di Jacopo Gardella
Proponiamo ai nostri lettori
l’intervento che Jacopo Gardella ha tenuto alla “Fondazione Corrente di Milano” giovedì 21 settembre scorso in occasione dell’incontro sul carteggio antimilitarista Cassola e il disarmo. La letteratura non basta. Assieme a Gardella
e Gaccione è intervenuto anche il filosofo Fulvio Papi di cui presto
pubblicheremo anche le sue riflessioni.
La copertina del libro |
Ringrazio
Angelo Gaccione che mi ha invitato a questo interessante ed appassionante
incontro. Ringrazio Jacopo Muzio e la Fondazione Corrente per la consueta
ospitalità che ci permette oggi di essere riuniti e partecipare a questo
attualissimo dibattito. Ringrazio tutti i presenti che non immaginavo potessero
essere così numerosi e sinceramente interessati.
•
Il tema del nostro incontro è
diventato di grande urgenza dopo gli ultimi preoccupanti episodi di cui è
responsabile la Corea del Nord.
In realtà il
tema era già diventato attuale settanta anni fa alla fine della Seconda Guerra
Mondiale quando sull’intero mondo si è affacciata la minaccia dell’ombrello
atomico.
In
precedenza le guerre erano certamente sanguinose, crudeli, mortali, ma non
erano mai state (né potevano esserlo) guerre mondiali.
La guerra in
precedenza era considerata una calamità storica, una ricorrenza ciclica, ma mai
era stata percepita come una catastrofe dell’intero globo da noi abitato.
Da quando la
guerra ha assunto questo spaventoso aspetto si è capito che il problema del
disarmo diventava urgente, imperativo, non procrastinabile. Lo ha capito
Cassola e lo ha vissuto intensamente tanto da rinunciare a scrivere romanzi ed
iniziare con slancio ed entusiasmo a sostenere e diffondere il “Sentimento del
Disarmo”. È questo il titolo del convegno
organizzato da Angelo Gaccione; ed è significativo il sottotitolo del suo bel
libro nel quale è detto: “la letteratura non basta”; ciò significa che un vero
scrittore non può ignorare la realtà in cui vive.
Il “sentimento
della pace” ha un suono gentile ed invitante, evoca stati d’animo sereni e
fiduciosi. In realtà il problema del disarmo non è affatto scontato e facile da
raggiungere; né può essere demandato soltanto ad un “sentimento” o ad una
benevola disposizione d’animo; richiede al contrario una forte determinazione
ed un uso, seppure controllato, della forza.
Paradossalmente
si potrebbe sostenere che per arrivare al disarmo e per riuscire ad imporlo è
necessario ricorrere al possesso delle armi, o per lo meno alla minaccia delle
armi.
L’obiettivo
a cui vogliamo tendere, cioè il disarmo, è comune e condiviso da tutti noi, ma
i mezzi per raggiungerlo divergono da persona a persona.
Il “Disarmo
Unilaterale”, richiesto alla sola Italia, così come viene auspicato da Carlo
Cassola e condiviso da Angelo Gaccione, è ben diverso dal “Disarmo Generale” concordato
da tutte le Nazioni del mondo, così come viene proposto dai molti che nutrono
maggior fiducia in un accordo internazionale e lo credono più facilmente realizzabile
se condiviso dal massimo numero di soggetti.
Il primo
tipo di Disarmo, cioè il Disarmo unilaterale, è relativamente facile da
instaurare ma difficilissimo (direi quasi impossibile) da conservare.
Convincere gli schieramenti politici del Parlamento Italiano a sottoscrivere un
impegno di disarmo unilaterale non è impresa faticosa né tanto meno disperata;
ma è difficile e quasi disperata la possibilità che quel disarmo possa essere
generalizzato e mantenuto negli anni a venire. E’ sufficiente che uno Stato
straniero si rifiuti di sottoscriverlo ed ecco che la tregua si rompe,
l'accordo muore, la pace si dilegua.
