I LIBRI DI BORGNA
di
Gabriele Scaramuzza
J. H. Fragonard
Giovane che legge
Due
preziosi, snelli libri di Eugenio Borgna sono apparsi quest’anno; ed è già di
per sé miracoloso, data l’età dell’autore. Tuttavia non hanno età i
temi proposti, che ripercorrono in nuovi profili l’ampia disamina del mondo
letteralmente “estetico” (nel senso di sensibile-emotivo) cui Borgna ha
dedicato tutta la vita - nei modi più diversi, da professionale-psichiatrico a
teorico, da letterario a senz’altro poetico. Illustre esponente della
psichiatria fenomenologica, Borgna continua qui l’ampia fenomenologia delle
emozioni umane da tempo intrapresa, e che include la mitezza, la solitudine, la
fragilità, la follia, la gentilezza, la speranza e la disperazione, la
nostalgia, la tenerezza - emozioni tante volte neglette, o sottovalutate. Esse
costituiscono un quadro umano aggressivamente contrastato dalla
realtà dei tempi in cui viviamo; quadro che invece è
indispensabile tener vivo, per motivi morali, etico-politici, ampiamente umani.
La
scrittura di Borgna è come sempre duttile, avvolgente - terapeutica, nei modi
in cui l’autore intende la cura. Modi che certo includono l’uso della parola
anche nei suoi aspetti non “scientifici”. Il tema “affascinante e complesso”
del silenzio è affrontato da più punti di vista, e in diverse connessioni:
“nella sua vertiginose articolazioni tematiche e nelle sue infinite forme di
espressione”. Verso la fine scrive lo stesso Borgna: “questo mio libro […] ha
cercato di sciogliere gli snodi tematici complessi e sfuggenti del silenzio nel
corso della vita e della mia vita, e sulla scia di pensieri che venivano dal
cuore. La strada maestra di questo mio libro è stata tracciata dalla
psichiatria, certo, ma anche dalla poesia. Così noi viviamo, e di giorno in
giorno prendiamo commiato dalla vita, e non sempre ne riconosciamo i sentieri di
senso. La cosa più importante è quella di guardare al silenzio come ad una
esperienza che non sia mai estranea alla vita, e alla cura in psichiatria. Al
di là dei suoi molteplici aspetti, quello che unifica i diversi modi di essere
nel silenzio è la loro sorgente: quella della interiorità”.
Gli
scritti di Borgna sono stati da me per lo più recensiti su “Odissea”, e in
buona parte anche raccolti nei miei Smarrimento e scrittura e Passaggi.
So che Borgna conosce Massimo Camisasca, e in qualcosa, anche per certi sfondi
in senso lato religiosi (comunque assai diversi tra loro), i suoi scritti sono
da associare al saggio di Camisasca appunto, Il silenzio, pubblicato in
“Materiali di Estetica”, 10.2 (2023), pp. 339-349.
Se
religiosità è senso della trascendenza, in qualsiasi modo venga agito, sta
all’opposto di ogni fanatismo, dei fondamentalismi, delle guerre che purtroppo nella
storia delle religioni continuano ma non mancare. Il rifiuto di ogni violenza,
di ogni sopraffazione, non dovrebbe mai esserle estraneo.
Enrico
Berti, da me lontano negli anni di insegnamento a Padova, ma che ho sentito vicino
negli ultimi anni (come del resto Franco Chiereghin), ha scritto Le prove
dell’esistenza di Dio nella filosofia (Morcelliana, Brescia 2022). Ho
sempre diffidato di simili “prove”, più che altro si tratta di motivazioni, rilevanti
certo, ma non decisive; Berti se ne mostra cosciente. C’è un motivo comunque
che percorre l’esigenza di “prove”, ed è la coscienza del non bastare a sé
dell’esperienza, e l’inquietudine che ne deriva, e cerca di placarsi: Et
inquietum est cor nostrum donec requiescat in te.
