Stojan Spetic |
Quanto la tragedia delle Foibe divida ancora buona
parte della società italiana, lo mostrano questa lettera dell’ex senatore
Spetic al presidente della Repubblica, e il testo poetico di Pierfranco Bruni
in questa stessa pagina. Le dittature, tutte le dittature, e le guerre, tutte
le guerre, non producono che odi e stermini. Dovremmo prenderne coscienza al
più presto, e senza giustificazioni di sorta.
Lettera di Stojan Spetic*
al Presidente della Repubblica Mattarella
Passata
la “giornata dell’odio” di orwelliana memoria verrebbe la voglia di chiudersi
in casa e lasciar decantare i rancori e la rabbia per le strumentalizzazioni e
le falsità dichiarate in quest’occasione.
Il 6 agosto del lontano 1989 accompagnai il giovane Gianni Cuperlo, segretario della FGCI, in un suo pellegrinaggio pacifista e contro la violenza delle guerre partito dall’isola quarnerina di Arbe, dove in un campo di concentramento italiano morirono a migliaia, anche neonati, per poi continuare al Pozzo della miniera di Basovizza, cenotafio in ricordo delle foibe, e finire nella Risiera di san Saba, unico campo di sterminio con forno crematorio in territorio italiano, ancorché ceduto dai fascisti al III Reich di Hitler. In quell’occasione venne ribadito il no alla violenza cieca che a volte colpì anche qualche innocente.
Il 6 agosto del lontano 1989 accompagnai il giovane Gianni Cuperlo, segretario della FGCI, in un suo pellegrinaggio pacifista e contro la violenza delle guerre partito dall’isola quarnerina di Arbe, dove in un campo di concentramento italiano morirono a migliaia, anche neonati, per poi continuare al Pozzo della miniera di Basovizza, cenotafio in ricordo delle foibe, e finire nella Risiera di san Saba, unico campo di sterminio con forno crematorio in territorio italiano, ancorché ceduto dai fascisti al III Reich di Hitler. In quell’occasione venne ribadito il no alla violenza cieca che a volte colpì anche qualche innocente.
Ci furono polemiche ed
iniziative discutibili. Ne seguì, dopo la dissoluzione della federazione
jugoslava, la costituzione della commissione mista italo-slovena che preparò un
rapporto storico sulle vicende del confine orientale ma che l’Italia
inaspettatamente non volle pubblicare. Era nel frattempo iniziato il periodo
del revisionismo storico e della parziale riabilitazione dei “ragazzi di Salò”.
Poi si istituì per legge la Giornata del Ricordo, sostanziale contrappeso alla Giornata della Memoria, ridotta a semplice occasione per qualche sbrigativa cerimonia. Ormai da quindici anni subiamo ripetuti tentativi di fomentare l’odio contro i popoli vicini con accuse di “pulizia etnica” ed uccisioni di massa di persone “colpevoli soltanto di essere italiani”.
A questo coro Lei ha aggiunto la sua autorevole voce. Ma è proprio così? Il fascismo non c’entra? Era solo odio etnico? Mi permetta di segnalarle alcuni fatti incontrovertibili.
Poi si istituì per legge la Giornata del Ricordo, sostanziale contrappeso alla Giornata della Memoria, ridotta a semplice occasione per qualche sbrigativa cerimonia. Ormai da quindici anni subiamo ripetuti tentativi di fomentare l’odio contro i popoli vicini con accuse di “pulizia etnica” ed uccisioni di massa di persone “colpevoli soltanto di essere italiani”.
A questo coro Lei ha aggiunto la sua autorevole voce. Ma è proprio così? Il fascismo non c’entra? Era solo odio etnico? Mi permetta di segnalarle alcuni fatti incontrovertibili.
L’Italia
fascista ha aggredito la Jugoslavia annettendosi la provincia di Lubiana, trasformata
in una prigione a cielo aperto circondata da filo spinato. Nelle sue fosse
ardeatine (Gramozna jama) l’esercito italiano fucilò in un solo mese più di
cento ostaggi. In tutta la Slovenia ci furono stragi e fucilazioni
indiscriminate di civili. Si legga la testimonianza del curato militare Pietro
Brugnoli “Santa messa per i miei fucilati”.