Il Disarmo
unilaterale, valevole nell’ambito di una sola nazione, è più facile da ottenere
quando viene imposto obbligatoriamente contro la vendita di armi e contro il
loro possesso da parte di privati cittadini. I recenti fatti tragici avvenuti a
Las Vegas dimostrano la irresponsabile leggerezza del Governo U.S.A. nel
consentire il libero spaccio ed il possesso incontrollato di armi mortali.
Il secondo
tipo di Disarmo, cioè il Disarmo generale, è difficilissimo da imporre ma
diventa più facile da mantenere e da conservare. Convincere tutte le nazioni a
sottoscriverlo è impresa impervia quasi disperata, ma una volta ottenuto il loro
consenso diventa più semplice far rispettare l’accordo ottenuto. Se infatti anche
una sola nazione si azzarda a non rispettarlo e non esita a trasgredirlo
immediatamente tutte le altre nazioni le si schiererebbero contro e la
metterebbero a tacere. In questo modo il disarmo verrebbe realmente e
sicuramente difeso, rispettato, mantenuto a scala mondiale.
Milano, 21 settembre 2017. Da sinistra: Gardella, Colombo, Papi, Gaccione Amietta, Seregni, Denti alla Fondazione Corrente |
La prima e
più ovvia obiezione che viene fatta a chi sostiene il disarmo unilaterale è,
come si è detto, la difficoltà di rispettarlo qualora vi sia un soggetto
intenzionato ad aggredire e colpire. Se qualcuno ci attacca o se qualche
nazione ci dichiara guerra che dobbiamo fare? Lasciarci sopraffare inermi e
rassegnati oppure reagire e difenderci con giusta determinazione e legittima energia?
Com'è possibile evitare lo scontro e quindi il conflitto?
La seconda e
meno evidente obiezione riguarda la eventuale aggressione compiuta da un
criminale ai danni di un soggetto mite ed inerme. Che l'aggredito sia un
singolo individuo od una intera popolazione certamente la persona o il gruppo
sociale che gli si trova vicino ed assiste all’aggressione avverte l'impulso
umanitario ed il dovere morale di correre in difesa della vittima e di
salvarla. Tuttavia se il soccorritore non possiede le stesse armi o anche armi più
potenti di quelle dell'aggressore ben poco aiuto potrà portare e nessuna
possibilità gli sarà concessa di adempiere alla encomiabile azione di
protezione e di salvataggio.
La risposta
di Cassola ed entrambe queste obiezioni è condivisibile, nobile, elevata ma
poco convincente. Egli dice che il disarmo unilaterale ha la capacità di servire
da “esempio virtuoso” e può riuscire a convincere anche chi inizialmente si
dimostra perplesso e titubante. Aggiunge inoltre che l’esempio non può mancare
di essere assunto e messo in pratica da tutti gli uomini di “buona volontà”.
A questa
certezza di Cassola è inevitabile contrapporre lo scetticismo di quanti sanno
per esperienza quanto sia difficile far adottare i buoni esempi e quanto pochi
siano gli uomini di buona volontà. La lacuna imputabile a Cassola consiste
nell’astenersi dal proporre una educazione generalizzata volta a far maturare
in seno agli uomini il germe della “buona volontà”. Egli dà per scontato che
negli uomini esiste per natura la “buona volontà” e non sembra voler tenere
conto delle dimostrazioni del tutto contrarie che ci offre sia la realtà di
tutti i giorni sia la conoscenza della Storia presente e passata. Se esiste – e
fortunatamente non lo si può negare – il lato positivo della natura umana
rappresentato dalla “buona volontà” esiste anche – e disgraziatamente lo si
deve riconoscere – il lato negativo che consiste in malignità, cattive
intenzioni, prevaricazioni, prepotenze, soprusi, crimini.
