sottratte all’istruzione”.