Pagine
- HOME
- IL LATO ESTREMO
- FUORI LUOGO
- AGORA'
- LA LAMPADA DI ALADINO
- ALTA TENSIONE
- FINESTRA ERETICA
- ARTE
- SOCIETA' DI MUTUO SOCCORSO
- I DOSSIER
- I LIBRI DI GACCIONE
- BIBLIOTECA ODISSEA
- SEGNALI DI FUMO
- I TACCUINI DI GACCIONE
- NEVSKIJ PROSPEKT
- LA GAIA SCIENZA
- LIBER
- GUTENBERG
- GROUND ZERO
- LA CARBONERIA
- CAMPI ELISI
- LA COMUNE
- OFFICINA
- QUARTIERE LATINO
- IL PANE E LE ROSE
- MARE MOSSO
- LITTERAE
- DALLA PARTE DEL TORTO
- NO
- NOTE
- FORO
- KAOS
- LUMI
- ARCA
- CIAK
- IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE
UNA NUOVA ODISSEA...
L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea

1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
giovedì 6 marzo 2025
LA
GUERRA È CONTRO I LAVORATORI

La faccia della guerra
Disertare la manifestazione truffaldina indetta
dal quotidiano guerrafondaio la Repubblica!
È prevista per sabato 15 marzo una
"piazza per l'Europa" lanciata da la Repubblica, quotidiano
controllato dalla famiglia Elkann che a sua volta partecipa nel settore
militare attraverso Iveco Defence Vehicle. Avviene proprio in un momento
storico come questo, nel quale la UE spinge, contro qualsiasi logica di buon
senso e contro l'inizio di una trattativa di pace, per una guerra ad oltranza
con sangue ucraino, una politica di inasprimento delle sanzioni contro la
Russia e dove in queste ore Ursula Von Der Leyen ha dichiarato l'intenzione di
mettere in campo 800 miliardi di euro per il riarmo senza vincoli del patto di
stabilità solo per questa voce, non certo per la sanità, l'istruzione,
l'ambiente e le pensioni.
![]() |
La faccia della guerra |
La politica UE va nell'interesse del padrone del quotidiano la Repubblica e non
della massa dei lavoratori. Per questo è quanto meno bizzarro l'annuncio della
partecipazione nella stessa piazza dei sindacati confederali: a costoro non
sono bastati gli effetti nefasti della guerra e delle sanzioni, dal carovita al
calo costante negli ultimi 23 mesi della produzione industriale, dalla crisi
del settore auto alla perdita di competitività industriale fino al soffocamento
delle famiglie con le bollette di luce e gas. Oltretutto è evidente che
l'obiettivo della manifestazione sia quello di disorientare il movimento contro
la guerra indirizzando l'opinione pubblica verso un generico e idealista
sostegno alla UE guerrafondaia.
"Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il
nemico. La voce che li comanda è la voce del nemico. E chi parla del nemico è
lui stesso il nemico."
Comitato Contro La Guerra - Milano
EUROPA UNO SPAZIO POLITICO
di Franco Astengo
Al riguardo della manifestazione organizzata dal quotidiano guerrafondaio la Repubblica per
il 15 marzo.
La partecipazione alla manifestazione sull'Europa organizzata da la
Repubblica per il 15 marzo va sottoposta, a sinistra, ad una seria
riflessione.
Soprattutto bisognerebbe evitare di cadere nella trappola del
riarmo della Germania.
Evitare la trappola non tanto per similitudini con
fatti antichi ma, perché di questo si tratta nel momento contingente quando la
Von der Layen lancia l'idea e spara cifre a centinaia di miliardi. Prima di tutto l'ipotesi di un esercito europeo è tutta
di là da venire. In questa situazione la
Germania è la sola a disporre di una siderurgia all'altezza di una produzione
capace di soddisfare un'ipotesi di adeguato riarmo (torna qui il tema della
capacità industriale di ogni singolo paese con particolare riferimento
all'Italia). La Rheinmetall produce già carri armati e Leonardo è junior
partner mentre è noto che l'industria meccanica italiana è del tutto
sussidiaria a quella tedesca.
