EDITORI
di Federico Migliorati
V. Di Felice
Undici anni di promozione della cultura.
Intervista all’editore abruzzese Valeria Di Felice.
L’editoria italiana si mantiene salda nonostante l’emergenza sanitaria da
Covid-19 che ha colpito questo settore come un po’ tutto il mondo culturale.
Accanto ai colossi dominanti, sempre più forti, si sono ritagliati un loro
spazio piccole e medie realtà capaci spesso di lanciare autori e titoli di
qualità in un mercato che, anche nel genere della poesia, si presenta bulimico
con oltre 230 volumi pubblicati ogni giorno. Tra le case editrici che ormai
hanno acquisito un posto stabile nel panorama nazionale c’è l’abruzzese Di
Felice di Martinsicuro: ne parliamo con la sua fondatrice Valeria Di Felice,
non più solo editrice, ma protagonista a tutto tondo nei versi anche con
diverse traduzioni all’estero.
Migliorati: Come nasce Di Felice Edizioni?
Di Felice: La data di fondazione è il 22 aprile 2010. L’intuizione
è arrivata mentre frequentavo l’università e mi ha portato a creare la casa
editrice una decina di giorni dopo essermi laureata, a 26 anni. In questo atto
di apparente “incoscienza” (considerando lo stato dell’editoria italiana), ho
trovato nel grande amore per la poesia la mia guida. Non ho avuto bisogno di
altro in questo percorso che dura ormai da 11 anni e che ha visto i libri trasformarsi
man mano in creature. Proprio come Pinocchio che da un pezzo di legno è
diventato un bambino attraversando delle prove di coraggio, di onestà, di
identità, allo stesso modo i libri, i libri della casa editrice, da semplici
pagine di carta sono diventati esseri con una vita propria, esseri al centro di
relazioni, vicende, storie, ponti. Nel corso
degli anni si sono aggiunti altri progetti editoriali aperti alla narrativa e
l’amore per la poesia si è confrontato con le voci del mondo, in particolare di
quello arabo.
M. A quanti titoli in catalogo siete arrivati e quali collane e generi lo
compongono?
D. F. La Di Felice Edizioni comprende 5 collane: Il gabbiere diretta da Sante
de Pasquale, Gli occhi del pavone diretta
da Rita El Khayat, Racconti
Zeta diretta da Daniele Cavicchia e Maria Grazia Di
Biagio, I contemporanei del
futuro diretta da Roberto Michilli, Note di rinascenza diretta da Annalisa
Frontalini. Con “Carmen” di Prosper Mérimée, tradotto da Paola Tiberii, siamo
arrivati a 198 titoli.
M. Oltre a te vogliamo accennare ai collaboratori e
alle persone che ruotano attorno alla casa editrice e che contribuiscono al suo
successo?
D. F. Legate a essa vi sono tante persone con motivazioni e
intenti diversi, ma col tempo ho imparato a scegliere con più cura e attenzione
coloro di cui posso fidarmi. Sono grata a Irene Piras che dall’inizio segue la
casa editrice occupandosi dell’impaginazione e delle copertine dei libri e
della grafica delle collane. Sono grata anche ad un gruppo ristretto di
scrittori, poeti, traduttori ed esperti del mondo editoriale con i quali mi
confronto quotidianamente.
M. Fare editoria nel 2021 e dopo una pandemia
possiamo definirla un'impresa da incoscienti o da coraggiosi?
D. F. Per chi ama i libri è una scelta necessaria per sopravvivere,
oggi direi coraggiosa perché consapevole.
M. Nella moltitudine di testi apparsi in questi anni
soffermiamoci in particolare su quelli più recenti, anche per lanciare spunti
di riflessione e sollecitazioni ad addetti ai lavori, ma più in generale agli appassionati
della letteratura.
D. F. Negli ultimi mesi abbiamo dato alla luce dei doni
preziosi per chi ama la lettura. Per fare qualche esempio: il romanzo La
sirena dei mari freddi di Roberto Michilli (proposto da Francesca Pansa
allo Strega 2021); la silloge Quartine del poeta ebreo-olandese Jacob
Israël de Haan (tradotto dal nederlandese da Patrizia Filia), assassinato nel
1924 da un membro del movimento di liberazione Hagana che lo accusava di
ostacolare il sionismo e di collaborare con gli arabi; la nuova raccolta del
poeta olandese Willem van Toorn I giorni, tradotta da Patrizia Filia;
le raccolte poetiche Il corpo del vento di Leandro Di Donato, Il
mercato delle idee di Francesco Belluomini (fondatore del Premio Camaiore),
Canti di Urania di Ermanno Bencivenga; Dalla fiamma e dalla luce. La
vita attraverso le lettere di Michaíl Júr'evič Lérmontov, tradotto e
commentato da Roberto Michilli (Premio speciale Città delle rose 2021) e lo
stesso Carmen di Prosper Mérimée, tradotto da Paola Tiberii, che ho
prima citato; i racconti Le tre verità di Daniele Cavicchia e Il
diritto alla felicità di Claudio Rossi Massimi (quest’ultimo tratto dalla
sceneggiatura dell’omonimo film che ha appena ricevuto il Premio Troisi per la
regia). E poi le belle antologie tematiche curate da Vincenzo Guarracino, Una furtiva lacrima e Poeti per l’infinito.
M. Dal suo punto di vista privilegiato ritiene che
vi sia ancora spazio per la poesia e la letteratura al giorno d'oggi in
un'epoca di e-book e di infodemia? Cosa può offrire in più un libro cartaceo?
D. F. Credo che oggi bisognerebbe ridare credibilità al
“libro” per riconsiderarlo non uno spazio amorfo e intercambiabile, ma un luogo
aperto alle relazioni umane. D’altronde che cosa significa “leggere” se non
accendere una torcia per fare luce in noi stessi e intorno a noi? In
particolare, la poesia va protetta dalla sovrabbondanza di parole che si
autodichiarano poetiche e che girano all’impazzata sui social. Ognuno ha il
sacrosanto diritto di esprimersi e di cimentarsi nella scrittura, ma questo non
dovrebbe alimentare la spinta alle autoproclamazioni. Di fronte all’infodemia
che smaterializza i punti di riferimento e disorienta, credo che il modo più
efficace per salvaguardare la poesia sia tornare a sceglierla e leggerla. Ho
detto bene… leggerla, oggi un atto più rivoluzionario della scrittura!
Un libro cartaceo - un buon libro, beninteso! - oggi è una tisana detox
contro le bibite gassate del web!