Racconto
UNA BELLA SOLIDARIETÀ
di
Vincenzo Rizzuto
Questo
racconto è ispirato ad un recente fatto di cronaca nera avvenuto in
una grande città del Nord.
In
un condominio alveare della città di Melania, dove la vita associata è solo
apparente, le numerose famiglie che vi abitano erano quasi tutte attaccate al
piccolo schermo per seguire i soliti programma spazzatura.
In
quel tardo pomeriggio di un giorno qualsiasi, in quel condominio, dal primo
all’ultimo piano si potevano udire le medesime voci dei medesimi protagonisti,
dei medesimi programmi sui quali erano stati sintonizzati la maggior parte dei
televisori. Era il mese di dicembre e fuori faceva un freddo cane, tirava un
vento di tramontana che intirizziva ogni cosa sul suo cammino, gli abitanti del
condominio se ne stavano rintanati, ognuno nel proprio cantuccio. Alcuni
gustavano sul divano popcorn, altri sonnecchiavano in compagnia del cane che, accucciato
sul medesimo divano, seguiva i programmi TV con la medesima svogliatezza e noia
del padrone.
Verso
le sedici quel condominio fu scosso da rumori stridenti, che infastidirono non
poco i condomini. Ognuno di loro si chiese che cosa stesse succedendo; dal vano
scale oltre al rumore proveniva anche una puzza di legno bruciato. Nessuno però
si mosse di casa, nessuno aprì la porta per vedere di persona quello che stava
accadendo.
Soltanto
qualcuno si prese il fastidio di telefonare al 112 per avvisare le Forze
dell’Ordine.
Dall’altro
capo del telefono fu risposto che sarebbero venuti a vedere al più presto,
intanto il rumore e il puzzo di bruciato continuò per altro tempo, poi non si
sentì più nulla e i condomini ritornarono alle loro faccende e a sentirsi
sicuri chiusi nei loro appartamenti. Passò un po’ di tempo e le Forze
dell’Ordine arrivarono sul luogo, salirono le scale del condominio e, davanti
ad uno degli appartamenti, trovarono la porta di ingresso con un grosso buco,
che era stato praticato evidentemente con una sega a motore, che giaceva
abbandonata sul pianerottolo. Entrarono
nell’appartamento e trovarono un povero vecchio più che ottantenne riverso a
terra morto; era stato accoltellato in più parti e poi dilaniato con la sega,
come si fa al macello con i grossi animali bovini.
Una
scena pietosa, a ridosso di un dramma, consumato nella solitudine in una
società troppo spesso dimentica di ogni interesse verso chi non può più dare
nulla, ed è bisognoso di cure e di amorevole attenzione.
Una
solitudine, quella degli anziani soprattutto poveri, che è frutto di egoismo,
consumato nella ricerca spasmodica di godimento e di consumismo ad ogni costo.
E questo godimento, strettamente legato al consumismo, si accompagna alla
ricerca continua di guadagno facile e immediato, che rifugge il paziente
impegno di ogni lavoro e di ogni specie di sacrificio.
Quel
povero vecchio era solo in quel condominio, con lui non c’erano amici, parenti
stretti o lontani, pronti a sentirlo, a parlargli, a domandargli se si sentisse
bene o volesse qualcosa. A tenergli compagnia c’era solo la solita TV, e forse
un cane o un gatto come spesso avviene ormai in tutti i paesi, le città e le
campagne di mezza Europa.
Quel
vecchio, al massimo, poteva avere la compagnia di una badante ad ore, magari
venuta chissà da quale paese straniero, e che parlava una lingua indecifrabile,
strana, mai sentita prima dall’ospite, che comunicava con lei a gesti e monosillabi. Di
quel vecchio, in quel condominio, molto probabilmente non sapeva nulla nessuno,
lo incontravano forse qualche volta nell’ascensore o all’ingresso del portone
principale e lo salutavano distrattamente, senza fermarsi, senza perdere tempo
nella fretta di chiudersi in casa e pensare alle proprie cose, alla propria
‘felicità’. In
questa realtà, governata dal sovranismo, dalla paura del diverso e
dall’affannosa rincorsa a tutto ciò che piace e può essere fruito facilmente, e
dalla fuga da tutto ciò che implica rinuncia, sforzo e tempi lunghi, non c’è
più posto per chi ha bisogno di aiuto, per il malato, per l’emarginato, per il
diverso che porta con sé il bisogno di essere capito e tollerato.
A
tutto questo bisogna aggiungere il fatto che ormai da due anni è apparso,
all’orizzonte di tutti i continenti, lo spettro del Covid-19, che ha condannato
a morte milioni di persone come un demone spietato nemico dell’uomo. Un demone
che ancora di più ha costretto e convinto le persone ad isolarsi, a tapparsi in
casa, a camminare per le strade mantenendosi a distanza dagli altri, siano essi
estranei o parenti; un demone che convince a diffidare di tutti e di tutto,
finanche di quel poco di ragione divina che è presente nell’uomo, facendogli
dimenticare che proprio quella scintilla divina, che chiamiamo scienza, lo ha
salvato dalla scomparsa sicura dalla faccia della terra attraverso i secoli.
Allora
si capisce ancora di più perché quel povero vecchio, in quel condominio di una
‘Melania da bere’, è morto fatto a pezzi senza che alcuno abbia sentito, non
diciamo il dovere, ma la ‘pietas’ di affacciarsi sul pianerottolo per
apprendere ‘de visu’ cosa stava accadendo, a chi stavano segando la porta non
con un coltello da cucina, ma addirittura con una moto sega, che suscita paura
solo a nominarla!
No,
in quel condominio di quella città, come nei condomini di altre mille ‘città da
bere’ non c’è più posto per la solidarietà, per l’attenzione verso gli altri, e
il rumore di quella moto sega, insieme al fumo che si sprigionava dalla porta
ridotta a brandelli, non poteva allarmare più di tanto le decine e decine di
condomini che vi vivono, e indurli ad intervenire.
È
stato già un miracolo che qualcuno di essi, invece di starsene comodo sul
divano, si è preso il fastidio di alzare la cornetta del telefono e avvisare le
Forze dell’Ordine, davvero un gesto fuori dall’ordinario!