di Claudio Zanini
10 febbraio, il giorno del ricordo mutilato.
Giusto e doveroso non
dimenticare le nostre vittime degli eccidi delle foibe titine e del tragico
esodo imposto alle popolazioni italiane negli anni 1943/45; tuttavia, sarebbe altrettanto
doveroso ricordare che tali efferate vicende sono l’atroce conseguenza, della
precedente e più che ventennale occupazione fascista dell’Istria, della Croazia
e della Dalmazia, in seguito alla Prima Guerra Mondiale. (Trattato di Rapallo, 1920).
“Di fronte ad
una razza inferiore e barbara come la slava…non si deve seguire la politica che
dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il
Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000
slavi barbari a 50.000 italiani” (Mussolini, 1920).
Occupazione, questa - iniziata con il divieto di parlare
la propria lingua, l’incendio di scuole croate e slovene e delle Case del
Popolo (per esempio la Casa della Cultura Slovena a Trieste) - che continua in quella
successiva dell’ex-Jugoslavia da parte dei nazifascisti dal 1941 al ’43. Occupazioni
militari che furono caratterizzate da discriminazione razziale, internamento in
campi di concentramento (Gonars, Rab, Molat, ecc.), brutale pulizia etnica ed
efferati genocidi a danno dei civili.
I responsabili, tra cui spiccano l’Alto Commissario
Grazioli, i generali assassini Roatta, Orlando, Robotti (che rimproverava i
suoi soldati che “si ammazza troppo poco”), e altri criminali di guerra, rimasero
impuniti. In Germania ci fu Norimberga, da noi “l’armadio della vergogna” rivolto
verso il muro (con la documentazione degli eccidi tenuta nascosta fino a pochi
anni fa). Doveroso, dunque, informarsi. Ci
sono ottimi libri di storici ben documentati. Consiglio di leggere, per esempio
“Italiani brava gente” di Angelo Del
Boca (sui crimini fascisti anche in Africa) e il romanzo di Boris Pahor Necropoli. Quindi, evitare rimozioni,
farsi un esame di coscienza, fare i conti con il “nostro” passato prima di
giudicare quello degli altri.