SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione
Sorprese
natalizie
Che
strana cosa è la vita e che sorprese ti riserva… Mai avrei potuto immaginare
che il giorno della vigilia di Natale, e a distanza di ben 36 anni, da Verona qualcuno
mi avrebbe inviato tramite WhatsApp due foto del quotidiano “L’Arena” con una
recensione ad un mio vecchio libro di racconti. La data in alto del giornale
riporta: Giovedì 24 settembre 1987. È in Terza Pagina dove si pubblicavano, di
regola, articoli culturali e recensioni a libri; un taglio basso su quattro
colonne con occhiello e titolo. A mandarmelo è stata Maria Spinelli, appassionata
e cultrice d’arte, da sempre nell’ambiente. A lei devo un magnifico incontro a
Verona assieme al compianto Arturo Schwarz. Ha accompagnato le foto del
giornale con queste parole: “Articolo de L’Arena trovato dietro un quadro di
Emilio Tadini la scorsa settimana. Un caro saluto e Auguri di Buone Feste”.
Alla mia richiesta di avere maggiori dettagli, Spinelli mi scrive: “Caro
Angelo, purtroppo l’articolo io l’ho potuto solo visionare. Era sul retro di un
quadro di un avvocato di Verona. Io l’ho solo visionato, in quanto dovrò fare
una stima di tutto e tutto il resto dell’opera. Quindi ti suggerisco di farti
una fotocopia. Comunque è stata una sorpresa anche per me…”.

La recensione su L'Arena
del 24 settembre 1987

del 24 settembre 1987
L’avvocato ha tenuto dietro il quadro la pagina del giornale per tutto questo tempo perché un lungo articolo, su quella stessa pagina, parla del pittore Tadini fotografato davanti ad un suo dipinto. Ignoro se sia proprio il dipinto in possesso dell’avvocato o uno diverso, ma il caso ha voluto che 36 anni dopo a vedere quella pagina e leggere il mio nome fosse questa amica veronese. La sua sensibilità e il suo affetto l’hanno indotta a fotografarla per mandarmi la recensione riprodotta, certa di farmi una gradita sorpresa. E così è stato.
Non prendevo
in mano quel libro da tantissimi anni, ma ora che sono andato a vederlo, mi
accorgo di aver scritto i venti racconti in un tempo molto contratto: dal
dicembre del 1981 al giugno del 1982. Se hanno dovuto aspettare cinque anni
prima che l’editore Bertani di Verona li pubblicasse, vuol dire che la temperie
degli anni Settanta aveva fatto il suo corso e certe cose negli anni Ottanta non
le si voleva sentire. Bertani stesso mi disse che aveva dovuto superare non
poche difficoltà in casa editrice perché la componente femminile lo riteneva un
libro “misogino”. Lo racconta lui stesso in una nota introduttiva. La sua
difesa de Il sigaro in bocca fu molto decisa e il libro dato alle stampe
con il sottotitolo redazionale: della trasgressione – racconti osceni. Ma
leggiamo direttamente le sue parole: “(…) per la giocosità della scrittura, ed
io aggiungo, in particolarmodo, per la sua immediatezza ilare che ci porta ad
una serie di riflessioni sul personale e sul politico che ormai i media cercano
di pilotare verso un conformismo sempre più partitico e ‘baudesco’…”. In quarta
di copertina si parla di racconti “libertari e libertini, irriverenti e anarchici,
strafottenti e blasfemi, realistici ed espressivi”, e ancora: “A volte
volutamente volgari, a volte delicatamente poetici, letterari e illetterari
insieme, finemente satirici e gustosi…”.

Il libretto con le recensioni
Quello che
posso ricordare, a distanza di tanti anni, è che il libro ebbe una marea di
recensioni e diede persino origine ad un libretto in cui furono raccolte molte
recensioni dai giudizi positivi. Ma ricordo anche la richiesta di sequestro
avanzata da un quotidiano, non so più se siciliano o veneto, il neologismo sporgaccione
e che in Germania volevano tradurre questo libro. Le vicende personali di
Bertani ne impedirono il successo anche commerciale. Piacque a molti
intellettuali, meno al poeta Franco Fortini che me lo scrisse in una lettera. Io
mi divertivo molto mentre scrivevo le storie, ridevo come un matto e più volte
mia moglie mi chiese se mi stesse dando di volta il cervello. Mi arrivarono
proposte di ogni genere, non solo di donne, ma di giornali erotici; non avevano
capito che si trattava di racconti sull’oscenità dei poteri, di tutti i poteri,
ed io non avrei mai sporcato la mia anima per danaro. Letto oggi, quel furore,
quella rabbia e quella irriverenza sarebbero oltremodo necessari visto come si
sono messe le cose. Certo, decontestualizzato dal sentire di quegli anni alcuni
passaggi possono provocare fastidio, ma a volte è necessario prendere il
lettore alla gola. Non c’è ipocrisia, e la frase di Joyce messa in apertura
chiarisce subito che non ci saranno sconti: “Non lasciare intoccata nessuna
verità”. Nessuna abiura, dunque, a distanza di 36 anni; e di anni io ne
avevo 30 quando li scrissi. Ma non sono uno stupido, e so che nessuno scrittore
serio può ritenersi completamente soddisfatto del proprio lavoro. Riconosco che
aveva ragione Valerio Riva quando sul Corriere della Sera segnalava certe intemperanze,
certi eccessi nel linguaggio; eccessi che hanno nuociuto ad alcuni racconti. Lo
dico oggi senza averli riletti. Le lodi eccessive sono deleterie, come le
critiche malevole.
