IN
CATENE
di Cataldo
Russo
Ilaria
Salis, un caso di violazione dei diritti umani in Europa
Sono certo che, se i padri fondatori dell’Europa unita, gli italiani Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi, i francesi Jean Monnet e Robert Schuman, il tedesco Konrad Adenauer, il lussemburghese Joseph Beck e il belga Paul Henri Spaak, avessero visto Ilaria Salis per l’ennesima volta portata in catene mani e piedi nell’aula del tribunale ungherese, peggio di un animale da macello, ora si starebbero rivoltando nella tomba. Non è possibile che uno stato europeo, civile, progredito, con una lunga storia di civiltà e cultura alle spalle, quale l’Ungheria è stata nel corso della sua millenaria storia, si sia ridotto a una barbarie talmente disumana, degna delle peggiori nefandezze perpetrate dal nazismo. Ma che Europa abbiamo costruito, mi viene da chiedere, se uno stato usa metodi di detenzione carceraria così disumani e violenti ma anche in un certo senso grotteschi come quelli messi in scena dal tribunale di Budapest? È sembrato fin troppo evidente come le autorità ungheresi abbiano voluto fare mostra di muscoli enfatizzando oltre ogni limite la pericolosità di una maestra di scuola, che di pericoloso ha solo l’amore per la democrazia e la libertà. Nel loro delirio di severità e brutalità contro gli oppositori non si sono minimamente preoccupati del disgusto che avrebbero provocato nell’opinione pubblica europea nel vedere una persona ai ceppi, circondate da guardie e poliziotti armati di tutto punto. Se non fosse perché c’è di mezzo una donna reale, in carne e ossa a subire torture, violenze gratuite, linciaggio e ludibrio pubblico mi verrebbe da fare una pernacchia a un governo proteso com’è a dare un’inutile prova di forza contro una donna rea di aver protestato contro la pericolosa deriva nazista che l’Ungheria ha intrapreso sotto la guida del nazista Orban.
Ilaria Salis non ha commesso alcun reato diverso
da quello che un qualunque sincero e democratico antifascista compirebbe di
fronte a una tracotante dimostrazione di forza di un gruppo di nazisti in
raduno, forti dell’immunità loro accordata da un governo che ha in uggia la
democrazia: cioè, protestare e difendere la libertà e la democrazia. Ilaria
Salis, maestra elementare di Monza, in carcere da tredici mesi, antifascista e
attivista dei diritti sociali, rischia fino a 24 anni di carcere dopo aver
rifiutato un accordo su undici anni di detenzione. Io credo che a sedere in
quell’aula di tribunale nelle vesti di imputati, non dovrebbe essere
l’antifascista di Monza, ma Orban e il suo governo fantoccio, oltre a tutti i
nostalgici e gli orfani di Hitler che, in barba alle leggi e alle convenzioni
europee contro le ideologie nazifasciste e del terrore, continuano a
scorrazzare in lungo e in largo facendo violenze e vomitandosi addosso il
ciarpame dei loro farneticanti convincimenti antidemocratici e totalitari. Il
trattamento riservato alla Salis, non solo viola il diritto europeo, ma è anche
illegittimo per quel che riguarda alcune fasi dell’iter processuale, per
esempio i difensori non hanno potuto visionare la ripresa video della presunta
aggressione né leggere i capi di imputazione in italiano perché mancava la
traduzione. In barba all’Hungarian Helsinki Commitee e al diritto sancito nella
decisione quadro del 2009 del Consiglio europeo sul reciproco riconoscimento
che prevede gli arresti domiciliari nel proprio Stato, la corte ha negato alla
Salis questo diritto con la protervia di chi è abituato a calpestare le leggi e
a piegarle al proprio uso. Purtroppo questa è l’Ungheria che piace a Salvini e
alla Meloni, un paese che non ha i requisiti democratici minimi per far parte
dell’Europa. L’augurio è che le immagini del tribunale di Budapest inneschino un
moto di popolo che mandi a casa un governo indegno di governare l’Ungheria.