Inoltre si tratterebbe di un riarmo "da combattimento sul
terreno" perché la migliore tecnologia missilistica e dei droni sta da
altre parti e questo è un altro elemento da considerare. Quanto
al nucleare la messa a disposizione del loro potenziale da parte di Francia e
Gran Bretagna vale più o meno un decimo del potenziale russo (che rimane
numericamente il più consistente) e americano, oltre al presentarsi del
problema di a chi sarebbe assegnato il comando strategico (sempre con
riferimento all'assenza di un esercito europeo).
Quindi le manifestazioni pro-Europa come quella indetta da la
Repubblica per il 15 marzo non possono considerarsi "neutre" da
questo punto di vista e la presenza di bandiere di un solo colore e un solo
simbolo farebbe perdere di vista l'obiettivo paradossalmente causando
confusione e non chiarezza. La sinistra
dovrebbe aver l'obbligo di caratterizzarsi autonomamente elaborando un progetto
di pace anche e soprattutto rispetto al proprio territorio. Non c'è traccia di idee che un tempo pure circolavano a
Est come a Ovest (penso al Piano Rapacki su di una zona smilitarizzata al
centro del continente). Ribadisco un
giudizio di totale disarticolazione delle istituzioni sovranazionali, anche di
quelle elette a suffragio universale come il Parlamento Europeo che non ha
trovato la forza e la capacità di riunirsi in sessione straordinaria e andrà in
sessione ordinaria il 10 marzo. Nessuno tra
l'altro valuta i tempi di un possibile riarmo in conseguenza di una riconversione
industriale che comporta problemi di materiali, trasformazione di linee di
montaggio, dimensione degli impianti, tecnologia. In Italia l'operazione contraria, cioè di dismissione
dell'industria bellica dopo la seconda guerra mondiale durò all'incirca
quindici anni dal 1945 al 1960 cioè alla vigilia del boom quando una parte
della siderurgia fu abbandonata e l'industria cominciò a lavorare sui prodotti
del consumo individuale oltre l'auto gli elettrodomestici e la televisione per
rendere il tutto accessibile al grande pubblico, più o meno in contemporanea
con la nazionalizzazione dell'energia elettrica e lo sviluppo della telefonia
che con la SIP cominciò ad entrare nelle case della piccola borghesia e della
classe operaia con il telefono duplex. Quanto
tempo occorrerebbe oggi per una operazione all'inverso sia pure usufruendo di
tecnologie ben diverse? Armarsi significa pensare alla guerra: è questo un
inevitabile orizzonte? Anche e soprattutto
per questo serve subito una proposta di pace considerando l'Europa uno spazio
politico e non acriticamente come un bene in sé, e agendo di conseguenza a quel
livello. Insomma è più realistica una proposta di pace che un'utopia di un
armamento davvero difficile da realizzare.
mercoledì 5 marzo 2025
VOGLIA DI GUERRA
di Angelo Gaccione
Eurotossici drogati di guerra
Che i vertici del Parlamento Europeo vogliano la guerra non ci sono più dubbi. Gli eurotossici che il drogato di guerra laburista Starmer ha riunito a Londra lo ripetono apertamente e si stanno attrezzando alla bisogna. Parlano di riconversione dell’industria automobilistica in industria di guerra, di Banca di guerra, di esercito comune di guerra, di economia di guerra, di investire una quantità spaventevole di miliardi e miliardi di euro per la guerra. Fra le più assatanate guerrafondaie spiccano la von der Leyen e la Kaja Kallas, il presidente dimezzato francese Macron, il primo ministro Pedro Sánchez (si definisce socialista ed è persino segretario del Partito Socialista Operaio Spagnolo. Poveri miliziani, e poveri caduti nella guerra di Spagna!), il presidente del consiglio polacco Tusk (si vede che alla Polonia non sono bastati né il sangue versato durante la Seconda guerra mondiale né le distruzioni), e persevera, come se niente fosse, il tedesco Scholz a cui gli elettori della Germania hanno dato una sonora sberla elettorale.