Non
dimentichiamo che la prima azione compiuta dall’essere umano non è stato un
atto di “buona volontà” ma di feroce aggressione; non un gesto di amore ma di
odio. Caino uccide Abele e lo uccide non per necessità, non per legittima difesa,
non per contrastare o respingere una aggressione ma soltanto per malanimo, per
rancore, per invidia, per odio provocato dal maggiore favore concesso dal Padre
Eterno ai sacrifici offerti da Abele rispetto a quelli offerti da Caino stesso.
Si pensa
abitualmente che la guerra venga scatenata per motivi di possesso, di ingordigia,
di brama incontenibile. Si pensa generalmente che la guerra sia motivata da
conquiste territoriali, dal controllo dei mercati, dal possesso di vitali fonti
energetiche. Ciò è vero ma non è sufficiente a comprendere il fenomeno della
guerra. Vi sono altre ragioni, non dettate da necessità materiali ma scaturite
da motivazioni morali (o meglio immorali); vi sono altri motivi che provocano
guerre spesso spaventose dettate da invidia, da superbia, da arroganza, da prepotenza;
oppure da insofferenze non più sopportabili o da esasperate ribellioni a stati
di frustrazione, di avvilimento, si umiliazione. Sono tutti aspetti della
natura umana accertati ed incontestabili; si presentano ripetutamente ed
incessantemente; non sono occasionali ma permanenti, non aleatori ma stabili.
Come è possibile non tenere conto di tutto ciò ed ignorare la evidenza dei
fatti nel momento in cui si propone un programma di pace che voglia essere
realistico e costruttivo?
Elias
Canetti, premio Nobel per la letteratura nell’anno 1981, in un voluminoso incisivo
volume intitolato Massa e potere, spiega
come la guerra possa essere scatenata per il solo piacere di sottomettere il
nostro prossimo, per la sola soddisfazione di vederlo sottoposto alla nostra
volontà. L'autore constata che quanto è maggiore il numero degli assoggettati
tanto più intensa è la gioia diabolica di chi li assoggetta. L’esempio citato
dall’autore, come è facile immaginare, è quello ancora recente del dittatore
Hitler.
Joseph
Brodsky, premio Nobel per la poesia nell’anno 1987, constatando l’affievolirsi e
lo spegnersi dei promettenti ideali sollevati dal Movimento Studentesco al
momento della sua nascita nella Università di Berkeley (U.S.A.), arriva alla
malinconica conclusione che esiste nell’uomo il "peccato originale".
Lo scrittore
Guido Ceronetti, in una intervista su La Stampa (3 Settembre 2017) constata “la
enormità ed eternità del male”. Sono parole che fanno rabbrividire perché
sanciscono che il male è “enorme ed eterno”.
Poiché le
personalità sopra citate non sono prive di intelligenza né di buon senso la
loro testimonianza ci obbliga a riflettere.
Milano, Fondazione Corrente, 21 settembre 2017 Gaccione al centro mentre fa il suo intervento, a sin. Gardellaa des. Papi |
Se il “Disarmo unilaterale” è problematico il “Disarmo generale” non è meno difficile né meno impervio da realizzare. Esso presuppone una operazione da estendere a scala planetaria, capace di coinvolgere l'intero pianta. Una tale operazione in passato era difficile da concepire ma oggi si presenta più facile e meno utopica a causa del diffuso e consolidato fenomeno della crescente globalizzazione instauratasi nei rapporti fra le varie Nazioni. La globalizzazione del commercio, della produzione, della cultura lascia sperare in una globalizzazione che sia anche di natura morale, in una convergenza del mondo verso obiettivi di concordia, di solidarietà, di pace. Esiste un organo a cui può e deve far capo questo programma di globalizzazione morale. Nonostante i suoi difetti, le inefficienze, le vischiosità, l’unico organo a cui si possa affidare un compito di tale enorme dimensione è l’Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U.). Attraverso il settore dell’ONU espressamente costituito per gli affari culturali, cioè l’UNESCO, è possibile programmare una campagna di educazione mondiale estesa a tutte le nazioni rappresentate nell’ONU, essa dovrebbe essere volta ad illuminare le nuove generazioni e finalizzata a prepararle ad una effettiva pacificazione internazionale.
