La Pinotti in Israele per rafforzare il
patto con militari
e industrie d’armi
di Antonio Mazzeo
Missili, per un massacro sicuro |
Come risponde il governo Renzi all’appello di 168
accademici italiani che invitano a boicottare le università israeliane
coinvolte nella ricerca e produzione di sistemi di guerra impiegati contro il
popolo palestinese? Inviando la ministra della difesa Roberta Pinotti a rendere
omaggio alle maggiori autorità israeliane e rafforzare la partnership tra le
forze armate e il complesso militare-industriale di Italia e Israele.
Il 29 febbraio scorso Roberta Pinotti è giunta a Tel Aviv
per un vertice con il ministro alla guerra israeliano Moshe Ya’alon. “Una
maggiore collaborazione fra Italia e Israele rappresenterebbe un fattore di
innovazione e tradizione”, ha spiegato la ministra. “Israele è un Paese
tradizionalmente vicino all’Italia con il quale esiste da tempo una elevata
collaborazione nel campo della Difesa, così come il comune interesse di creare
uno spazio di pace e sicurezza durevole in Medio Oriente”. Il patto di
cooperazione militare tra Italia e Israele, firmato nel 2003, è finalizzato
“all’interscambio di materiali di armamento, alla formazione e
all’addestramento del personale e alla ricerca e sviluppo in campo
industriale”. In particolare, le forze armate dei due paesi collaborano
fattivamente nei settori dell’intelligence e dell’addestramento aereo,
marittimo e subacqueo. L’ultima grande esercitazione bilaterale (Rising Star)
risale all’ottobre 2015, quando l’unità “Anteo” e un commando del Comsubin (il Comando
Subacquei e Incursori della Marina militare italiana) si sono addestrati con le
forze speciali israeliane nel porto di Haifa.
Come riportato dal sito del ministero della difesa
italiano, durante l’incontro con Moshe Ya’alon, la Pinotti ha espresso la
“piena disponibilità del governo italiano a consolidare la collaborazione in
atto tra le forze armate dei due Paesi al fine di contribuire a migliorare il
livello di interoperabilità anche in relazione alla condivisione del medesimo
scenario geo‐strategico”. La titolare del dicastero ha inoltre
ricordato “la pluriennale e radicata presenza militare italiana in Israele, con
la partecipazione alle missioni UE, multinazionali e bilaterali, indirizzate
sia a monitorare la situazione della sicurezza, sia a favorire la formazione di
reali capacità palestinesi nei settori del controllo dei confini e,
soprattutto, delle forze di polizia (con la missione MIADIT Palestina)”.
I due ministri della difesa si sono confrontati anche
sugli attuali scenari di crisi in Siria, Libia, Libano e sull’impegno italiano
nella coalizione anti-Daesh. “Occorre impedire l’avanzata dell’Isis in Libia ed
evitare che si ripeta quanto accaduto in Iraq e Siria”, ha dichiarato la
Pinotti. Molto più gravi e minacciose le parole dell’omologo israeliano. “Siamo
profondamente preoccupati di una presenza iraniana più forte in Siria perché
essa rafforzerebbe in modo negativo l’asse sciita”, ha spiegato Moshe Ya’alon.
“Ciò potrebbe incoraggiare l’Iran a continuare ad attivare il suo fronte terroristico
contro di noi dalle Alture del Golan. L’Iran continuerà ad investire il denaro
che riceverà dall’abolizione delle sanzioni per sviluppare e acquistare nuovi
sistemi d’arma, rafforzare la presenza dei terroristi mandatari in Medio
oriente, Europa e America e diffondere il terrorismo nel mondo intero. L’Iran
non ha smesso di trasferire armi alla Striscia di Gaza in vari modi”.