Da noi i più agguerriti sono i “progressisti” del Pd, i “moderati” di Forza Italia (meno male che sono moderati), i clan insignificanti, ma pur molto loquaci di quello che resta dei radicali (ve le ricordate le loro marce per la pace? Che brutta fine!), dei Calendiani, dei Renziani, dei Totiani, dei Lupiani e altra frattaglia che, come scriverebbe il mio compianto amico scrittore Giuseppe Bonura se fosse ancora in vita: “si riuniscono in una cabina telefonica”; naturalmente i “patrioti” di Fratelli d’Italia e il loro ministro dell’Offesa al buon senso che si preoccupano talmente tanto della patria da prepararsi a ridurla in misera con un vertiginoso impiego di miliardi per la guerra, ma non sono in grado di garantire negli ospedali pubblici un miserabile esame se non a distanza di 10 mesi. Se vuole una prova la “statista” della Garbatella Giorgia Meloni, le posso mandare la prenotazione della mia defecografia fissata in novembre, o quella della visita oculistica prevista fra un anno.
Se continuano su questa follia militarista e guerrafondaia è prevedibile che la “loro” patria la faranno ridurre, prima ancora, in cenere. Se non amassi sfegatatamente la mia patria e la mia lingua, tiferei perché quattro missili nucleari cadessero sui quattro punti cardinali della Capitale e cancellassero questi drogati di guerra con le loro famiglie, i loro beni, i loro privilegi, al più presto possibile. E invece mi tocca usare la ragione e dannarmi per tentare di disintossicarli dalla loro follia, unendo la mia voce a quanti la ragione non l’hanno ancora perduta. Dopo il Comunicato di Londra stilato da Starmer e le dichiarazioni di Macron e von der Leyen - che sono un aperto sabotaggio al tentativo di negoziato per far finire la carneficina in Ucraina e trasformare l’Europa in una macchina da guerra - questo genere di Europa ai miei occhi è divenuta matrigna e deve implodere. Dobbiamo lavorare perché si sfasci prima possibile; dare un sostegno a questo genere di Europa è dare un sostegno alla terza guerra mondiale. Questo tipo di Europa che non ha mosso un dito in tre anni per trovare una via d’uscita diplomatica al conflitto russo-ucraino, che saccheggia risorse ai cittadini dell’Unione per diventare un bastione armato, che ha paura della parola pace, che è diretta e governata da irresponsabili e dilettanti, questa Europa si è rivelata non solo inutile ma concretamente pericolosa.
Per quanto mi riguarda non eserciterò più il mio diritto di voto a
meno che non si prenda subito coscienza dello stato delle cose e si metta in
piedi una forza che aggreghi su un punto comune: la pace, uomini e donne del
nostro Paese e collabori in tal senso con quanti in Europa sono favorevoli al disarmo
e a risolvere le controversie internazionali in modo pacifico. Ovviamente non
sosterrò la manifestazione ambigua e inutile indetta a Roma il 15 marzo, e che
avrebbe dovuto unire sotto un’unica parola d’ordine: Basta guerra! gli
italiani stufi di carneficine e vessati da un carovita che è divenuto un vero e
proprio mercato-nero legale con prezzi alle stelle e che ha impoverito ancora
di più i ceti popolari.
INDUSTRIA DI GUERRA E
NUCLEARE
di Franco Astengo
Il deficit
della sinistra nella capacità di progettare una visione alternativa di società
e di modello di sviluppo sta misurandosi con una realtà molto difficile che l’attualità
ci pone di fronte ogni giorno. L’esito delle elezioni
USA ha portato in una situazione in cui l’effetto immediato sarà quello del rovesciamento
delle istituzioni sovranazionali compresa l’Unione Europea.
La condizione generale di
conflitto e di conseguente crisi energetica in relazione al modello di sviluppo
capitalistico impostosi negli ultimi anni sta portando a un disegno di
mutazioni già in atto: ad esempio guardando all’Italia Leonardo in joint
venture con il colosso Rheinmetall per la produzione di mezzi corazzati e l’attività
di Iveco Defense ma si coltiva anche l’idea di un piano segreto del governo per
riconvertire parte dell’industria automobilistica in industria bellica.
