SCIENZA E GUERRA
di
Alessandro Pascolini*
Padova. Noi viviamo in un’epoca caratterizzata dallo stretto connubio
di scienza, tecnologia e applicazioni militari. Si tratta di un fenomeno
recente, originato dal coinvolgimento diretto di scienziati e tecnici nella
conduzione delle guerre del secolo scorso. L'istituzionalizzazione del ruolo
delle comunità scientifiche nell’ambito degli sforzi bellici dei vari paesi ha
creato enormi concentrazioni di potere attorno alla tecnologia militare ed è
alla base del continuo sviluppo qualitativo della corsa agli armamenti, con
delicati problemi etici, difficili da affrontare.
Scienza e guerra prima del ’900
L’“arte della guerra” si è sviluppata, fino a tempi recenti,
in larghissima parte all’interno dello stesso ambiente militare e sono rari i
momenti significativi dell'incontro fra uomini di scienza e ambiente militare.
Archimede è il simbolo iconico dello scienziato che mette a frutto la sua
razionalità e competenza nell'impegno bellico. La leggenda tramanda di sue
fantastiche invenzioni: in realtà egli sviluppò un sistema difensivo altamente
efficace basato sull’ottimizzazione, costruzione e coordinamento delle armi del
suo tempo, che permise a Siracusa di resistere per due anni all'attacco romano.
Altri casi interessanti sono la scuola d’Alessandria, la stagione degli
ingegneri militari del rinascimento, il contributo di scienziati alla
navigazione oceanica e alla guerra navale, la razionalizzazione dell’impiego
dell’artiglieria sulla base della meccanica newtoniana e la chimica per la
produzione di esplosivi. Dal III al I secolo a.C. Alessandria d’Egitto divenne
un importante centro di ricerca scientifica in moltissimi campi, compresa una
vera scuola di tecnologia militare. Va notato che le applicazioni militari
erano di fatto l’unico campo pratico non disonorevole per un uomo greco di
cultura, e per Ctesibio, Filone ed Erone esse costituirono un possibile campo
di verifica sperimentale dei risultati della scienza matematica e meccanica che
andavano sviluppando. Nel Quattrocento e Cinquecento gli ingegneri-artisti
italiani del rinascimento si trovarono di fronte agli sconvolgimenti dovuti
all’impiego delle armi da fuoco, che non solo modificava la guerra, ma imponeva
lo sviluppo di concetti balistici e trasformava completamente le
fortificazioni. D'altra parte, l'osservazione degli effetti delle armi da fuoco
fece concentrare l'attenzione degli studiosi sui fenomeni del moto, dando avvio
allo studio della dinamica e a ricerche importanti per lo sviluppo della
fisica, fino a Galileo e alla rivoluzione scientifica. La crescente necessità
di polvere da sparo nelle guerre europee dell'evo moderno spinse i chimici al miglioramento
della produzione di esplosivi; nel confronto con problemi concreti i fondamenti della chimica evolsero progressivamente alla
chimica quantitativa della "rivoluzione chimica" su basi atomistiche.
Le grandi battaglie campali del ’700, con crescente coinvolgimento di
artiglierie mobili, attirarono l’attenzione di matematici per determinare le
traiettorie effettive dei proiettili in funzione delle caratteristiche delle
armi e della resistenza dell’aria. Alla fine del secolo, grandi matematici parteciparono
ai progetti scientifici, militari e politici elaborati durante le varie fasi
della Rivoluzione francese, unificando le unità di misura nel nuovo sistema
metrico decimale, organizzando l’esercito rivoluzionario, curando la produzione
di armi e svolgendo al contempo ricerche di matematica pura e applicata e
riorganizzando gli studi superiori.