In
Montenegro fu peggio. Ma li decine di migliaia di soldati italiani decisero
dopo l’armistizio di unirsi ai partigiani di Tito formando la divisione
Garibaldi. Alle migliaia di caduti garibaldini venne eretto un monumento al
quale solo il presidente Sandro Pertini rese omaggio.
In Istria la caduta del fascismo e l’arresto di Mussolini il 26 luglio 1943 provocarono una sollevazione dei contadini oppressi e dei minatori di Arsia. Vi furono uccisioni indiscriminate di possidenti terrieri, funzionari dello Stato, gabellieri ed esponenti fascisti, anche qualche vendetta personale. Furono infoibate alcune centinaia di persone.
In Istria la caduta del fascismo e l’arresto di Mussolini il 26 luglio 1943 provocarono una sollevazione dei contadini oppressi e dei minatori di Arsia. Vi furono uccisioni indiscriminate di possidenti terrieri, funzionari dello Stato, gabellieri ed esponenti fascisti, anche qualche vendetta personale. Furono infoibate alcune centinaia di persone.
Intanto
i gerarchi fascisti sfuggiti alla “jaquerie” chiamarono da Trieste le truppe
naziste. Per paura dei possibili delatori le uccisioni aumentarono.
Complessivamente furono 400-500 in totale gli uccisi riesumati.
Ma
i partigiani nel frattempo avevano anche salvato molte vite italiane. Pochi ne parlano,
ma i partigiani sloveni, croati ed italiani fermarono a Pisino un treno
bestiame pieno di soldati italiani diretto nei lager in Germania. Furono
liberati, circa 600, e vestiti dalla popolazione con abiti civili affinché
potessero raggiungere le loro case. Lo stesso successe in tutta la penisola
istriana.
Poi
arrivarono i tedeschi chiamati dai fascisti locali. La “Prinz Eugen Division”
bruciò una ventina di paesi ed uccise 2500 persone. Mio padre, partigiano in
Istria, venne ferito e curato dalla famiglia di colui che poi divenne il primo
ambasciatore croato a Roma.
Nel
maggio del ’45 le truppe jugoslave della IV Armata dalmata e del IX Korpus
locale aiutarono i battaglioni di Unità operaia, lavoratori armati delle
principali fabbriche e dei cantieri, a liberare Trieste assieme agli alleati
neozelandesi. In quell’occasione alcune migliaia di persone vennero fermate per
accertamenti. Gli elenchi erano stati evidentemente preparati dalla Resistenza
locale. La gran parte venne rilasciata, mentre alcune centinaia accusate di
vari crimini vennero passate per le armi. Nelle foibe del Carso triestino
vennero inumati anche moltissimi soldati tedeschi caduti nelle battaglie
attorno la città e che in seguito furono recuperati e trasportati al cimitero
militare di Costermanno.
Sia
a Trieste che a Gorizia vi furono, nella resa dei conti, anche vittime
innocenti tra cui persino aderenti ai CLN italiani. Così come vi furono
uccisioni da parte di criminali comuni che si fecero passare per partigiani.
Scoperti vennero poi giustiziati dagli stessi jugoslavi.
È vero. La fine della guerra in tutt’Europa vide momenti di atrocità e di vendetta, ma non si può parlare di pulizia etnica o di uccisi “soltanto perché italiani”.
È vero. La fine della guerra in tutt’Europa vide momenti di atrocità e di vendetta, ma non si può parlare di pulizia etnica o di uccisi “soltanto perché italiani”.
È
inutile parlare di pace ed Europa se poi la complessità storica viene ridotta a
semplificazioni spesso funzionali alla progressiva riabilitazione del fascismo
ed attraverso questa dei suoi nuovi fenomeni razzisti, nazionalisti e
revanscisti.
