La presa del potere.
Qui non si compete ad armi pari. Ottobre ’17 e oltre
di Claudio Zanini
Di recente, il teologo Vito Mancuso sosteneva,
incautamente, la perfetta corrispondenza tra Nazifascismo e Marxismo
(Comunismo). Quindi, rettificava la sua posizione: ammetteva la differenza
sostanziale tra le due visioni del mondo affermando, tuttavia, che entrambe
giungevano più o meno, ai medesimi esiti: privazione delle libertà, repressione
poliziesca, tragica dittatura. E che, di questi esiti, Marx avrebbe una certa
responsabilità.
Della nefasta aberrazione
nazifascista è superfluo parlare, la storia ne ha dato un giudizio definitivo. Riguardo
al marxismo (e Marx) vorrei fare alcune riflessioni, qui necessariamente molto
schematiche. Marx ha analizzato l’alienazione e la mercificazione dei rapporti
umani nella società capitalista, di quest’ultima ha svolto una critica
profonda, lucida e spietata (ancora attuale); giungendo alla conclusione che la
liberazione dell’uomo dalle spaventose condizioni materiali in cui versava
(versa) può realizzarsi abolendo le differenze di classe e lo sfruttamento del
lavoro, principalmente attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione
della ricchezza, detenuti dalla classe egemone. Questo difficilmente si ottiene
pregando cortesemente la classe dominante di rinunciare al proprio potere e ai
suoi privilegi; ciò significa che la presa del potere (la conquista di
indipendenza, libertà, uguaglianza) all’epoca in cui viveva Marx, voleva dire insurrezione
armata. All’estrema prevaricazione di un potere tirannico, si ha il sacro
dovere di ribellarsi con mezzi adeguatamente estremi.
Questo non implica che
oggi il governo non si possa conseguire con elezioni democratiche. Però,
attenzione! Importante è capire la distinzione tra potere e governo. Il potere
è possesso: di denaro, finanza, capitale e mezzi di produzione; da almeno due
secoli è detenuto dai grandi imperi economici globalizzati (spesso in lotta fra
loro, ma saldamente uniti contro chi il potere intende sottrarglielo), che
controllano i media (quindi il consenso), forze armate, chiese, lobby e partiti
politici.
Il governo, seppur
eletto, è, sovente, diretta emanazione del potere ed esegue una politica
funzionale a esso; quando non lo è (eletto, quindi, da un’opposizione divenuta
maggioranza o sorto dopo una guerra di liberazione da un sistema oppressivo),
per realizzare il suo programma è costretto a patteggiare e a difendere
tenacemente la sua libertà operativa.
Dunque, che fare?
Questo è il problema. (1)
La presa del potere da
parte di movimenti e partiti d’ispirazione marxista, dopo l’entusiasmo d’un
periodo d’importanti riforme in senso socialista e all’istituzione di un welfare state di base, è stata seguita,
molto spesso, da una gestione da parte d’una classe dirigente impreparata,
formata sui vecchi modelli di organizzazione burocratica (pochi hanno la
fantasia e il coraggio di porsi fuori dall’opaco abbrivio della Storia) non in
grado di governare una situazione nuova e imprevedibile, operando spesso delle
scelte troppo radicali (l’illusione che l’economia di piano potesse funzionare,
soprattutto, in un paese immenso e arretrato come l’URSS!); quindi, deludendo
le aspettative e tradendo le idee ispiratrici.
Questo è accaduto
soprattutto in Russia e nei paesi dell’Europa dell’est occupati militarmente
dall’esercito sovietico. Paesi con governi imposti dall’occupante e ossequenti
la politica del PCUS; in un periodo di Guerra fredda e dei blocchi contrapposti
non è stato loro permesso uno sviluppo democratico, ma alla lunga, si sono
disgregati implodendo. Questo a causa sia del costante assedio esterno e del
sabotaggio interno (inducendo un clima di sospetto e una regressione in regime
poliziesco), sia per l’arroccarsi in difesa dei privilegi d’una casta corrotta
dedita al mero esercizio del potere (vedi La
nuova classe, di M. Gilas). Tragici esempi d’un fallimento storico e
ideale.
Marx e il suo pensiero,
tuttavia, di questa tragica deriva, hanno tanta colpa quanta ne ha Gesù Cristo
(il Vangelo) nei riguardi dei crimini (Guerra dei 30 anni: trent’anni di
scannamenti tra protestanti e cattolici, tanto per fare un esempio) commessi
dalla Chiesa nel corso dei secoli passati e presenti.
Tuttavia, ci sono stati
dei governi, soprattutto in Africa, Medio Oriente e America Latina che, nati
dalle lotte d’indipendenza (ispirate dal pensiero marxista) dal Colonialismo, e
vinte le elezioni, hanno promosso mutamenti sostanziali (riforma terriera,
diritti delle donne, sanità, istruzione, nazionalizzazioni delle proprie fonti
di ricchezza).
Si parla di governi
legittimi che sono stati spazzati via da colpi di stato della destra
imperialista (ricordiamo la Spagna repubblicana, il Cile di Allende,
l’Afganistan di Taraki, l’Iran di Mossadeq, il Burkina Faso di Sankara,
l’Honduras di Zelaya ecc.). oppure governi costantemente minacciati e assediati
dalle forze conservatrici (l’attuale America Latina, l’ossequiente “cortile
di casa” degli Stati Uniti, che, dopo i governi socialisti di Lula, Chavez,
Castro, e gli attuali di Morales, Moreno, Sanchez, l’imperialismo economico statunitense vuole
riprendersi).