In
questo momento l’industria bellica appare essere quella dall’impatto più
positivo dal punto di vista del rendimento economico: uno studio del Senato
dimostrerebbe che per ogni euro di valore aggiunto creato dal settore Difesa,
si generano un euro e sessanta centesimi addizionali di valore aggiunto: il 71%
in più rispetto alla media nazionale. Tutto questo sistema però, almeno a
nostro giudizio, finirebbe con il convergere all’interno della filiera
produttiva tedesca per ragioni di materie prime, capacità tecnologica, know-how
complessivo.
Egualmente per quel che riguarda
il rilancio del nucleare definito di seconda generazione: in realtà rimangono
ferme tutte le ragioni “storiche” del rifiuto (in Italia suffragato anche da
due consultazioni referendarie), in primis il tema dell’allocazione delle
scorie e dell’intreccio inevitabile tra civile e militare. In ogni caso per
quel che riguarda l’Italia rispetto al tema nucleare rimarrebbe comunque una
difficoltà di approvvigionamento e di ritardo tecnologico. Il vero nodo di
questa situazione risale però alla difficoltà di espressione di un modello
alternativo a quello di un impianto industriale complessivamente orientato
verso la guerra, compresa l’evoluzione costante della tecnologia e dello
sviluppo scientifico come nel caso dell’utilizzo dell’AI.
Nasce da queste constatazioni la
proposta del “socialismo della finitudine” che si coglie l’occasione di
rilanciare in questa sede. “Socialismo della
finitudine” per ripartire dall’idea dell’impossibilità, rispetto a quello che
abbiamo pensato per un lungo periodo di tempo, di procedere sulla linea dello
sviluppo infinito inteso quale motore di una storia inesorabilmente lanciata
verso “le magnifiche sorti e progressive”. Il primo punto di un programma così
teoricamente impostato dovrebbe allora essere quello rappresentato dalla
progettazione e da una programmazione di un gigantesco spostamento di risorse
tale da modificare profondamente il meccanismo di accumulazione dominante
secondo i principi della programmazione democratica e una visione di “società
sobria” di forte tensione verso l’uguaglianza e fondata sull’intervento
pubblico in economia verso settori decisivi dell’industria, dell’ambiente, dei
trasporti, della scuola(la cui priorità di intervento dovrebbe essere quello di
affrontare il deficit cognitivo che assilla diversi settori sociali) della sanità.
Oggi il ritorno della guerra come prospettiva globale, il riferimento a
innovazioni tecnologiche in grado di mutare il quadro di riferimento sociale, l’emergere
di tensioni “dittatoriali” sconvolgono l’assetto consolidato in un momento in
cui si sta attraversando una forte difficoltà per quell’accelerazione nei
meccanismi di scambio che abbiamo definito come “globalizzazione” e di evidente
ripresa del nazionalismo. “Socialismo della finitudine” come elaborazione resa
al fine di realizzare un mutamento sociale posto nel senso del passaggio
dall’individualismo competitivo a una nuova realtà di responsabilità collettiva
per avanzare un disegno di mutamento nell’offerta politica.
LA DEMENZA SENILE DELL’OCCIDENTE
di Luigi Mazzella
Chi nega la tesi spengleriana sul “tramonto” inevitabile e la mia teoria sul “cancro” da cui la parte di mondo da noi abitata sarebbe affetta (id est: una mentalità contrassegnata da credenze religiose e/o da utopie politiche fortemente e negativamente condizionanti del pensiero che, per l’effetto, non può mai essere considerato né libero né razionale) dovrebbe almeno ammettere che, dopo oltre duemila anni di vita (peraltro agitata e non tranquilla), l’Occidente cominci a dare segni di demenza senile.
Vediamone qualche esempio:
1) Intoccabilità dell’Europa.
