MODENA E PERUGIA
di
Romano Rinaldi
Veduta di Modena
Due
città a confronto.
Manco
dalla mia città da molti anni ormai ma il primo quarto di secolo trascorso a
Modena mi ha lasciato tracce che non sbiadiscono, nonostante tutti gli altri
colori, suoni e sapori che si sono sovrapposti fino al terzo quarto del primo
secolo della mia vita. Tralasciando tutte le altre città, italiane ed estere,
in cui ho vissuto nel frattempo, spesso mi trovo a fare confronti tra Modena e
Perugia, dove vivo ormai da 32 anni. La prima sensazione che contraddistingue e
rende assai diverse queste due città sta nelle caratteristiche orografiche.
Modena è una delle città più piatte che si possano immaginare, tanto che da
ragazzo, quando volevo dare un po’ di lena ai miei muscoli irrequieti, facevo
in bicicletta una corsa in pianura fino a Maranello, per poi cimentarmi in
qualche bella salita fin su a Serramazzoni e provare finalmente l’ebbrezza
della discesa a velocità che oggi non azzarderei ad eguagliare in automobile. Molti
anni dopo, quando arrivai a Perugia con moglie e figlie, barattai la mia bici
da corsa per una “mountain bike”, di moda a quel tempo. Ben presto però dovetti
desistere perché le ripide salite e le contorsioni delle strade di città mi
fecero capire che rischiavo la salute e l’incolumità, ansimando tanto
intensamente in mezzo al traffico che era, per giunta, totalmente irrispettoso
delle due ruote.
Veduta di Modena |
La facciata del Duomo
Modena fu
abitata in epoche molto antiche, fino dal paleolitico. Molto più tardi, nell’Età
del Bronzo, ci furono insediamenti palafitticoli. Vanno sotto il nome di “Terramare”
non perché, come potrebbe sembrare, ci scorresse sotto l’acqua e tantomeno
l’acqua del mare. È un nome attribuito ai primi ritrovamenti di questi siti, caratterizzati
da accumuli di terre con caratteristiche peculiari, scure (amare) e ricche di
detriti spesso indecifrabili, a volte contenenti abbondanti reperti in
terracotta e bronzo risalenti ad epoche comprese tra il XX e il XIII secolo
a.C. Le palafitte offrivano molti vantaggi, erano infatti sospese sul livello
del suolo che poteva di tanto in tanto essere invaso dall’acqua delle alluvioni
e offrivano un ampio spazio sottostante in cui disfarsi di tutti gli scarti
della vita domestica e dell’insediamento produttivo, che venivano così dispersi
dall’acqua, mantenendo una discreta pulizia nell’ambiente vissuto. Insomma un
primo esempio di utilizzo razionale del territorio e sue risorse. Le lavorazioni
ceramiche e metallurgiche avevano già raggiunto una notevole specializzazione e
questi insediamenti possono quindi essere considerati gli antesignani dei
distretti artigianali ceramici e meccanici che caratterizzano tutt’ora l’area
di Modena.
La città fu poi insediamento
romano fortificato (Mutina) e centro molto attivo nel medioevo, di cui conserva
opere monumentali di gran pregio, quali il Duomo e la torre Ghirlandina. In
epoca più recente fu sede del ducato Estense di Modena, Parma e Reggio di cui
conserva l’impianto urbanistico fondamentale e il palazzo Ducale, una vera
reggia di città, ora Accademia Militare dell’Esercito.
Piazza Grande colta dall'alto
Più che le
tradizioni tramandate da questa illustre origine, la caratteristica di essere
una città di pianura, a mio avviso ha giocato un ruolo fondamentale per
forgiare il carattere dei suoi abitanti. Si tratta di un misto di orgogliosa
appartenenza e contemporanea apertura verso quanto può venire da fuori per
migliorare il proprio status. In pratica, essendo una città non difendibile
dalle incursioni ed essendo posta al crocevia di strade che si incontrano in
una sorta di Y rovesciata con la direzione Nord che punta direttamente al
Brennero e le due diramazioni verso Sud che puntano nelle direzioni delle due
coste a Est ed Ovest della penisola, è inevitabilmente divenuta crocevia di
culture e facile preda di invasioni. Da queste ultime, piuttosto che una
passiva sottomissione, ha operato una selezione, utilizzando il meglio
dell’invasore per trarne profitto, pur mantenendo la propria identità. Non mi
spiego altrimenti la tranquilla accettazione di persone con diversi accenti o
persino lingue estere, alle quali il tipico modenese si rivolge semplicemente
parlando dell’argomento in questione, sia questo una indicazione stradale,
l’acquisto in un negozio o un commento sui fatti del giorno. Magari intercalando
all’italiano qualche espressione dialettale con accentuate tonalità teutoniche.
