MINIMA
IMMORALIA
di Angelo Gaccione
La
volontà e l’ignavia.
C’è
sempre qualcuno che si lamenta perché nella sua città, o nel suo paese, non
succede nulla di importante. E si arriva a definire ingenerosamente Bergamo,
Genova, Torino, ecc. addirittura città morte. I romani invidiano Firenze, i
fiorentini Milano, i milanesi Parigi, i parigini New York, i newyorkesi chissà
chi, e ognuno si fabbrica il suo mito ideale. Siamo convinti che le cose vadano
sempre meglio altrove, e invece eccellenze e degrado sono ovunque, sia dal
punto di vista culturale che da quello umano e sociale. Nei paesi più piccoli o
svuotati dall’emigrazione, le cose sono più difficili e le opportunità ridotte,
non c’è dubbio. Ma non è affatto vero che cose importanti non possano accadervi
come in qualsiasi altro luogo. Non esiste nessun luogo, per quanto piccolo, dove
non ci sia una squadra di calcio, una bocciofila, una parrocchia, una scuola,
un club, un comitato, un’associazione, un pub, un salotto e così via. Come sono
nate queste forme associative? Certamente non sono cadute dal cielo; è stata la
volontà, la perseveranza, la lotta di persone e gruppi a farle nascere, perché
il convincimento, la passione, l’interesse, ne avevano l’esigenza e la
necessità. Chi le frequenta trova in esse il suo appagamento sociale o morale,
e seppure di peso diverso, sono importanti perché restano luoghi di incontro
con preziose finalità aggreganti.
Non sono mai
le città o i paesi ad essere colpevoli, colpevoli sono gli amministratori, i
ceti sociali nelle loro più diverse declinazioni professionali, gli abitanti che
non muovono un dito, che restano indifferenti al loro destino. È colpa nostra
se le cose non prendono vita, se non decollano. Invece di lamentarsi ci si
dovrebbe domandare: qual è il mio personale contributo perché mutino,
fermentino, migliorino? Non ho simpatie per la gente che si lamenta, ho
simpatie per chi si impegna a fare, a realizzare. E ho in mente le opinioni di pensatori
appartenenti ad epoche diverse, ma tutte dello stesso tenore. “Io troverò
sempre dei compagni che si uniranno a me senza prestare giuramento alla mia
bandiera”. Sono parole del filosofo hegeliano Max Stirner. Queste invece sono
di Seneca: “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle, è perché
non osiamo farle che le cose sono difficili”. Quanto alla scusa del numero, vi
basti questa affermazione del rivoluzionario russo Michail Bakunin: “Due uomini
associati sono un principio di potenza”. Ecco, adesso non avete più scuse per
lamentarvi e restare passivi.