SCELTE
di
Fulvio Papi
Gabriele
Scaramuzza ci ha regalato ancora una volta un bellissimo libro, il sentiero
dominante della sua esperienza (Scelte,
Mimesis edizioni, Milano-Udine, 2021) in uno stile critico/narrativo come si è
selezionato nel suo lungo percorso di teorico di filosofia dell’arte: la
coesistenza di tratti di estetica, di critica, di memorie il cui vissuto
ritorna con il suo sentimento, la saggezza astratta che si incarna nella parola
vivente, poiché, in verità, non vi è altro modo perché essa possa rendersi
manifesta. La
vita del concetto è molto più complicata rispetto a chi in esso vuole vedere
solo il tronco di faggio centenario. Questa descrizione è molto povera, ma
forse riesce a farsi udire dal lettore nel suo pacato circuito. Quanto
a una interpretazione più complessiva, dico di due temi dominanti il libro.
L’uno è la tragica opposizione tra la morte voluta da Primo Levi e la vita
ritrovata di Liliana Segre. Nel loro tempo più giovanile vi è in comune lo
sterminio nazista dei cittadini ebrei, la criminale passione antisemita che
nasce da una o da più forme dell’antisemitismo, demone che è un senso di
naturale dominio nella propria anima perversa. Primo
Levi percepisce negli anni della sua vita scampata alla strage il ritorno dello
spirito distruttivo del nazismo con un linguaggio che oscuramente ma
sicuramente ne riporta il senso: un occulto destino che segna il cammino della
nostra vita. È un tempo circolare che ci coinvolge in ogni caso senza
possibilità di scambio. Il suo rifiuto radicale è dunque la morte.Al
contrario il caso di Liliana Segre, che risponde agli incubi della memoria con
una nuova invenzione della vita, la memoria tragica diviene il richiamo, per il
superstite, alle pressioni dell’esistenza nel quale ritrovare i doni
dell’esistenza. La testimonianza diviene ragione di un nuovo coraggio del
sapere, della bellezza, del senso della vita.Il
secondo elemento centrale del libro di Scaramuzza affronta il tema
dell’oggettività suprema dell’arte che può nascere dalla vergognosa e infame
scelta dell’ideologizzazione del suo autore.Semplificando
un po’, l’esempio è Wagner. La sua musica apre un’epoca nuova dell’arte che
informa gran parte della modernità, rende prossimo e sensibile il sublime (se
così si può dire). Ma nel suo animo è servo di un antisemitismo sulla strada
ideologica che conduce allo sterminio nazista. Come possono coabitare nella
stessa figura una coesistenza che unisce una antinomia morale. Il problema pare
poco solubile. Eppure penso che questa situazione possa accadere perché la
persona, il grande artista soprattutto, può far vivere in se stesso identità
opposte.Il
problema è rendersi conto, detto razionalmente, che le proprie prassi non sono
affatto un tutto armonico. Le possibilità simboliche sono plurali e l’una può
tacitare l’altra quando domina la scena.Andassi
a fondo dovrei parlare di linguaggi che sono una realtà complessa, che fa
dell’unità identitaria di un uomo un musicista sublime e uno sporco antisemita.
Se andassi a fondo, direi che questa antinomia appartiene all’accadere
musicale, ma non (per quanto ne so) alla letteratura, dove un’opera può
mostrare un uomo sul fronte di un proletariato povero e oppresso in un’opera, e
in un’altra un infame persecutore di ebrei. In più, che il linguaggio si
ricorda proprio l’unità dello scrittore, nel suo interiore colloquio etico. Ricordate
Céline?
Gabriele
Scaramuzza ci ha regalato ancora una volta un bellissimo libro, il sentiero
dominante della sua esperienza (Scelte,
Mimesis edizioni, Milano-Udine, 2021) in uno stile critico/narrativo come si è
selezionato nel suo lungo percorso di teorico di filosofia dell’arte: la
coesistenza di tratti di estetica, di critica, di memorie il cui vissuto
ritorna con il suo sentimento, la saggezza astratta che si incarna nella parola
vivente, poiché, in verità, non vi è altro modo perché essa possa rendersi
manifesta.
Quanto
a una interpretazione più complessiva, dico di due temi dominanti il libro.
L’uno è la tragica opposizione tra la morte voluta da Primo Levi e la vita
ritrovata di Liliana Segre. Nel loro tempo più giovanile vi è in comune lo
sterminio nazista dei cittadini ebrei, la criminale passione antisemita che
nasce da una o da più forme dell’antisemitismo, demone che è un senso di
naturale dominio nella propria anima perversa.