IL SIGNIFICATO DELLA PAROLA “PATRIOTA”
di Romano Rinaldi
L'orda trumpiana
Esattamente 11 mesi fa, il 17 Gennaio 2021*, a seguito del tentativo del
presidente uscente di sovvertire il responso delle urne che veniva ratificato
il 6 Gennaio 2021 nella sede del Parlamento americano, il Campidoglio di
Washington, scrivevo su “Odissea”: “(…) l’incitamento
ad invadere il Parlamento con l’interruzione della seduta di ratifica del
risultato elettorale e i conseguenti tumulti che hanno causato morti e feriti,
rappresentano un attentato all’ordinamento democratico al quale, quattro anni fa,
il presidente Trump ha solennemente giurato fedeltà davanti al popolo americano
nel medesimo luogo”. L’articolo proseguiva con una breve analisi delle cause che
avevano propiziato quegli eventi nei quattro anni della più controversa e
divisiva presidenza americana di sempre. Con un presidente che si è servito
delle reti sociali per dare corpo alle proprie decisioni intraprese inseguendo
le sensazioni “di pancia” del suo popolo, nello stile del populismo più
sfrenato.
Oggi, quei metodi adottati per ottenere consenso e soprattutto
per tentare di sovvertire l’ordine democratico e mantenere il potere nonostante
il risultato avverso nelle elezioni, sono sotto indagine da parte della
“Commissione d’inchiesta del Congresso sui fatti del 6/1/21”. Il processo di salvataggio
della democrazia americana è solo all’inizio ma cominciano ad affiorare alcune
verità incontrovertibili. Il capo del personale della Casa, Bianca Mark
Meadows, dopo aver portato in Commissione l’evidenza della diretta
responsabilità dei tumulti nelle comunicazioni tra l’ex presidente e i suoi più
stretti collaboratori, rifiutandosi di rispondere alle domande, viene
incriminato per oltraggio alla corte del Congresso. Stessa sorte era toccata
nei giorni scorsi a Steve Bannon, un altro ben noto personaggio dell’epopea
trumpiana.
Uno dei passaggi più interessanti nel rapporto che sta uscendo
dalla Commissione**, si riferisce alla sostituzione, al vertice del
Dipartimento di Giustizia, del procuratore generale Jeffrey Rosen, che non
aveva dato seguito alle infondate richieste di annullamento delle elezioni per
frode, con Jeff Clark, il quale aveva suggerito un meccanismo di sostituzione
di grandi elettori in quegli Stati che avrebbero potuto stravolgere il
risultato delle elezioni. Senza entrare nel farraginoso meccanismo elettorale
degli Stati Uniti, questo sì che ha tutto il sapore di un broglio elettorale,
per giunta a posteriori. Bene, la parte interessante delle comunicazioni che
avvenivano tra l’ex presidente e i suoi più stretti collaboratori alla Casa
Bianca contiene questa frase testuale: “Ho avuto notizia che Jeff Clark sarà
insediato lunedì, questo è fantastico, farà felici un gran numero di patrioti
ed io sono personalmente molto orgoglioso che tu sia la testa di lancia di
questo e posso definirti un vero amico”. Il messaggio è datato domenica 3
gennaio e il lunedì cui si riferisce è il 4/1, due giorni prima del fatidico 6
gennaio.
Ecco il punto, l’uso dell’appellativo “patriota”, per qualcuno
che trama per sovvertire il risultato di libere elezioni con un marchingegno
procedurale diabolico.
Io starei dunque bene attento a chi usa la parola “patriota”
prima di assegnare a questo appellativo qualche valore fondamentale e
condivisibile da tutta la popolazione di un Paese che si trovi di fronte alla
scelta di qualcuno cui affidare le sorti della Nazione. Soprattutto non mi
fiderei di coloro che qui da noi, di fronte agli avvenimenti del 6 gennaio a
Washington, si esprimevano con reticenza se non addirittura sostegno verso
questi “patrioti”, appunto.
*
https://libertariam.blogspot.com/2021/01/democrazia-populismo-e-reti-sociali.html
** USA Today News: https://eu.usatoday.com/story/news/politics/2021/12/17/mark-meadows-texts-jan-6-committee-reveal-what-white-house-knew/8907344002/
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