Uccidiamo mezzo maiale!
di Paolo Maria Di Stefano
In fondo, prevedeva il futuro.
Come tutti si affannano a fare,
magari solo per dire che il futuro è imprevedibile.
Figuriamoci in questo caso!
Di tutte le previsioni possibili,
una è facile. Anzi, ovvia. Anzi, non è neppure previsione: una constatazione
anticipatoria. La sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito l’incostituzionalità
della legge Calderoli – quella che per ben tre volte ha regolato le
consultazioni politiche e l’elezione di deputati e senatori, una legge che,
come è noto, ha un nome preciso: porcellum, ed un’altrettanto precisa paternità
– si è rivelata lievito rapidissimo per la produzione di chiacchiere e bla bla
i più vari, gabellati per analisi.
E per proposte.
Una legge dal destino segnato fin
dall’inizio, nata dall’azione e dalla competenza di un dentista, tra l’altro
assolutamente di parte.
E dunque una prima
considerazione, che è anche una domanda. Perché un dentista può essere
legislatore, mentre un legislatore (magari anche laureato con lode in
giurisprudenza e abilitato all’esercizio della professione forense o a quella
notarile oppure che abbia superato l’esame di abilitazione all’esercizio della
magistratura) non può fare il dentista? Almeno in apparenza, la risposta è
ovvia: perché legislatori si diventa per una volontà popolare che prescinde
dalla preparazione culturale e professionale, mentre per diventare dentista
occorrono alcuni anni di studio, una laurea e – credo- un’abilitazione
all’esercizio della professione. Dopo di che, non è detto che il professionista
dentista sia bravo, ma almeno significa che il sistema ha fatto quanto poteva
perché lo fosse. Cosa del tutto esclusa per i Politici, a tutti i livelli: il
sistema si affida all’improvvisazione e nulla fa per evitare i danni che da
questa non possono non derivare.
E un’altra domanda mi urge: ma se
per diventar dentisti (o avvocati, o magistrati, o notai, o geometri o…)
occorre un esame di abilitazione alla professione, perché nulla è richiesto a
chi vuol fare il Politico? E anche in questo caso, forse la risposta è ovvia:
perché altrimenti si potrebbe configurare il reato di “esercizio abusivo della
professione di Politico”, con tanto di sanzioni.
E non si può pretendere che i
Politici prevedano qualcosa contro se stessi, legiferando in tema di
professionalità e di preparazione culturale: il masochismo è in sé un’azione
sotto molti aspetti illegale e comunque una malattia, e dunque da nessuno si
può pretendere che diventi masochista.
E così, gli esami e le
interpretazioni e le discussioni attorno alla sentenza della Corte
Costituzionale si disperdono e si confondono in migliaia di rivoli, tutti con
una qualche parvenza di verità, investendo tutti i settori dell’attività degli
uomini (e delle donne: se non si specifica, c’è persino il caso che qualcuno
disquisisca e condanni il maschilismo e la discriminazione di genere).
Rivoli che toccano tutte le
attività umane, anche il pensiero, e che da ognuna inducono a conclusioni.
Improbabili quanto si vuole, ma conclusioni e ulteriori fonti di
interpretazione e di distinguo.
Come ciascuno di noi avrà
occasione di notare per i prossimi mesi, e delle quali ciascuno di noi sarà
vittima nei prossimi anni, perché la futura legge elettorale sarà un
pastrocchio forse secondo solo a quello dell’ex IMU.
E si parlerà di tutto, meno che
di un argomento: la condanna dei responsabili di una legge truffa per il reato
di truffa, appunto, portato a termine con consapevolezza e quindi, se non dolo,
almeno con colpa grave, e per esercizio abusivo della professione di
legislatore, e per incompetenza. Sanzione: l’esclusione perpetua dai pubblici
uffici e dall’attività politica.