La meccanizzazione della guerra
Dalla metà dell’ ’800 le forze armate diventano professionali
e meccanizzate. Industrie private sono protagoniste dei progressi nella
tecnologia militare, in una straordinaria espansione produttiva. La ricerca
applicata nella grande industria introdusse il segreto industriale e la
pianificazione, pratiche nuove che ridussero la tradizionale libertà degli
scienziati, rendendo “invisibili” i loro stessi contributi. La Prima guerra
mondiale fu la prima grande guerra industriale: la produzione e la logistica
contarono più di ogni altro aspetto del conflitto, che si ridusse a una guerra
di logoramento. Eserciti enormi richiedevano rifornimenti di ogni tipo su una
scala precedentemente inimmaginabile, imponendo la conversione della capacità
industriale, il riorientamento della vita civile, e la concentrazione di tutte
le risorse per la guerra totale. Tutte le tecnologie e le scienze furono
impegnate per sviluppare ulteriormente le armi esistenti e per crearne di
nuove, fra cui aerei, sommergibili con siluri e carri armati. Importanza
centrale ebbe per tutti i paesi la chimica: le nuove armi richiedevano
munizioni in quantità sbalorditive, imponendo di ottimizzare la produzione e
sviluppare nuove tecniche. Dalla produzione di esplosivi si passò all'impiego
di vere armi chimiche, gas tossici per aver ragione anche di nemici ben
trincerati. Lo sviluppo di indumenti protettivi e tecniche di decontaminazione
ridussero l’efficacia delle armi chimiche; le vittime comunque superarono il
milione e trecentomila. Fritz Haber, ricevendo il premio Nobel 1918 per lo
sviluppo dei fertilizzanti nitrati, rivendicò anche lo sviluppo di armi
chimiche “una forma superiore di uccidere”. Fra le due guerre scienziati
elaborarono in laboratori segreti una nuova categoria di armi particolarmente
atroci: le armi biologiche, sviluppate anche con crudeli esperimenti umani dai
giapponesi e rese operative dagli anglo-americani con la produzione di
proiettili all’antrace (fortunatamente non impiegati).
La scienza nella Seconda guerra mondiale e nella
guerra fredda
Nella Seconda guerra mondiale la scienza ha svolto un ruolo
cruciale, con molti dei nuovi sviluppi (radar, aerei a reazione, elicotteri,
razzi, missili Cruise e balistici, bomba atomica) realizzati nel corso della
guerra. Tutte le discipline scientifiche furono impegnate, dalla matematica
alla medicina, con la mobilitazione di tutti i talenti scientifici e tecnici;
la ricerca militare si diffuse nelle università, che vennero a ricevere
cospicui finanziamenti, ma subirono di fatto un riorientamento dei loro
programmi di ricerca. Lo sviluppo dell'arma atomica presenta aspetti
significativi del nuovo rapporto fra scienza e tecnologia militare: la proposta
della nuova arma venne dagli stessi scienziati, l’intera comunità dei fisici
nucleari si impegnò nei programmi nucleari dei rispettivi paesi, e la
realizzazione effettiva dell’arma richiese che i fisici teorici e sperimentali
unissero le forze con chimici, ingegneri e tecnici in un piano industriale di
enorme dimensione. Il lavoro coordinato di scienziati e tecnici di differenti
discipline nei grandi progetti i della Seconda guerra mondiale ha creato un
nuovo stile di lavoro scientifico alla base dei vasti programmi di ricerca del
dopo guerra. La Seconda guerra mondiale evolse senza soluzione di continuità
nella guerra fredda fra l’Occidente e l’Unione Sovietica, per cui la ricerca
militare nei settori più avanzati venne non solo mantenuta ma ulteriormente
accelerata. Con la realizzazione delle bombe a fusione, le armi nucleari
divennero sempre più potenti, compatte e versatili e lo sviluppo di missili di
varia gittata con sistemi di guida di crescente accuratezza rese ogni punto
della terra esposto a un attacco devastante da parte russa o americana. Gli
stessi missili balistici intercontinentali servirono per la conquista dello
spazio e la sua simultanea militarizzazione. Le enormi potenzialità offerte dai
satelliti artificiali promossero una salda alleanza tra scienza e industria a
creare gli attuali sistemi spaziali per comunicare, acquisire informazioni,
dirigere le operazioni di combattimento e guidare veicoli terrestri, aerei e
navali in tutto il mondo. Affidabili e quasi istantanee, le telecomunicazioni
globali hanno trasformato la catena di comando militare, con enormi
potenzialità per i comandanti sul campo.
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Bombe e armi nucleari sul suolo italiano
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