LA GUERRA IBRIDA
di Alessandro Pascolini - Università
di Padova
Il recente "non
paper" del ministro della difesa Guido Crosetto "il contrasto alla
guerra ibrida: una strategia attiva" ha attirato l'attenzione
dell'opinione pubblica italiana sulle nuove forme di guerra cui l'Italia è
esposta, assieme agli altri paesi europei e della NATO. Il documento definisce
come minaccia ibrida "azioni coordinate in più domini
condotte da attori statuali e non-statuali, al di sotto della soglia del conflitto armato e
spesso non attribuibili, mirate a danneggiare, destabilizzare o indebolire".
In particolare, la minaccia ibrida in
Italia comprende
"vulnerabilità in energia, infrastrutture critiche ed ecosistema politico-sociale", mediante azioni cibernetiche
("minacce quotidiane sotto soglia alla pubblica
amministrazione, sanità, energia, manifattura"),"disinformazione e interferenza nei
processi elettorali; coercizione geo-economica; choke points logistici (Mar Rosso/Suez-Bab
el-Mandeb);
dimensione militare 'grigia' (sconfinamenti e posture coercitive, mercenari/contractors, esercitazioni provocatorie, disturbi alla
navigazione)". Gli attori principali
di tali minacce sono individuati in Russia, Cina, Corea del Nord e Iran.
Va notato che
non esiste una definizione comune del concetto di guerra ibrida da un punto di
vista accademico, storico o giuridico, ma sono state proposte varie interpretazioni da parte di teorici militari, esperti di
politica e istituzioni internazionali; ciò riflette la complessità della sua natura ed evoluzione. Sostanzialmente, la guerra ibrida differisce
dalla guerra tradizionale perché si estende oltre il campo di battaglia fisico.
Le azioni ibride, per
raggiungere obettivi politici, impiegano in modo
coordinato e sincronizzato sia strumenti militari che cibernetici e mediatici moderni.
L'ambiguità è
una caratteristica chiave ed elemento distintivo della guerra ibrida data la
natura spesso non attribuibile di attività clandestine. Fornisce la capacità di colpire un avversario con
molteplici elementi sincronizzati costringendolo in uno stato di impasse
cognitivo riguardo alle intenzioni politiche, strategiche e tattiche dell'attaccante.
Evoluzione del
concetto
Il concetto si è
sviluppato ed espanso a tre differenti livelli: il primo riguarda operazioni
sul campo di battaglia, il secondo aggiunge ai combattimenti attività
nell'ambito comunicativo e cibernetico, il terzo comprende una varietà di
azioni tutte assolutamente incruente.
La prima comparsa del
termine 'guerra ibrida' (hybrid warfare) viene accreditata al 1998; il concetto
è ripreso nel 2002, in uno studio della
guerra russo-cecena, con riferimento all'impegno simultaneo e coordinato di
forze militari convenzionali e irregolari (guerriglieri, ribelli, criminali e
terroristi).
Da un punto di vista storico, in questi termini il fenomeno della guerra ibrida
non è nuovo; si rintraccia negli scritti di Sun Tzu e di Tucidide (entrambi del V secolo aC). Nella
storia più recente, eserciti imponenti come la Grande Armée di Napoleone, la Wehrmacht di Hitler e le forze francesi,
prima, e americane, poi, in Viet Nam trovarono gravi difficoltà
nell'affrontare eserciti convenzionali supportati da combattenti
irregolari.
A livello tattico, in molti di questi conflitti, le varie
componenti
hanno operato in
teatri diversi o in formazioni distintamente separate, con le forze irregolari impiegate per operazioni secondarie rispetto
alle forze convenzionali. Nelle guerre ibride del XXI secolo, i diversi elementi sono fusi in una stessa forza operante sul medesimo campo di battaglia.