Varie voci di Autorità, anche importanti
dell’Unione Europea, hanno stentoreamente detto e ripetono con frequenza:
“l’Ucraina non si tocca perché è Europa” senza aggiungere che anche la Russia
lo è e senza ricordare che le guerre tra Paesi Europei (sante o laiche che
fossero) raccontate nei libri di Storia sono state veramente tante e
terribilmente durature e mai esecrate con parole di condanna. Certo: il dubbio
che più che di demenza senile si tratti di ignoranza crassa è più che lecito
con la classe politica che l’Occidente si ritrova (per noi Italiani, il ricordo
delle gaffes geografiche di Luigi Di Maio, plurincaricato nel Governo è
indelebile). Lo stesso dubbio può aversi per il secondo esempio che riguarda un
argomento, per me scontato, ma che ho motivo di ritenere di difficile
condivisione da parte di fideisti e fanatici delle due ideologie di pari e
simile assolutismo e di uguale inflessibile “buonismo” di sentimenti.
2) L’integrazione degli
immigrati.
Leggendo i libri di Storia, si
apprende che il problema in Occidente non esisteva prima che ebrei e cristiani
emigrassero nei territori dell’impero romano.
Dalla lettura di un interessante libro
di uno studioso inglese Tom Holland: Pax, guerra e pace nell’età
dell’oro di Roma, Mondadori editore, si desume chiaramente che
nell’Urbe precristiana l’accettazione senza remore e limiti di chi non era
originario di Roma era la norma. Essa
è considerata da Plinio il Vecchio, originario di Como, come un segno
inconfondibile del ruolo civilizzatore dell’Italia. Pochi decenni dopo di
lui, Traiano e Adriano,entrambi ispanici, divennero imperatori. La
visione di quegli uomini “liberi” si estendeva anche agli Dei e alle Dee da
essi creati: divinità di altri Paesi e parti del mondo entravano “senza passaporto”
nell’Olimpo, situato per giunta sulla Terra e facilmente accessibile anche
senza l’aiuto dei razzi (oggi cari a Elon Musk). È
allora molto verosimile che il rifiuto di integrazione sia attribuibile alla
religione cattolica che, come quella ebraica, vedeva negli infedeli
(islamici e altri popoli barbari) i nemici di Dio da annientare e
distruggere. Non a caso, nel Medio Evo i Saraceni (al grido d’allarme
degli Italiani del tempo di: mamma, li Turchi!) erano accolti con il versamento
di olio bollente dalle finestre di case costruite, non a caso, in modo da
formare stretti vicoli. E il versamento era opera anche di rappresentanti
del gentil sesso: pie e devote fedeli del Signore. Oggi
il vento, sulla base delle attività di navi ONG volute e probabilmente sorrette
e finanziate dai Democratici Statunitensi per destabilizzare i Paesi Europei, è
cambiato. E quegli stessi credenti nelle verità assolute che imponevano di
“bandire” gli immigrati, oggi, in nome del connubio Cristo-Marx (peraltro smentito
da Papa Francesco in un’intervista) hanno fatto un clamoroso “dietro-front”, e sono
diventati alfieri di quell’integrazione un tempo odiata.
3) La politica come casa di vetro.
Non so se Trump abbia mai letto le
“tirate” di Norberto Bobbio ma sull’insidia dei poteri occulti ne doveva sapere
certamente più di lui, per esperienza diretta e personale nel suo precedente
mandato presidenziale. Certamente da Bobbio e dalla sinistra mondiale Donald ha
mutuato l’idea della “Politica come casa di vetro” e, credendo verosimilmente
di far cosa buona e saggia, ha voluto rendere “visibile” il potere
esercitato nelle stanze ad hoc (invitando nella stanza ovale della Casa Bianca
tra alte autorità statunitensi in cravatta e abito scuro uno Zelensky che
si è presentato all’incontro “di vertice” nella consueta “polo” da lui
supponentemente considerata “la sua divisa di guerra”). Apriti
cielo! Come, di consueto, l’Occidente europeo, legato a filo doppio al Partito
Democratico di Biden e degli Obama, cambiando idea in nome di asseriti ben
altri e apoditticamente pretesi “alti principi”, è insorto con
veemenza. Sotto il profilo medico, c’è chi ritiene che alla demenza senile
e alle punte rabbiose che può raggiungere, non c’è rimedio.