DANILO
DOLCI
di Giorgio
Riolo
Danilo Dolci
La Sicilia come
metafora del mondo offeso.
Il centenario della nascita di Danilo Dolci
(1924-1997) è l’occasione per richiamare alcuni tratti distintivi della storia
d’Italia dall’Unità alla fine del Novecento. È l’occasione, per noi, di rifarci
alcuni fondamentali, un poco dimenticati. Quando il cristiano, non cattolico,
poi sempre più mosso da spiritualità laica, civile, Dolci si reca a Trappeto -
Partinico nel 1952, cosa trova? Trova il terzo mondo in casa nostra. Il terzo
mondo non solo in Asia, Africa, America Latina. Trova la sempre presente “questione
meridionale”. Una realtà fatta di soprusi, di estrema povertà, di rassegnazione
in basso nei confronti dell’arroganza del potere dei signorotti locali, di
istituzioni e di apparati di stato collusi con la mafia, di chiesa-istituzione
con molti retaggi di clerico-fascismo, anch’essa collusa con la mafia (campione
il cardinale di Palermo Ernesto Ruffini), di regime democristiano che praticava
sistematicamente il voto di scambio, con l’uso clientelare-mafioso della spesa
pubblica e dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione. E il
collateralismo dell’economia privata intrecciata agli appalti e al potere
democristiano stesso. Trova la fame, la denutrizione, la disoccupazione o il
lavoro umiliato, oppresso all’estremo. Il lavoro con l’immagine che racchiude
un mondo. L’incontro in piazza del paese tra bracciante e padrone. Con il
padrone che passa e dà la poca paga nelle mani dietro la schiena del bracciante.
Non a viso aperto. Quasi fosse una concessione, una elargizione, il rapporto
criminale feudale: tu non esisti. Trova le fogne a cielo aperto, trova l’uso
mafioso-clientelare dell’acqua come bene scarso, senza che si ponga mano a
costruire adeguate infrastrutture, acqua scarsa da utilizzare per angariare
ulteriormente le classi subalterne. Trova la mortalità infantile e le malattie
tipiche dei bambini del Sud del mondo. Il tifo e il tracoma di Palma di
Montechiaro (Agrigento) divenne allora l’emblema della miseria e
dell’arretratezza della nostra terra, rendendo sinistramente celebre l’Italia e
la Sicilia nel mondo.Trova la terra, il contesto umano, sociale e politico dove
viene realizzata la prima “Strage di Stato” a Portella della Ginestra il 1
maggio 1947.
Danilo Dolci |
Danilo Dolci a Palermo
Questo rapido
compendio per ribadire ulteriormente come la personalità di Danilo Dolci, con
la sua testimonianza e con la sua militanza civile, risalta ancor più proprio
in relazione al contesto in cui viene a vivere e a operare. La sua impostazione
della “inchiesta”, del confronto continuo (il famoso metodo educativo
maieutico) con i braccianti, i jurnatari, i contadini, i pastori, i
pescatori, con le donne misere di questo mondo oppresso, ulteriormente oppresse
dal sempiterno patriarcato. Il confronto nel ricercare assieme possibili
soluzioni e possibili forme di lotta efficaci (la non-violenza, lo “sciopero
alla rovescia”, lo sciopero della fame ecc.) risultarono dirompenti ed
educarono molti giovani tra anni cinquanta e sessanta, ma soprattutto i giovani
che tra fine anni sessanta e inizio anni settanta erano alla ricerca di un
impegno sociale e politico all’altezza dei problemi di quel tempo. Naturalmente
con la spinta del ‘68 che imprimeva una accelerazione in questa direzione. Dolci
influenzò molto. E soprattutto attrasse l’attenzione. Il sostegno nei suoi
celebri processi subiti, con annessa carcerazione in un caso, il sostegno di
intellettuali di grande levatura, italiani e stranieri. L’elenco è lungo. Elio
Vittorini, Carlo Levi, Alberto Moravia, Cesare Zavattini, Lucio Lombardo
Radice, Renato Guttuso, Enzo Sellerio, Jean-Paul Sartre, Bertrand Russell, Jean
Piaget ecc. Un caso a parte è la “incomprensione” tra Dolci e Leonardo
Sciascia. I due che, detto per inciso, assieme ad altri, personalmente mi hanno
aiutato molto nella presa di coscienza di tutta la fenomenologia della questione
meridionale, della mafia, del regime democristiano, delle forme del potere. In
un paese come l’Italia, molto cattolico e poco cristiano, sotto regime
democristiano e malgrado la forte presenza comunista e socialista e malgrado la
forte presenza sindacale, presenze queste che, ricordiamolo, hanno aiutato
molto l’azione da “società civile” di Dolci, l’appoggio materiale c’è stato, ma
non come quello che Dolci ricevette da istituzioni e persone in Svizzera, in
Svezia, in Danimarca, in Germania ecc. Con i media di questi paesi molto attivi
nelle interviste, nei servizi a lui dedicati ecc. La sua attività di educatore,
di sociologo, di poeta fu accompagnata da un’importante attività di costruttore
di iniziative come la costruzione della diga sul fiume Jato, quale parte della
soluzione del problema dell’acqua, di costruttore di istituzioni, come il
Centro Studi a Partinico e poi il Centro Educativo di Mirto (Partinico). Fu
accompagnata da una notevole attività di scrittore e di saggista. Molte opere
rimangono ancora oggi. Certo allora pubblicate anche da importanti editori come
Einaudi, Laterza, Feltrinelli. Oggi alcune di queste opere riproposte dalla
benemerita Sellerio. Banditi a Partinico, Inchiesta a Palermo, Spreco,
Racconti siciliani, Inventare il futuro ecc. e poi le raccolte di
poesie Il limone lunare e Creatura di creature.
Danilo Dolci a Palermo |