Eventi del 2014 in Medio-oriente e in Ucraina hanno ridefinito radicalmente il quadro
concettuale della guerra ibrida sia sul piano teorico che su quello pratico, ampliando il quadro delle operazioni ibride dai campi
di battalia a un ampio spettro di azioni, in particolare nel dominio
informativo. Alle articolate modalità ibride
del coinvolgimento
dell'Iran nella guerra civile siriana si
aggiunse, con la conquista di Mosul, l'emergere dello Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (Daesh) con le sue capacità economiche,
informatiche, informative e l'efficace propaganda per un significativo proselitismo in vari paesi.
Sempre dal 2014, la Russia ha impiegato l’uso
simultaneo di misure politiche, tecnologiche e militari per raggiungere i
propri obiettivi in Ucraina, in piena
ambiguità. Una serie di proteste e disordini politici nell’Ucraina orientale e
in Crimea fu rapidamente e segretamente sfruttata dalla Russia per ottenere
consenso alle successive azioni politiche e militari. Forze
speciali (spetznaz)
infiltrate addestrarono milizie locali, al fine di generare una
situazione favorevole a un attacco convenzionale. La guerra condotta dai
separatisti a Donetsk, nel Donbass e in Crimea è stata portata avanti tramite
una combinazione di asset militari regolari e irregolari e il lancio di attacchi informatici a confondere gli osservatori locali e
internazionali.
Numerosi accademici e centri di ricerca si sono impegnati ad analizzare e comprendere questo secondo livello di guerra
ibrida, con una vasta produzione
di documenti e pubblicazioni. La NATO ha
preso le minacce ibride più seriamente, e nel 2015 ha dichiarato di voler sviluppare una strategia efficace per
contrastare questa forma bellica, che "comporta
un'interazione o fusione di mezzi convenzionali e non convenzionali come
strumenti di forza e mezzi di sovversione. Le minacce ibride
combinano mezzi militari e non militari, nonché mezzi palesi e occulti, tra cui
disinformazione, attacchi informatici, pressione economica, dispiegamento di
gruppi armati irregolari e uso di forze regolari. I metodi ibridi vengono
utilizzati per confondere i confini tra guerra e pace e per tentare di seminare dubbi nelle menti delle popolazioni
bersaglio. Mirano a destabilizzare e minare le società".
L'attenzione di ricercatori e
analisti nel campo delle minacce ibride si andò spostando in modo crescente dagli aspetti
militari alle operazioni di informazione e cognitive. Operazioni strategiche di informazione mirano a plasmare le narrative politiche nei
paesi bersaglio, utilizzando
programmi radio e televisivi mirati, finanziamento di think tank per promuovere le opinioni degli attaccanti, impiego di troll, bot e fabbriche di notizie false in Internet.
L'obiettivo principale è quello di intorbidire le acque, degradare l'informazione e gettare dubbi
sulle verità oggettive per accreditare le
posizioni e le narrazioni del paese attaccante.
Ancora più preoccupanti risultano vere operazioni
cognitive, atte a modellare le visioni del mondo, gli interessi
e i sistemi di valori delle persone, trasformando la sfera cognitiva dei gruppi
obiettivo. Un attacco cognitivo mira a trasformare la percezione della realtà e
il processo decisionale delle singole persone e della coscienza collettiva. Esso sfrutta lo
stress emotivo per ridurre la capacità di pensiero razionale delle vittime dell’attacco e guidarle verso le condizioni cognitive desiderate dall'avversario attaccante. Si parla addirittura di 'colonizzazione digitale' qualora si raggiunga il controllo cognitivo di una
porzione significativa della società attaccata dentro e
attraverso il cyberspazio mediante l’uso
delle moderne tecnologie dell’informazione, dei social media e degli strumenti di
intelligenza artificiale. La colonizzazione
digitale mira a gestire le visioni del mondo, gli interessi e i valori delle
persone, a differenza della conquista e colonizzazione di un territorio o
dell’economia di uno stato. La crescente attenzione agli aspetti incruenti della
guerra ibrida ha portato alla presente fase del concetto, in cui il confronto
ibrido non contempla necessariamente scontri armati. A livello europeo, il Centro europeo di eccellenza per il
contrasto alle minacce ibride (Hybrid CoE), creato a Helsinki, propone la
definizione: "le minacce o campagne ibride descrivono
azioni coordinate e sincronizzate che prendono deliberatamente di mira le
vulnerabilità sistemiche delle istituzioni democratiche utilizzando un'ampia
gamma di mezzi, mirando a
influenzare diversi processi decisionali a livello locale, regionale, statale o
istituzionale, per promuovere gli obiettivi strategici dell'agente e danneggiando l'obiettivo". Anche il 'rapporto Niinistö' sulla "preparazione europea
nella risposta civile e militare alle crisi", pubblicato nel novembre 2024, nel capitolo "Superare in astuzia gli attori malevoli per
scoraggiare gli attacchi ibridi", affronta "le campagne ibride malevole progettate per
destabilizzare, indebolire e dividere l'Unione europea (UE) e i suoi Stati membri, utilizzando – in modo
coordinato – una combinazione di attività coercitive e sovversive, con metodi
convenzionali e non convenzionali, pur rimanendo al di sotto della soglia di
una guerra convenzionale aperta".
