CRISI DELL’ANTIFASCISMO
di
Franco Astengo
Patria,
Resistenza, Democrazia
L’antifascismo
è in crisi, stretto tra le difficoltà complessive della democrazia italiana, la
tendenza del sistema verso la personalizzazione autoritaria e – nell’attualità
- tra l’ambigua sentenza della Cassazione sul saluto romano e la pubblicazione
del calendario dell’Esercito (fortemente voluto dalla sottosegretaria Rauti)
nella negazione dell’8 settembre come punto di rottura nella continuità dello
Stato e - in sostanza – l’esaltazione della linea di “fedeltà alla Patria”
mantenuta dai repubblichini di Salò. Nel campo che si vorrebbe democratico
rispuntano posizioni giustificatrici come quella fatidica sui “Ragazzi di Salò”,
sui “gesti da valutare”, sulla “equiparazione dei morti”, ecc.
Si
possono comprendere volontà di non inasprire tensioni ma la verità è che appare
del tutto al di sotto del necessario la reazione antifascista a questo
difficile stato di cose appena descritto. Siamo di fronte a un problema di
carattere culturale e ad una questione di natura più propriamente politica.
Innanzi
tutto si ricorda troppo poco che l’Italia è stata una nazione sconfitta nella Seconda
guerra mondiale perché alleata del Paese che ha inventato e attuato la “Shoah”
che adesso molti ricorderanno in pompa magna. Ricordiamo troppo poco che
a salvare la possibilità dell’Italia di rimanere Patria tra le Nazioni è stata
la Resistenza Armata condotta dal CLN e dai partigiani: senza la Resistenza il
nostro Paese sarebbe stato considerato semplicemente occupato dagli Alleati
(semplifico, ma di questo si tratta anche se va considerata appieno il valore
della formazione di un governo unitario nel Regno del Sud e la scelta della
cobelligeranza).
Ricordiamo
troppo poco
che la Resistenza ebbe i suoi momenti più alti per l’operato del popolo e della
classe operaia: dalle Quattro Giornate di Napoli fino agli scioperi delle
grandi fabbriche del Nord, a novembre 1943 e a marzo 1944.
Si
aggancia così nella nostra memoria il filo rosso tra Resistenza e Costituzione:
ricordo non retorico e scontato ma da porre sempre in grande evidenza come
fatto non di semplice rivisitazione di una storia ormai antica.
Siamo
così giunti al fatto politico immediato: autonomia differenziata e premierato
rappresentano l’ennesimo assalto alla democrazia repubblicana e all’unità del
Paese (unità che andrebbe esaltata proprio nel momento in cui emergono priorità
come quella della pace e dell’assetto complessivo dell’Unione Europea). Non si
può regalare la democrazia repubblicana ad un nazionalismo pericolosamente di
ritorno che si prepara a fare il paio con l’obiettivo di far crescere
disuguaglianze territoriali che si tradurranno in veri e propri abissi sociali.
Questo implica - da subito - una reazione tale da riuscire a sventare gli
obiettivi di una destra che non è quella che si vorrebbe “normale” da
bipolarismo temperato. Si tratta di una destra feroce che azzanna i fondamenti
della nostra convivenza civile, economica, sociale e così va considerata fino
in fondo sul piano culturale e politico.