Modena città di Pianura
Quando la
stessa situazione si presenta a Perugia, prima di qualsiasi risposta a tono,
l’interlocutore, accortosi della diversità dell’accento, si informa
immediatamente sulla provenienza del “forestiero”, quando non lo chiami
addirittura “straniero”. Al che la mia immancabile risposta è: “ma certo, vengo
da Città di Castello”, e questo viene accettato, il più delle volte, come una
possibilità. In effetti il tifernate ha una inflessione vagamente romagnola e
questo mi salva dall’essere considerato a tutti gli effetti uno straniero! A
questa malcelata curiosità che il più delle volte nasconde diffidenza, io
attribuisco un’origine dalla città fortificata, posta su un colle impervio e
con mura tutt’ora ben salde a partire dai bastioni etruschi, rinforzati dal rifacimento
romano, con l’aggiunta della bella porta di
Augusto (detta Arco Etrusco) e tutta la cerchia successiva di mura medievali.
Perugia. Palazzo dei Priori Fontana Maggiore |
Perugia. Via dell'Acquedotto
Quando arrivai a Perugia, il collega e caro
amico che venivo a sostituire per trasferimento reciproco, mi accompagnò in una
passeggiata dalla sede dell’Ateneo a Palazzo Murena, su in città attraverso
l’Arco Etrusco e la via Maestà delle Volte fino alla Fontana Maggiore posta tra
la Cattedrale e il Palazzo dei Priori. Una breve visita alla Sala dei Notari
decorata con affreschi cavallereschi e le insegne delle famiglie che avevano
governato la Città e poi giù di nuovo ma stavolta prendendo la scorciatoia
sulla via dell’Acquedotto, passando sopra i tetti delle case del quartiere
universitario. Una passeggiata che ho ripetuto tante volte quando avevo bisogno
di distogliermi dal problema che pareva insolubile e tornare poi a tavolino a
mente fresca e pronta a trovare la soluzione. Infatti Perugia, col suo sviluppo
tridimensionale, può offrire ispirazione e allenamento per la cristallografia
strutturale dovendosi orientare tra i diversi piani dell’intrigo di strade e
sottopassi che uniscono i vari livelli su cui è costruita la città. Però, se si
sbaglia il “gruppo spaziale”, si finisce irrimediabilmente fuori strada!
Perugia e i suoi vicoli
Delle mura
di Modena rimane invece da secoli solamente la traccia pentagonale nelle strade
dei viali alberati che circondano il centro cittadino e quella che era un tempo
la cittadella fortificata fu spianata in tempi antichi, prima di ospitare un
ippodromo e più recentemente un parcheggio di prossimità. La leggenda che
ricorda il miracolo del Santo protettore (San Geminiano) vuole che la città fosse
salvata dall’invasione (e distruzione) da parte delle orde di Attila, dalla
fitta nebbia propiziata dal Santo. Avvolta nella nebbia, la città fu resa
invisibile all’esercito che la attraversò senza accorgersene e se ne andò per
la sua strada. È chiaro che molte altre campagne militari non furono intraprese
in pieno inverno…!
Splendido vicolo di Modena
Riguardo
la nebbia nutro un particolare affettuoso ricordo. La sensazione di
appartenenza alla mia città nelle mattine di nebbia fitta quando, per recarmi a
scuola dall’altra parte del centro sceglievo strade diverse ogni giorno sfidando
me stesso a non perdere l’orientamento, facendomi guidare dai dettagli degli
spigoli di case e palazzi che via via incontravo e riconoscevo, o più
semplicemente seguendo la mappa bidimensionale della città che avevo bene
impressa nella mia mente. Fino ad arrivare sul viale del Liceo che mi appariva già
a qualche distanza per una sua luce particolare proveniente da terra. Una luce
surreale, diffusa dalle gialle foglie di ginko che ne tappezzavano i
marciapiedi l’autunno. Percorrevo così gli ultimi 2-300 metri su una sorta di
tappeto luminoso che nella nebbia creava un indimenticabile effetto, quasi un
palcoscenico coi riflettori all’incontrario.
ALBUM
Modena. Il Duomo in un tondo dall'album di disegno di Wally Franchi |
Perugia. Veduta della città sulla rocca |
Perugia. Scorcio dell'acquedotto |
Escher. "Concavo e convesso" Vita di città |
Perugia. Maestà delle Volte |
Perugia. Sotterranei della Rocca Paolina |
Perugia Bastioni con l'Arco Etrusco |