Come riportato pure nel comunicato stampa emesso dallo
Stato Maggiore della difesa italiano, il ministro Ya’alon ha concluso il suo
colloquio con Roberta Pinotti “sottolineando l’uso da parte dell’aviazione
israeliana dell’aereo di addestramento (simulatore di volo) italiano M-346, non
escludendo una possibile estensione”. Espressione criptica e assai ambigua
quella della possibile estensione nell’uso dei 30 caccia M-346 “Master”
acquistati dall’italiana Alenia Aermacchi (Finmeccanica) per formare i piloti
dei cacciabombardieri dell’Aeronautica israeliana. “All’inizio i piloti
apprendono come ingaggiare un singolo aereo nemico, poi si addestrano nel
combattimento aria-aria contro caccia multipli e ad affrontare i missili
terra-aria posseduti dagli Hezbollah, dalla Siria e dall’Iran”, ha spiegato il
comandante della base aerea di Hatzerim, nel deserto del Negev, dove sono giunti
i primi velivoli. “Il secondo stage addestrativo con gli M-346 ha affrontato
scenari di guerra ancora più complessi, come l’intercettare un aereo passeggeri
sequestrato o jet siriani che sono venuti a bombardare Tel Aviv o gli attacchi
a lungo raggio che impongono tempi di volo prolungati”. All’orizzonte c’è di
sicuro l’intenzione di convertire il caccia-addestratore made in Italy in
velivolo d’attacco con tanto di bombe e missili aria-terra. “Dall’inizio del
programma – spiegano i manager di Alenia – il velivolo M-346 è stato concepito
con l’aggiunta di capacità operative, con l’obiettivo di fornire un aereo da
combattimento multiruolo molto capace, particolarmente adatto per l’attacco a
terra e di superficie o anti-nave, nonché le missioni di polizia aerea”.
Per suggellare l’amicizia bellica italo-israeliana, la
ministra Pinotti si è incontrata pure con alcuni esponenti della società
israeliana, docenti universitari e imprenditori, e ha visitato a Tel Aviv gli
stabilimenti di IAI- Israeli Aerospace Industries, la principale holding
industriale israeliana del settore aeronautico, missilistico e spaziale. Con un
fatturato record nel 2014 di 3,8 miliardi di dollari, IAI ha progettato e
prodotto i droni-killer “Heron”, molto simili ai famigerati “MQ-1 Predator” che
gli Usa hanno trasferito nella base siciliana di Sigonella; il sistema
missilistico superficie-aria a lungo raggio “Barak” e il sistema anti-missili
balistici “Arrow”, elaborato quest’ultimo congiuntamente ai gruppi statunitensi
Boeing, Lockheed Martin e Raytheon.
Successivamente Roberta Pinotti si è recata alla Knesset
dove ha incontrato il presidente della commissione esteri-difesa Tzachi
Hanegbi. L’1 marzo, a Gerusalemme, la ministra ha reso omaggio al Presidente
dello Stato d’Israele, Reuven Rivlin. Tema del colloquio la lotta al terrorismo
internazionale, su cui “Italia e Israele condividono la stessa veduta”, come ha
dichiarato la ministra. A margine dell’incontro con Reuven Rivlin, la Pinotti
si è soffermata con i giornalisti sull’emergenza immigrazione. “Non esiste una
soluzione nazionale al problema della immigrazione in Europa, né si possono
creare muri o barriere”, ha esordito. “Sono convinta che questo problema sia
ancora gestibile nei suoi numeri rispetto alla grandezza dell’Europa, ma se non
si sceglie una soluzione condivisa allora diventerà drammatico”.
Ue, agenzia Frontex e governo italiano guardano con molto
interesse alla variegata produzione israeliana di sistemi militari-sicuritari
di controllo e contrasto anti-immigrazione. Grazie alle risorse del Fondo
europeo per le frontiere esterne, programma quadro 2007-08 contro i flussi
migratori, la Guardia di finanza ha acquistato una decina di impianti fissi e
mobili EL/M-2226 ACSR (Advanced Coastal Surveillance
Radar) realizzati dall’azienda Elta Systems Ltd. di Ashdod. Già impiegati dalle
forze armate israeliane per la “vigilanza” di alcuni porti mediterranei, questi
radar hanno una portata di oltre 50 chilometri e sono appositamente progettati
per individuare imbarcazioni veloci di piccole dimensioni. La Guardia di
finanza li ha destinati a implementare la Rete di sensori di profondità per la
sorveglianza costiera in funzione anti-sbarchi di migranti in Sicilia, Puglia e
Sardegna, ma sino ad oggi l’installazione delle postazioni fisse è stata
bloccata in Sardegna grazie alle azioni di lotta e ai ricorsi al TAR dei
Comitati No radar ed Italia Nostra. In Sicilia, il radar anti-migranti
installato a Melilli (Siracusa) non ha ancora ottenuto l’autorizzazione
all’accensione per l’alto pericolo di inquinamento elettromagnetico; di contro,
due impianti EL/M-2226 ACSR sono stati attivati da qualche anno nell’isola di
Lampedusa.