UN
MONITO PER TUTTI NOI
di Jean Olaniszyn*
16 luglio 1945, esplode la
prima bomba atomica.
La prima
esplosione nucleare, denominata in
codice
“Trinity”, nome scelto da J. Robert Oppenheimer ispirandosi ad una
poesia di John Donne (Londra, 1572-1631) è destinata a cambiare la storia, a
trasformare il mondo…. in peggio. Il 16 luglio del 1945, alle 5 e 29, ad Alamogordo, nel deserto
Jornada del Muerto, a circa 60 chilometri da Socorro, nel Nuovo Messico (Stati
Uniti d’America), la bomba chiamata “The Gadget”,
posta in cima a una torre di acciaio alta trenta metri, esplose con un’energia
di venti Kilotoni (equivalente all’esplosione di ventimila tonnellate di
tritolo), producendo un’enorme palla infuocata che si alzò formando un
fungo atomico alto oltre dodici chilometri.
Il fisico
Robert Oppenheimer e i suoi collaboratori maneggiarono la bomba senza tute
precauzionali e molti di essi moriranno di cancro nei mesi successivi. L’esplosivo usato per
“The Gadget” era plutonio, un elemento che non esiste in natura. Era stato prodotto nei reattori nucleari costruiti a
questo fine nell’ambito del “Progetto Manhattan” voluto dal presidente
americano Franklin D. Roosevelt, anche su consiglio di Einstein che gli inviò una lettera
il 2 agosto 1939, dichiarandosi preoccupato per i nuovi sviluppi della fisica
atomica tedesca con la possibilità di costruire bombe di un nuovo tipo capaci
di infliggere “danni ingentissimi”.
6 agosto 1945, l’alba di una nuova era: la distruzione del genere
umano è assicurata. Il progetto atomico americano si chiamava “Manhattan Project”, la
bomba “Little Boy” e il bombardiere che sganciò la prima bomba atomica, “Enola Gay”.
Il 6 agosto 1945, su ordine del presidente Truman, “il” bombardiere B-29
sgancia su Hiroshima la prima bomba atomica basata sulla fissione dell’uranio, mai utilizzata prima dal genere umano in
una guerra. Ottantamila giapponesi muoiono nel “test atomico” americano. Ovviamente
totalmente inutile per la guerra, la seconda esplosione su Nagasaki, il 9
agosto 1945 che fece 70mila morti. Senza contare le vittime delle radiazioni
decedute nel tempo. Gli obiettivi primari del presidente Truman erano testare dal
vivo l’efficacia della nuova arma di distruzione di massa e sopravanzare i
russi nella corsa all’armamento nucleare in atto. Quando
le notizie sull’esito “positivo” dell’esperimento di Alamogordo lo raggiunsero
alla Conferenza di Potsdam dei Tre Grandi (17 luglio/2 agosto
1945), il Presidente Truman fu molto soddisfatto, cambiando
immediatamente il modo di condurre i negoziati con Stalin.
Operazione Alsos. L’operazione Alsos fu
un’operazione di spionaggio delle forze alleate durante la Seconda guerra
mondiale, che iniziò il 22 gennaio 1944 con lo sbarco di Anzio, al comando del
colonnello Boris Pash, per conoscere lo stato di avanzamento del progetto
nucleare nazista. Addentrandosi in Germania, gli uomini dell'Alsos catturarono
quasi tutti gli scienziati tedeschi impegnati nelle ricerche nucleari, tranne
Werner Heisenberg che però si consegnò spontaneamente il 3 maggio 1945, a pochi
giorni dalla fine della guerra. L’obiettivo del Gruppo Alsos era quello di
localizzare le risorse nucleari tedesche, i materiali, le capacità tecnologiche
e individuare il personale scientifico impiegato per realizzare la bomba
atomica tedesca e “reclutarli” per il “Progetto Manhattan” (anche per evitare
che finissero sotto l'ala sovietica). La corsa per l’ingaggio dei cervelli
nazisti, che in terra sovietica assunse il nome di Operazione Osoaviakhim, negli Stati Uniti avvenne in diverse fasi
e prendendo nomi differenti, ma una soltanto contribuì in maniera effettiva e
determinante a cambiare il corso della storia, permettendo agli USA di
assurgere allo status di superpotenza: l’Operazione Paperclip (“Operazione Graffetta”). Paperclip è il nome
di un’operazione segreta, gestita congiuntamente da JIOA e CIC (predecessori
della CIA) che, tra il 1945 e il 1959, avrebbe comportato il trasferimento nei
laboratori militari a stelle e strisce di circa duemila scienziati nazisti con
le loro famiglie. Tra gli scienziati che furono trasportati negli USA vanno
ricordati Wernher von Braun e la sua squadra di visionari, in larga parte
composta da colleghi nella base
di Peenemünde che avrebbero poi messo la firma sull’intero
programma spaziale degli Stati Uniti, scrivendolo e gestendolo da cima a fondo.