Il filosofo
statunitense Michael Walzer, in un interessante articolo del Sole 24 Ore del 14.09.2017, sostiene che
tali governi (nati con ottime intenzioni), con il tracollo dell’economia, sono
alla fine costretti a ripiegare in un regime autoritario e repressivo. Si può
ammettere che della bancarotta sia causa l’incompetenza dei governanti (ma dove
sono i governanti competenti? forse nelle democrazie occidentali?); ma, a mio
avviso, ciò dipende soprattutto dalla guerra spietata condotta dalle forze
economiche dominanti (embarghi e sanzioni varie, abbassamento artificioso dei
prezzi delle materie prime e costi gonfiati, prestiti a tasso d’usura e
manipolazioni finanziarie, ecc.) accompagnata da uno straordinario
bombardamento mediatico.
Che fare, dunque? Ci si
deve, da un lato difendere con mezzi adeguati alla spietata aggressione,
orchestrata dal capitalismo finanziario, dall’avidità delle multinazionali e dai
media planetari a loro disposizione? E dall’altro, continuare il lavoro di riforma,
di sviluppo democratico, libertario, egualitario (seppure difettoso, carente,
ma perfettibile) oppure si deve cortesemente cedere lasciando campo alla
tirannia?
Walzer ancora afferma
che, per chi considera la rivoluzione o la difesa d’un governo radicalmente
riformista, libertà ed eguaglianza sono incompatibili. Poiché lo stato di
costante assedio (del paese, dall’esterno; o di un casta tirannica interna)
impedirebbe la libertà di parola, d’assemblea e diritto di opposizione. Questo
si ricava analizzando le dittature di sinistra del ventesimo secolo.
Tuttavia,
un’osservazione: se preferiamo la libertà all’eguaglianza, ne conseguirà sempre,
per chi ha meno possibilità (ed è la maggioranza), uno stato d’estrema
illibertà. Quindi, libertà senza eguaglianza è condizione impraticabile.
Accantonando i concetti
astratti, possiamo definire meglio un tipo d’eguaglianza raggiungibile: l’uguaglianza
che significa eguali diritti fondamentali (lavoro, casa, salute, istruzione,
tempo libero). Non vuol dire vestire, né pensare allo stesso modo, né il
medesimo guadagno variando i tipi di lavoro, competenza e capacità; né impedire
critica e dissenso. Attenzione, dissenso non sovversione; da quest’ultima, la
difesa è un dovere morale e civile.
È utile, inoltre, aver
sempre presente che i rapporti di forza tra questi nuovi governi (in cui si
vorrebbe conciliare libertà e uguaglianza) e il mondo globalizzato dominato
dalle multinazionali e dal capitale finanziario, è estremamente asimmetrico. I
primi hanno una struttura fragile e subiscono un costante assedio. Il secondo ha
una potenza enorme e spietata; economica, militare, mediatica. Qui non si compete
ad armi pari.
Ricordiamo,
en passant, che il Colonialismo,
benedetto dalle varie chiese, ha depredato brutalmente Africa, Medio Oriente,
America Latina e parte dell’Asia, spartendosi i territori conquistati mediante
fittizie linee di confine tracciate con il righello (vedi trattato di
Sykes-Picot (1916) tra Francia e Gran Bretagna), spossessando della propria
dignità le popolazioni e, con le loro ricchezze, hanno abbellito le loro
capitali imperiali e accumulato Capitale primitivo (la cosiddetta
“civilizzazione” inglese ridusse l’India alla rovina economica). Cuore di tenebra, di Conrad, parla di
questo. Il suo cuore oscuro è l’Europa (oggi è l’Occidente). D’altra parte,
tale brutalità è stata levatrice della nascita di tante coscienze critiche che
dall’Illuminismo, a Marx, a Nietzsche, a molti altri, hanno gridato NO! e
svelato la cattiva coscienza della cosiddetta civiltà occidentale e il suo
declino.
Ricordiamo che oggi,
l’Occidente, sbandierando i propri valori cristiani, volge la testa dall’altra
parte e respinge chi viene a reclamare non ciò di cui è stato derubato (ne
avrebbe il diritto), ma la possibilità d’una vita dignitosa per sé e i propri
figli.
A noi, arricchiti e
ingrassati dalle briciole di un sistema avido, cui è stato detto che volevamo
troppo, però abbagliati dal consumismo, c’è permessa una democrazia imperfetta
e claudicante, che deve stare bene in riga. I parvenu della politica, nella loro mediocrità sono ben visti, da
chi decide le sorti del mondo.
Note
1) Premesso
che Marx non ha elaborato alcuna teoria dello stato, ne consegue che non ha
nessuna responsabilità rispetto a quelle sorte in seguito. E, a proposito di
marxismo, esistono molti marxismi (Gramsci, Bordiga, Bernstein, Lenin, Trotzki,
Kautsky, Luxemburg, il bolivarismo, la variante asiatica, l’austromarxismo,
l’eurocomunismo, ecc. ecc.), quindi è meglio sapere ciò di cui si parla, quando
si parla di marxismo.