Un concetto
sdruccioloso
Il rapporto Niinistö ritiene che "l'UE e i suoi Stati membri sono attualmente
bersaglio di una campagna ibrida che coinvolge sabotaggio, attacchi
informatici, coercizione economica, il disturbo e la falsificazione di segnali
satellitari, la strumentalizzazione dei migranti, la manipolazione e
l'interferenza straniera delle
informazioni, così come l'infiltrazione politica." A fronte dell'esistenza concreta dell'aggressione ibrida, si
propone di rafforzare
la capacità dell'UE di "deterrenza attraverso la punizione", mediante "contromisure per colpire
l'attore della minaccia con crescente
precisione. L'UE dovrebbe
segnalare chiaramente agli autori di minacce ibride che non potranno più
sfuggire alle conseguenze delle loro attività dannose".
Il rapporto Niinistö evita accuratamente il termine 'hybrid war' e nella letteratura in inglese si
distingue fra 'hybrid war' – attuale guerra ibrida, come per esempio in Ucraina,
e 'hybrid warfare' – modalità ibrida di conduzione di un conflitto, la quale può
essere anche solo potenziale, ma in italiano entrambi i termini vengono
tradotti come 'guerra ibrida', non avendo gli studiosi e strateghi italiani
sentito la necessità di distinguere i due aspetti con termini specifici.
Così il 'non
paper' del ministro della difesa italiano conclude con la chiara affermazione: "È in atto una guerra
continua che ci minaccia senza sosta, giorno e notte. Gli obiettivi sono le nostre infrastrutture
critiche, i centri decisionali, i servizi essenziali, le strutture commerciali, le nostre industrie, le catene di approvvigionamento,
il patrimonio cognitivo delle nostre popolazioni, e, in ultima analisi, la
tenuta complessiva del Paese. È una guerra combattuta con 'bombe' meno visibili di
quelle fisiche, ma che cadono incessantemente, producendo danni che, se guardiamo le tendenze e se non
cambiamo l’approccio, potremmo non essere in gradodi contenere."
L'uso del termine 'guerra' senza attributi
limitativi vuole chiaramente trasmettere un senso di estrema gravità, generare
nelle istituzioni e nella popolazione un clima di tensione e di preparazione a
privilegiare la 'difesa' rispetto agli altri obiettivi sociali, accettando un
aumento di finanziamenti al settore militare, un aumento delle forze armate
('la leva volontaria'?) e la creazione di nuove unità, "un’Arma Cyber adeguatamente dimensionata e capace di operare senza soluzione di continuità" e "un Centro per il Contrasto alla Guerra Ibrida dotato di comando e controllo per contrastare le
azioni ostili nel campo della guerra cognitiva".
Un aspetto ancora più delicato della
denuncia dello stato di 'guerra' è l'estensione dello spettro di opzioni che ci
si riserva per reazioni 'punitive'
di attacchi ibridi incruenti. Contromisure e
punizioni potranno venir interpretate come un escalation del confronto, ad
aggravare il livello dello scontro in una dinamica sempre più difficile da
mantenere esente dal coinvolgimento militare.