In base alle testimonianze di vari esponenti del Gruppo Alsos, non furono
trasportati negli Stati Uniti solo scienziati e gerarchi nazisti, ma anche
molti componenti essenziali per la costruzione della bomba atomica. La versione ufficiale racconta che le prime
tre bombe atomiche vennero prodotte dagli USA con un costo di due miliardi di
dollari e cinque anni di lavoro di un numero imprecisato di scienziati di alto
livello, con l'aiuto della Gran Bretagna. Ma dai racconti di molti addetti ai
lavori è solo grazie ai materiali giunti dalla Germania che fu possibile per il
“Progetto Manhattan” di completare le sue bombe in tempo per il bombardamento
sul Giappone previsto per la fine dell'agosto 1945.nSulla provenienza di
quell’uranio della bomba sganciata su Hiroshima, sono sorte molte speculazioni
che nessuno è mai riuscito a chiarire completamente. Una cosa è certa: si
tratta di materia da maneggiare con le pinze. Questa storia contiene un segreto
troppo grande, forse sepolto per sempre assieme a un agente americano e a un
generale delle SS.
La bomba atomica
nazista. La
fissione dell’uranio fu scoperta in Germania
nel 1938 da Otto
Hahn e Fritz Strassmann nel corso di studi a carattere
fondamentale sulla struttura del nucleo atomico. Quando i più grandi fisici furono convocati il 26
settembre 1939 a
Berlino per la riunione che propose l’utilizzo per scopi militari della
fissione nucleare, tutti quelli successivamente trasferiti negli Stati Uniti
d’America con il Progetto Partencip, aderirono al progetto nazista. Il “Club dell’uranio” di Hitler, sotto la direzione dell’esperto per le
ricerche in fisica nucleare Kurt Diebner, si propose come scopo la scoperta
di un nuovo modo per produrre energia per la costruzione di una superbomba
da utilizzare su New York. Non solo gli studi, ma anche
l’imminente costruzione della bomba atomica nazista verso la fine della guerra,
era una temibile realtà in Germania, ma per oscuri motivi non fu portata a
termine. Gli angloamericani quando la invasero trovarono e smantellarono,
nell’aprile del '45, il reattore nucleare tedesco che sorgeva a Haigerloch. Il servizio di spionaggio
britannico, all’inizio del 1944, era giunto alla conclusione che i progetti
nazisti sulla bomba atomica non destavano preoccupazioni. Potevano forse già
contare su delle collaborazioni ad alto livello gerarchico nazista? Leo
Szilard, uno degli scienziati coinvolti nel “Progetto Manhattan”, scrisse più
tardi: “Nel 1945, quando cessammo di
preoccuparci di quello che i tedeschi ci avrebbero potuto fare, incominciammo a
domandarci con apprensione che cosa il
governo degli Stati Uniti avrebbe potuto fare ad altri paesi”.
Quasi
nessuno però ebbe la forza morale di chiedere l’arresto immediato della
fabbricazione dell’arma. Solo uno, il fisico polacco Joseph Rotblat, iniziò a sostenere che non ci fosse più la
necessità di costruire un ordigno così micidiale decidendo di abbandonare, nel dicembre 1944, il
gruppo del “Progetto Manhattan”, trasferendosi in Belgio. Dopo
i primi entusiasmi dovuti alla riuscita del test di Alamagordo, l’umore del
team del “Progetto Manhattan” si adombrò: ci si rese conto che nulla sarebbe
più stato come prima e che il mondo era ormai entrato in un’altra era, quella
nucleare. Robert Oppenheimer, intervistato dopo la prima esplosione nucleare, citò
quella che gli sembrò la frase più adatta alla circostanza, una riga tratta dal
testo sacro indù Bhagavad-Gita: “Sono
diventato la Morte, il distruttore dei Mondi”.
Oggi
siamo sull’orlo di un baratro. L’uso
della bomba atomica ha suscitato un lungo dibattito, iniziato nel 1945 e mai
concluso. I contrari sostengono che era inutile effettuare un bombardamento
così distruttivo su un Paese che di fatto era già sconfitto. Chi ritiene giusto
l’uso della bomba atomica, sottolinea che ha consentito di mettere fine
immediatamente alla guerra e risparmiare milioni di vite. Per ottenere la resa
del Giappone, l’alternativa alla bomba sarebbe stata l’invasione del Paese,
che, secondo le stime del Pentagono, avrebbe provocato centinaia di migliaia di
vittime solo tra i soldati statunitensi e un numero di morti complessivo di
gran lunga superiore a quello dei bombardamenti atomici. La fine della guerra,
dicono ancora i favorevoli, consentì la liberazione immediata dei prigionieri
alleati, che subivano continue efferatezze dai loro carcerieri, e impedì ai
soldati giapponesi di commettere altre atrocità nei territori che occupavano. Altri
tempi. Chi sarebbe disposto oggi a scatenare un conflitto nucleare con tutte le
conseguenze inimmaginabili a livello planetario?
Jean Olaniszyn |
*Jean Olaniszyn, artista, scrittore, editore, promotore culturale, fondatore del Museo Hermann Hesse a Montagnola, Lugano.