Non è facile
tuttavia condurre una campagna di educazione a scala globale. Occorre saper
conciliare l'amore per il nostro paese con la amicizia per il paese degli
altri; occorre mantenere il legame originario con la nostra terra, innato e
radicato in ciascuno di noi, e nello stesso tempo sapere coltivare il rispetto
per la terra degli altri: un rispetto che non essendo congenito deve essere
fermamente voluto e sentito affinché possa essere accolto con sincera e
profonda convinzione.
I popoli
devono mantenere lo spirito di Patria ma non lasciarsi traviare dalla idolatria
della Nazione. Il Patriottismo è un sentimento sano e positivo perché difende
valori culturali, civili, morali appartenenti alla tradizione di un popolo; il
Nazionalismo è una manifestazione funesta e spregevole perché esalta il
concetto di razza superiore, di etnia privilegiata, di stirpe eletta. È da
ricordare che il Nazionalismo non molti anni fa è degenerato nel Nazismo.
Il programma
di educazione mondiale insegnerà a coltivare il Patriottismo ed a tributare onore
e gloria alla memoria di Leonida, esempio eterno ed universale di eroe della Patria;
ma nello stesso tempo esorterà a condannare il Nazionalismo germe di fanatismi
aggressivi, di disprezzo del prossimo, di guerre spietate.
Soltanto in
seguito ad una intensa e capillare campagna di educazione condotta dall’UNESCO
a scala globale sarà possibile arrivare ad una delibera sottoscritta da tutta l’Assemblea
Generale dell’ONU e volta a raggiungere la unanimità delle Nazioni nell’impegno
di ottenere il disarmo generale.
Cassola e Treccani in Cina nel 1951 |
In questa
nostra epoca dominata dalla atomica il pacifismo mondiale è divenuto un
obiettivo ormai improrogabile. È utile ricordare una profezia avanzata anni fa da
due grandi ed autorevoli personaggi contemporanei: il fisico Albert Einstein (1879-1955)
ed il filosofo Bertrand Russell (1872-1970). A loro si deve la drammatica raccomandazione:
“L’uomo deve distruggere gli armamenti nucleari altrimenti gli armamenti
nucleari distruggeranno l’uomo”. Lo stesso Einstein aveva da tempo compreso che
le dimensioni dei futuri conflitti saranno tali che soltanto un Governo
Mondiale potrà impedirli.
E’ possibile
giudicare Cassola come un sognatore ed utopista; ma sarebbe una accusa sterile
ed ingenerosa. Le utopie sono state il sale delle vicende umane ed hanno
alimentato tante gloriose iniziative del passato.
Dalla
corrispondenza con Angelo Gaccione risulta che Cassola ha sempre mantenuto un
atteggiamento di equilibrio e di comprensione. Pur di rafforzare il movimento
per il Disarmo non ha mai esitato ad unirsi con persone di orientamento
ideologico non esattamente uguale al suo; pur di non compromettere il successo
della causa per la Pace non ha mai fomentato malumori, rivalità, scissioni fra
i vari e non sempre concordi sostenitori delle sue idee. Con questo suo
atteggiamento saggio ed illuminato ha dimostrato di sapere anteporre il nobile
Ideale per cui lottava alle futili dispute di chi gli stava intorno. Quale
ammirevole esempio di superiorità morale da additare agli irresponsabili e
litigiosi uomini politici che abbiamo oggi!
In omaggio a
Cassola ed in segno di ammirazione per il suo tenace utopismo concludo questo
intervento con il seguente aforisma, ricco di fiducia e di speranza, ed enunciato
già nel secolo scorso dallo storico Cesare Cantù (1804-1895): “le utopie non
sono altro che l'anticipazione di verità future”.