Io condanno le violenze gratuite e lo spirito di vendetta che si cerca di rinnovare in questi momenti difficili in cui il continente europeo è attraversato da rigurgiti pericolosi quanto antistorici.
Io condanno le violenze gratuite e lo spirito di vendetta che si cerca di rinnovare in questi momenti difficili in cui il continente europeo è attraversato da rigurgiti pericolosi quanto antistorici.
Mi
permetta, Signor Presidente, di osservare che le sue parole non aiutano
certamente la collaborazione tra i popoli del Nord Adriatico, né la
conciliazione che può rafforzarsi soltanto nel ricordo della comune lotta
contro il nazifascismo e per la libertà. Vicino a Fiume operò un battaglione di
partigiani italiani, croati e sloveni che significativamente si chiamava “Fratellanza”.
Vicino c’è il paese di Lipa dove tedeschi e fascisti uccisero, come a Sant’Anna
di Stazzema, tutti gli abitanti, circa trecento, bambini compresi.
Non
le chiedo di recarsi a Lipa o alle fosse ardeatine di Lubiana, e nemmeno
all’isola quarnerina di Arbe. Per capire meglio la storia del confine orientale
basterebbe che Lei visitasse il cimitero di Gorizia, dove giace Lojze Bratuž,
mite cattolico e musicista, che nel 1936 a Podgora diresse canti in lingua
slovena durante la messa natalizia. Due giorni dopo i fascisti gli fecero bere
olio di macchina mescolato con benzina e frammenti di vetro per cui morì dopo
un’atroce agonia durata settimane. Lasciò due bambini e la moglie, nota
poetessa, che durante la guerra venne sadicamente torturata dai poliziotti
dell’ispettorato speciale di PPSS diretto dal commissario Gaetano Collotti,
giustiziato dai partigiani veneti e poi decorato dalla Repubblica Italiana con
medaglia d’argento per i “meriti acquisiti nella difesa dell’italianità del
confine orientale”. L’on. Corrado Belci cercò inutilmente di farla revocare. La
decorazione è ancora valida come quella al carabiniere che a Trieste uccise una
ragazza, la staffetta partigiana Alma Vivoda. In compenso nessun riconoscimento
andò al maresciallo dei carabinieri del comune di Dolina, vicino a Trieste, che
durante un rastrellamento tedesco si rifiutò di indicare le famiglie di
sentimenti partigiani. Venne caricato per primo sul camion che lo portò in
Germania, da dove non fece ritorno. Venne respinta persino la proposta di
intitolargli la locale caserma dell’Arma…
Vede,
Signor Presidente, la legge istitutiva del Giorno del Ricordo fissa la data del
10 febbraio che invece dovrebbe essere una festa per ricordare la firma del
Trattato di pace a Parigi nel 1947 quando 21 paesi della vittoriosa alleanza
antifascista riconobbero, grazie alla Resistenza che la riscattò, l’Italia come
paese cobelligerante e quindi parte della comunità dei paesi democratici e
civili, mentre la Germania e l’Austria vennero divise in zone di occupazione
militare. L’Italia perse i territori conquistati nella Grande guerra. Nei due
paesi rimasero minoranze slovena ed italiana.
L’esodo
degli italiani dall’Istria venne regolato anch’esso dal Trattato di pace. Fu
comunque una tragedia per molti, come lo fu per gli sloveni ed i croati che nel
primo dopoguerra dovettero emigrare per salvarsi la vita dalla violenza
iniziata già coll’incendio della Casa nazionale degli sloveni a Trieste nel
luglio 1920 cui seguì una dura repressione fascista.
La
pace ed il riconoscimento dei rispettivi confini col Trattato di Osimo del 1975
gettarono le basi per una convivenza pacifica e la collaborazione in tutti i
settori dell’economia, della scienza e della cultura con prospettive di
sviluppo inattese, che il rivangare dei sentimenti di revanscismo e di odio
possono inficiare.
Spero
di averla fatta riflettere.
Ossequi.
Ossequi.
[*già
senatore del PCI]