RIMEMBRANZE
di
Marco Vitale
 
 Caro Angelo,
 
 Ti ringrazio per il
profondo articolo di Patrizia Cecconi. Non conosco la Cecconi ma il Suo scritto
rigoroso ed allo stesso tempo appassionato è da meditare a fondo. A me ha dato
molti stimoli di riflessione ed ha evocato anche ricordi personali che, senza
nessuna pretesa, vorrei condividere con Te che so tanto impegnato su questi
temi.
 
 In primo luogo, ho
pensato su quale sia oggi il nostro livello di civiltà. Io appartengo a
generazioni che, avendo visto da vicino e ricordando bene le immani barbarie e
le dolorosissime e crudeli vicende della Seconda guerra mondiale, ha non solo
creduto veramente che l’umanità, attraverso queste tragedie che vanno dai
crimini nazi-fascisti alle bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki,
fosse entrata in una fase storica nella quale si potesse veramente parlare di
superamento concettuale e morale della guerra come strumento di soluzione di
controversie tra popoli, qualunque fosse la natura di queste controversie.
Grandi maestri di pensiero e di morale come Bonhoeffer, Guardini, Gandhi,
Sturzo, Capitini, il maestro italiano della non violenza, ci confortavano e
guidavano in questa che era più di una speranza. Era una convinzione che
riteneva tale obiettivo, pur attraverso lunghi e tormentati processi,
seriamente possibile. Sul piano delle realizzazioni l’avanzamento, nonostante
tante difficoltà, del processo di unificazione europea, alcuni parziali
successi dell’ONU, gli accordi di disarmo nucleare, il superamento di crisi
drammatiche come quella dei missili russi a Cuba, l’apparente pacificazione tra
America e Russia, alimentavano sia la nostra convinzione che la nostra
speranza. Saranno solo le guerre balcaniche e soprattutto quella Serbia-Kossovo a riportare, con brutalità, la guerra in Europa riempiendola anche di
spunti schiettamente nazisti. Fu un brusco e doloroso risveglio non solo dal
grande sogno dell’eliminazione della guerra come strumento di risoluzione delle
controversie, ma anche da obiettivi minori rappresentati da quell’insieme di
norme e principi di umana civiltà che vanno osservati anche in guerra (e non
per niente si parla di crimini di guerra).
 
Bonhoeffer 

Capitini 
Dunque
se il metro di misura fosse solo la strage compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023
e le stragi continue che, nella striscia di Gaza, compiono i responsabili
israeliani, è difficile sfuggire alla conclusione che, sul piano di livello di
civiltà, entrambi i contendenti di Gaza si collocano a un livello primitivo, primordiale,
arcaico, superbarbaro. Rispetto alla loro la civiltà achea e quella troiana si
pongono ad un livello molto più avanzato sul piano morale. Ma, per fortuna,
loro non sono l’unica misura della nostra civiltà. E il pensiero corre ai casi
in cui, nel nostro tempo, abbiamo visto controversie che sembravano
irrisolvibili trovare una responsabile e ragionevole soluzione attraverso altre
vie, attraverso la non violenza, attraverso la ragione.
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| Bonhoeffer | 

 
Gandhi 
 Avevano
detto ai nostri che la guerra era per redimere (da cosa?) queste terre
austriache, anzi tirolesi. Ma i nostri, pur leali e fedeli combattenti,
sapevano che eravamo noi, allora, gli invasori e che gli alpini tirolesi
difendevano la loro terra. E’ questo spirito leale ed anti guerriero che
favorì, al termine della guerra, il graduale ricomporsi di una vita comune e pacifica,
tra vicini. E quando al termine della Seconda guerra mondiale dei superstiti
fanatici dell’identità del Sud Tirolo cercarono di estremizzare questa loro
posizione anche con azioni terroristiche che, per un tratto, sembrarono
assumere dimensioni pericolose, fu l’elevata maturazione civile della popolazione
che permise ad alcuni uomini di Stato grandi e veri, sia italiani che austriaci
di ricuperare e risolvere le controversie in modo pacifico. Sicché oggi
festeggiamo insieme e con gioia il giovane splendido eroe europeo Sinner che in
televisione abbiamo visto con sullo sfondo un edificio sulla cui facciata c’è
scritto: “Rathaus – Municipio” - Che bello!
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| Gandhi | 

Cattaneo 

Avevamo studiato la storia della
Svizzera, i Federalisti americani, altri studiosi e sostenitori del pensiero
federalista come, da noi, Cattaneo, Einaudi, Mario Albertini. Eravamo sempre più convinti che solo con un
approccio federalista si potevano tenere insieme popoli di storia e lingua
diversa ma con una base comune, che volevano conservare la propria identità ma
erano nella necessità di vivere insieme con istituzioni statali comuni. Il
nostro modello ideale era la Svizzera. L’incontro fu tra una piccola
delegazione di dirigenti politici sudafricani e una decina di ospiti. Il
discorso che ci fecero fu chiarissimo e rivelatore. Dissero: tra Sudafrica e
Milano ci sono numerosi e forti legami, Milano è per noi un punto di
riferimento. Per questo vogliamo illustrare direttamente a gruppi ristretti di
milanesi la situazione del Sudafrica e le sue prospettive. Faremo altri
incontri di questo tipo. Il Sudafrica, come è oggi, è avviato alla rovina e
alla più rovinosa guerra civile. Molti dirigenti sudafricani pensano che questa
deriva sia inevitabile e che non esistano altre prospettive. Noi pensiamo,
invece, che ci sia un’altra via. Vogliamo
la pacificazione del nostro popolo, sia dei bianchi che dei neri. Per questo
vogliamo archiviare l’apartheid, vogliamo liberare Mandela, vogliamo dar vita
ad un nuovo stato secondo le caratteristiche di un vero stato federale, dove
ogni gruppo etnico possa avere il suo spazio, la sua identità, la sua lingua
pur in un ordinamento istituzionale comune e federalista. Chiediamo la vostra
attenzione e, se possibile, simpatia. Siamo minoranza, ma pensiamo di crescere
rapidamente.
 Negli
anni successivi vedrò, passo dopo passo, realizzarsi nella realtà il film che
quei rappresentanti di quella coraggiosa e lucida minoranza sudafricana aveva,
quel giorno, raccontato a noi, per lo più increduli.
  

Don Milani 
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| Don Milani | 
 

 
 
 





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