Termini
riconducibili all’ansietà, all’irrequietudine, all’insoddisfazione percorrono
con insistenza le pagine di Borgna, e non solo in riferimento ai suoi pazienti:
insondabile, indicibile, arcano, speranza, sfuggente, nostalgia, silenzio, vertigine, fragilità, vulnerabilità, depressione, speranza… indicano tutte una carenza, e
anche l’urgenza di rispondervi. A un
trauma originario seguono i reiterati, affannosi tentativi, per mille vie, di
“ricomporre l’infranto”, e di reagire all’inquietudine che ne deriva. Al disfarsi
delle vite è
necessario far fronte, se si vuol sopravvivere.
Eugenio
Borgna
In
ascolto del silenzio
Einaudi,
2024 pp. 101, € 12
J. H. Fragonard Giovane che legge |
Mi ha grandemente coinvolto L’ora che non ha più sorelle, e non solo per la sua originalità (non ho letto molto sul peculiare suicidio femminile e sul tema della specifica “fragilità” che gli è annesso) e per il ritorno a mo’ di leitmotiv del silenzio e per le sottili venature “estetiche” che lo percorre. Ma anche perché Borgna dedica di fatto questo suo libro ad Antonia Pozzi - poetessa che ho amato e con cui mi sono, per quanto possibile, identificato. Estremamente significativo è che (tra i non pochi cui ha volto la sua sensibile attenzione) proprio lei sia al centro di questo ultimo (per ora) lavoro di Borgna; e che tenga conto di scritti su di lei quali quelli di Eugenio Montale e, in senso più approfondito e specifico, Graziella Bernabò. Leggiamo: “Una malinconia leopardiana ha accompagnato la breve vita di Antonia Pozzi, che moriva suicida a ventisei anni, scrivendo poesie, sommesse e arcane, fosforescenti e luminose, immerse nella grazia ferita e nel mistero del continuo desiderio di morire, che le sue relazioni, ogni volta franate, e incomprese, hanno concorso a realizzare”. “La sua testimonianza di vita e di morte ha nondimeno un grande indicibile valore psicologico e umano, e ci induce a meditare sul senso del vivere e del morire, e a ricercare le ragioni che mantengono aperto il cuore alla speranza anche nelle ore dolorose e oscure della vita”. E ancora: “Nelle poesie di Antonia Pozzi, anche in quelle divorate dal desiderio di suicidio, non mancano mai una fragile eterea dolcezza e una morente speranza”. Altrove Borgna dice di “parole gentili e tenere” che “si sono accompagnate al suicidio di Antonia Pozzi”. Atri nomi che ricorrono sono Antigone (via George Steiner), Virginia Woolf, Simone Weil, Amelia Rosselli; Margherita (di cui è riportata una poesia a mio parere molto “vera”), Emilia e Stefania (tutte e tre pazienti di Borgna). Ma non sono assenti nomi quali Paul Celan, Giacomo Leopardi e Cesare Pavese - di cui Borgna legge le ultime poesie con una profonda sensibilità, purtroppo spesso assente. Più volte sottolinea comunque le differenze di genere nei confronti del suicidio. Ci sono notazioni di Borgna che condivido profondamente: il suo “ripensare a quello che si sarebbe potuto fare, e non è stato fatto, al fine di evitare che dilagasse il deserto delle speranze”. “Una psichiatria che non sappia ascoltare e interpretare la disperazione e il silenzio di una persona che chieda aiuto non è psichiatria”. “Non saremmo vissuti invano, se siamo stati capaci di ascoltare le voci del dolore e della disperazione che fanno rivivere il suicidio”. “Nelle famiglie e nelle scuole si dovrebbe senza fine insegnar a essere gentili, come a essere capaci di tenerezza e di mitezza, che sono molto più importanti di quelle che sono le conoscenze tecnologiche”. E infine “Non dovremmo mai lasciarci trasportare dalle fretta e dalla impazienza, dalla smania di concludere e dalla leggerezza, ad aggredire il silenzio senza cercare di intenderne le motivazioni”.