LA SCOMPARSA
DI ROBERTO PAZZI
di Angelo Gaccione
Roberto Pazzi
foto di Marzia Borzi
Lo
scrittore è morto all’ospedale di Cona (Ferrara) dove era ricoverato.
“La sera del
25 giugno, in una notte di plenilunio leggerò il canto del Furioso su Astolfo
sulla luna introdotto da Moni Ovadia che legge mie poesie da Un giorno senza
sera. Dall’alto di una delle torri del Castello Estense di Ferrara”.
Roberto Pazzi foto di Marzia Borzi |
“Magnifico,
sarà bellissimo. E poi con un luogo come quello. Mi fa piacere che a leggere
sia Ovadia”, gli avevo risposto.
Era l’11 aprile del 2021 come posso vedere sui messaggi di WhatsApp che ci eravamo scambiati fra le 10,10 e le 10,32.
Del 6 settembre è la pagina di un quotidiano che mi aveva mandato alle 10,24 con la segnalazione: “Esce domani in libreria”.
Non posso più ricostruire di quale quotidiano si trattava perché i telefonini sono strumenti effimeri e ora che provo a pigiare sui 313 kB rifiuta di aprirsi e mi compare la scritta ‘Download fallito’. In pratica non esiste più e bisogna diffidare dell’eccessiva sicumera dell’intelligenza artificiale.
Gli avevo risposto: “Sono stato operato
all’occhio destro. Mi farò leggere questa intervista da mia moglie. Grazie. Auguri”.
“Che
coincidenza… io pure… di cataratta all’occhio destro!” aveva risposto.
E poi gli avevo comunicato che mi sarei fatto mandare il suo romanzo per occuparmene.
Il 16 ottobre mi aveva scritto la sua valutazione dopo la lettura di una mia nota dal titolo “Speriamo” pubblicata sulla prima pagina di “Odissea”: “Bella riflessione sulla speranza che non abbandona neanche Leopardi”.
Roberto Pazzi e Federico Migliorati
nello studio dello scrittore a Ferrara
foto di Marzia Borzi
Il penultimo
messaggio porta la data del 20 luglio 2022 alle 9,45. I problemi di salute già
lo minavano da qualche tempo. L’ultimo nel pomeriggio di quello stesso giorno.
La situazione doveva progressivamente peggiorare ed evitavo di affaticarlo. La
guerra russo-ucraina deve averlo ferito in profondità, e temo che non
approvasse il mio pacifismo radicale contro tutti e contro tutto. Ma leggeva i
testi che pubblicavo e per niente al mondo avrei rinunciato a maledire la
guerra e i farabutti che le provocano e le scatenano. Ero arrivato a scrivere
che se fossi stato membro del governo ucraino avrei risposto alla criminale
invasione russa con una marcia di milioni di uomini, donne, bambini, anziani, a
mani nude: andando verso i soldati e i carri armati come i portoghesi durante
il tentato golpe dei militari, con un garofano rosso. Avrebbero osato sparare
su milioni di corpi inermi? Non sarei caduto nella trappola della difesa militare
e nel disegno altrettanto criminale della Nato. Sapeva bene, del resto, Roberto
Pazzi che ero uno scrittore, e che avrei ritenuto un crimine contro l’umanità,
la civiltà e la cultura, veder cadere delle bombe per radere al suolo la sua
stupenda Ferrara. Dunque meglio la resa e l’invasione pur di impedire
devastazioni, morti, profughi. Ho accettato insulti, minacce, avversioni,
rotture per difendere queste ragioni, e avrei continuato a farlo anche se il buon
Dio mi fosse apparso davanti promettendomi il ritorno in vita di mia madre. La
guerra resta ai miei occhi il flagello più empio prodotto dalla stupidità
umana.
nello studio dello scrittore a Ferrara
foto di Marzia Borzi