II
Che vogliamo fare? L’indecisione
come la confusione regnano incontrastate, a partire dall’inutilissima questione
della legittimità a legiferare da parte dell’attuale Parlamento.
Ancora una volta, in merito al nuovo
sistema elettorale si blatera di tutto.
Tranne che di un argomento, che
pure avrebbe a mio parere la capacità di tagliare la testa al toro, e sul quale
mi accorgo di esser tornato a più riprese: perché non proporre all’elettorato
vere e proprie e affidabili pianificazioni di gestione degli scambi nei quali l’attività
di uno Stato si invera?
Forse perché il legislatore non
sa pianificare? Certo che, a giudicare da quanto è accaduto e continua
pervicacemente ad accadere, il significato del verbo “pianificare” sembra
sconosciuto ai più. Intanto, perché i più non hanno la benché minima contezza
che la pianificazione deve riguardare tutti e ciascuno gli elementi costitutivi
di uno scambio efficace, e dunque la produzione del bene o del servizio oggetto
dello scambio; la comunicazione delle caratteristiche del prodotto stesso; la
sua apprensibilità.
Poi, perché il legislatore
italiano sembra non avere alcuna conoscenza della metodologia necessaria per
indicare le priorità degli scambi da pianificare. E pensare che si tratta, a
ben guardare, soltanto di applicare – eventualmente modificandola ed
adattandola- quella scala dei bisogni di cui è autore Maslow: alla base, i
bisogni relativi alla sopravvivenza e poi, in successione, quelli relativi alla
sicurezza, all’accettazione, all’affermazione e, infine, all’autorealizzazione.
Di chi? Della comunità chiamata
Stato, innanzitutto;
Come? Attraverso la soddisfazione
dei bisogni che gli sono propri sia direttamente che in via mediata,
soddisfacendo i bisogni dei singoli;
Perché? Perché lo Stato in tanto
ha ragione di esistere in quanto “si occupa” dei cittadini, e questo fa proprio
conoscendone i bisogni e assumendoli – bilanciandoli e trasformandoli – come
propri; scambiando che cosa? I beni ed i servizi che lo Stato direttamente o
indirettamente produce, comunica e distribuisce;
Quando? Oggi e, soprattutto (a
mio parere) domani;
Dove? Sul territorio nazionale e
dovunque lo Stato ravvisi un suo proprio interesse ad esser presente.
Poi ancora, perché i Partiti ed i
Movimenti – certamente in Italia, ma forse anche in altri Paesi – non
dispongono di un “disegno dello Stato” e di conseguenza di una vita attuale e
prospettica di questo che è “persona” a tutti gli effetti.
Comunque a me sembra possibile,
non ostante tutto, strutturare un sistema che dia ai cittadini la possibilità
di “approvare” con il voto pianificazioni di gestione, e dunque attività di cui
sono chiari gli oggetti, i tempi, i luoghi, i soggetti e i costi.
Può darsi che il corpo elettorale
non comprenda, cosa più che possibile probabile, se la decadenza culturale di
cui si parla è una realtà. Ebbene, i Partiti (e tutti gli altri raggruppamenti
che intervengono in Politica) esistono o dovrebbero esistere anche per questo,
per “formare” un corpo elettorale consapevole non soltanto delle pianificazioni
proposte, ma anche e soprattutto del valore della loro approvazione, che
significa possibilità di controllare in ogni momento quanto accade.
Un dubbio: che sia proprio per
evitare questa possibilità di controllo che i Politici sembrano non aver neppure
pensato alle pianificazioni di gestione degli scambi di cui essi chiedono di
essere soggetti attivi?
E neppure, ovviamente, delle
leggi che sono chiamati a fare non perché componenti di un Parlamento sovrano,
ma in quanto a ciò delegati dai cittadini, i quali sono i soli depositari della
sovranità, che il Parlamento si deve limitare ad esercitare nell’ambito e con i
limiti descritti dalla Costituzione.