ALESSANDRIA ELEGANTE E DISCRETA
di
Laura Margherita Volante
La Cattedrale
Nata
e cresciuta ad Alessandria, ricordo la mia città come luogo della sobrietà
elegante e discreta, come il luogo dell’amicizia affabile senza tante
smancerie, ma dell’esserci con i fatti più che con le parole. L’alessandrino afferma
che “le persone devono arrivarci da sole…, che non si sta in paradiso a
dispetto dei santi”, che “le regole sono dentro e non fuori”, ecc.
Queste poche frasi evidenziano uno spirito umano dove rispetto e dignità fanno
la differenza per un vivere civile di educazione e di armonia, dove l’altro
detiene un posto secondo il proprio ruolo di persona. Il senso del pudore dei
sentimenti non si lascia travolgere da stati emotivi che ne offuschino la
qualità umana. Città il cui popolo per tradizione operoso ha tracciato un
percorso industriale in vari settori della società, dagli zuccherifici – le cui
barbabietole emanavano per il loro periodo di raccolta un odore non gradevole –
ai cementifici fino ad arrivare alla produzione di sete e all’arte orafa, ma
non solo. Popolo lavoratore e concreto che non disdegna la buona tavola, la
bellezza dell’arte della cultura e della parola: introverso e riflessivo
manifesta in molti campi genialità unita alla tenacia e alla determinazione. Sono
nata nel sud fra lo scorrere di due fiumi. Il Tanaro e il Bormida, per gli
Alessandrini la Bormida.
Le mie
radici si bagnano di lacrime per la terra amata piena di dolci ricordi. Ricordo
la mia città fra piazze e strade larghe, il Duomo, l’Orologio della Libertà e quello
fiorito ai giardini del parco davanti la stazione. Le Quattro stagioni dipinte
dai maestri del tempo, incantano i suoi giardini e la fontana di piazza
Matteotti, chiamata ancora piazza Genova sotto lo sguardo dell’Arco di Trionfo,
che si erge davanti a via Dante. Ho ancora la visione della Cittadella di
Alessandria, una delle più grandiose fortificazioni europee, candidata nella
lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Da bambina sul seggiolino
della bicicletta, portata da mio padre, per andare nel circolo sportivo della
Saves, passavo davanti ai Bastioni della Cittadella, mentre miei occhi ignari
si riempivano di meraviglia davanti a quel monumento, che appariva
d’improvviso, appena girata la curva della strada. Provavo un senso di piccolezza
importante.
Un’emozione rassicurante, era sempre lì e sempre lì la ritrovavo.
Oggi conosco la storia di questo perfetto esempio di fortificazione moderna,
sulla sinistra del fiume Tanaro, fortezza di primo rango, funzionale allo sbarramento
dei transiti militari della “Strada di Fiandra, tra le meglio conservate in
Italia. Fu costruita dai Savoia e il 10 marzo del 1821 fu innalzato il vessillo
tricolore. Si fanno spazio nella mente la nebbia, la neve e poi le zanzare che
scandivano le stagioni del tempo, breve tra le tue braccia e i tuoi vicoli,
dove ancora sento il profumo del pane fare eco nell’anima. Quella nebbia
attraversata, in fretta di tornare nel tepore della casa, accanto a ombre
sconosciute. Non avevo paura, perché era una nebbia tranquilla, che sapeva di buono. Ricordo la neve sui marciapiedi davanti
casa spalata dai suoi cittadini, segno di civiltà, ai bordi delle vie, e noi
bambini che giocavamo con le palle di neve, per poi mangiarla per il suo fresco
candore. Ho ancora nelle narici il profumo dei mandorli in fiore e la nostalgia
delle merende sui prati cercando il quadrifoglio o fingendo di averlo trovato, dividendo
un petalo gridando: eccolo!
E che dire della stagione più calda, l’estate
bruciante, assolata e piena di zanzare e le ciabattate sul muro. Mi sovviene
l’arrivo dell’autunno, tipico del suo naturale carattere malinconico, fra i ricci
delle castagne, noci e nocciole, mentre il profumo dei muschi attirava i
cercatori di funghi alla ricerca del porcino più grande, per mostrarlo agli
amici, come una coppa. Il silenzio dignitoso e raccolto dell’anima della mia
terra è canto di partigiani e parole cantate da Paolo Conte. Essa è il mito,
con “L’Airone”, Coppi su due ruote e “Il tocco di velluto” di Rivera, che fin
da bambino giocava nei Grigi, per diventare il campione raffinato del pallone.
Il numero uno! Alessandria è storia, letteratura e poesia, dove fa Eco Umberto
con “Il nome di una Rosa, e la voce poetica di Cesare Pavese con Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi, e Lavorare stanca a Santo
Stefano Belbo, ai margini delle Langhe, nel triangolo del cuore piemontese, fra
Cuneo, Alessandria e Asti, i cui confini si fondono e confondono nel
Monferrato. E che dire avendo ancora negli occhi il colore dei vigneti, il cui
rossore è la timida passione dell’alessandrino, ripiegato nel suo silenzioso
pudore.
Alessandria la bella città del sud dalle forme sinuose, che nel suo
ventre ha portato i geni modesti dei grandi, io la porto nel cuore. Alessandria
è il dovere laborioso a schiena china per il raccolto dei campi, ma a testa
alta e fiera dei braccianti di Pellizza da Volpedo. Questa è la mia terra! O
Alessandria che mi prendi per mano, fin dalla mia infanzia e giovinezza, scorse
fra le vigne del Monferrato e i colori delle Langhe e per i vicoli segreti e
discreti verso Piazzetta Santa Lucia e le bancarelle dei leccabon in onore della Santa, protettrice degli occhi. Questa è la
terra dove sono nata, nel sud fra due fiumi, incisa nella mia anima.
ALBUM
La Cattedrale |
Nata
e cresciuta ad Alessandria, ricordo la mia città come luogo della sobrietà
elegante e discreta, come il luogo dell’amicizia affabile senza tante
smancerie, ma dell’esserci con i fatti più che con le parole. L’alessandrino afferma
che “le persone devono arrivarci da sole…, che non si sta in paradiso a
dispetto dei santi”, che “le regole sono dentro e non fuori”, ecc.
Queste poche frasi evidenziano uno spirito umano dove rispetto e dignità fanno
la differenza per un vivere civile di educazione e di armonia, dove l’altro
detiene un posto secondo il proprio ruolo di persona. Il senso del pudore dei
sentimenti non si lascia travolgere da stati emotivi che ne offuschino la
qualità umana. Città il cui popolo per tradizione operoso ha tracciato un
percorso industriale in vari settori della società, dagli zuccherifici – le cui
barbabietole emanavano per il loro periodo di raccolta un odore non gradevole –
ai cementifici fino ad arrivare alla produzione di sete e all’arte orafa, ma
non solo. Popolo lavoratore e concreto che non disdegna la buona tavola, la
bellezza dell’arte della cultura e della parola: introverso e riflessivo
manifesta in molti campi genialità unita alla tenacia e alla determinazione. Sono
nata nel sud fra lo scorrere di due fiumi. Il Tanaro e il Bormida, per gli
Alessandrini la Bormida.
Le mie
radici si bagnano di lacrime per la terra amata piena di dolci ricordi. Ricordo
la mia città fra piazze e strade larghe, il Duomo, l’Orologio della Libertà e quello
fiorito ai giardini del parco davanti la stazione. Le Quattro stagioni dipinte
dai maestri del tempo, incantano i suoi giardini e la fontana di piazza
Matteotti, chiamata ancora piazza Genova sotto lo sguardo dell’Arco di Trionfo,
che si erge davanti a via Dante. Ho ancora la visione della Cittadella di
Alessandria, una delle più grandiose fortificazioni europee, candidata nella
lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Da bambina sul seggiolino
della bicicletta, portata da mio padre, per andare nel circolo sportivo della
Saves, passavo davanti ai Bastioni della Cittadella, mentre miei occhi ignari
si riempivano di meraviglia davanti a quel monumento, che appariva
d’improvviso, appena girata la curva della strada. Provavo un senso di piccolezza
importante.
Un’emozione rassicurante, era sempre lì e sempre lì la ritrovavo.
Oggi conosco la storia di questo perfetto esempio di fortificazione moderna,
sulla sinistra del fiume Tanaro, fortezza di primo rango, funzionale allo sbarramento
dei transiti militari della “Strada di Fiandra, tra le meglio conservate in
Italia. Fu costruita dai Savoia e il 10 marzo del 1821 fu innalzato il vessillo
tricolore. Si fanno spazio nella mente la nebbia, la neve e poi le zanzare che
scandivano le stagioni del tempo, breve tra le tue braccia e i tuoi vicoli,
dove ancora sento il profumo del pane fare eco nell’anima. Quella nebbia
attraversata, in fretta di tornare nel tepore della casa, accanto a ombre
sconosciute. Non avevo paura, perché era una nebbia tranquilla, che sapeva di buono. Ricordo la neve sui marciapiedi davanti
casa spalata dai suoi cittadini, segno di civiltà, ai bordi delle vie, e noi
bambini che giocavamo con le palle di neve, per poi mangiarla per il suo fresco
candore. Ho ancora nelle narici il profumo dei mandorli in fiore e la nostalgia
delle merende sui prati cercando il quadrifoglio o fingendo di averlo trovato, dividendo
un petalo gridando: eccolo!
E che dire della stagione più calda, l’estate
bruciante, assolata e piena di zanzare e le ciabattate sul muro. Mi sovviene
l’arrivo dell’autunno, tipico del suo naturale carattere malinconico, fra i ricci
delle castagne, noci e nocciole, mentre il profumo dei muschi attirava i
cercatori di funghi alla ricerca del porcino più grande, per mostrarlo agli
amici, come una coppa. Il silenzio dignitoso e raccolto dell’anima della mia
terra è canto di partigiani e parole cantate da Paolo Conte. Essa è il mito,
con “L’Airone”, Coppi su due ruote e “Il tocco di velluto” di Rivera, che fin
da bambino giocava nei Grigi, per diventare il campione raffinato del pallone.
Il numero uno! Alessandria è storia, letteratura e poesia, dove fa Eco Umberto
con “Il nome di una Rosa, e la voce poetica di Cesare Pavese con Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi, e Lavorare stanca a Santo
Stefano Belbo, ai margini delle Langhe, nel triangolo del cuore piemontese, fra
Cuneo, Alessandria e Asti, i cui confini si fondono e confondono nel
Monferrato. E che dire avendo ancora negli occhi il colore dei vigneti, il cui
rossore è la timida passione dell’alessandrino, ripiegato nel suo silenzioso
pudore.
Alessandria la bella città del sud dalle forme sinuose, che nel suo
ventre ha portato i geni modesti dei grandi, io la porto nel cuore. Alessandria
è il dovere laborioso a schiena china per il raccolto dei campi, ma a testa
alta e fiera dei braccianti di Pellizza da Volpedo. Questa è la mia terra! O
Alessandria che mi prendi per mano, fin dalla mia infanzia e giovinezza, scorse
fra le vigne del Monferrato e i colori delle Langhe e per i vicoli segreti e
discreti verso Piazzetta Santa Lucia e le bancarelle dei leccabon in onore della Santa, protettrice degli occhi. Questa è la
terra dove sono nata, nel sud fra due fiumi, incisa nella mia anima.
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