di Vincenzo Viola*
1.La scuola è fondamento della democrazia del
Paese:
- solo una preparazione adeguata e offerta a tutti
permette di esercitare la facoltà di scegliere i governanti ed eventualmente di
essere scelti;
- solo un esercizio della democrazia fin dagli anni
della formazione consolida e irrobustisce la partecipazione civile.
- Proprio per questi motivi la Costituzione dà tanta
importanza alla scuola; senza la comprensione di questa realtà non ci sarebbe
ragione di parlare di educazione alla cittadinanza.
2.La proposta di legge di
iniziativa popolare per l’introduzione dell’insegnamento di educazione alla
cittadinanza formulata dall’ANCI ha il grande merito di riproporre all’opinione
pubblica il tema della funzione formativa della scuola in ogni suo ordine e
grado ma, a nostro parere, necessita di alcuni approfondimenti in quanto poco
funzionale al raggiungimento dell’obiettivo stesso dell’educazione alla
cittadinanza.
3.Non serve una legge per
introdurre l’insegnamento di educazione alla cittadinanza perché c’è già. Anzi
ce ne sono diverse, a partire dalla riforma Moro del 1958 per giungere alla
riforma Gelmini del 2008 / 2010. Sono state sperimentate diverse soluzioni, in
ogni fase della vita scolastica degli ultimi sessant’anni e in ogni contesto
sociale, ma nessuna ha funzionato. È utile individuare il perché, prima di
formulare altre proposte.
4.Per insegnare qualsiasi disciplina in qualsiasi ordine
di scuola è essenziale proporre e far comprendere i fondamenti teorici e
soprattutto fare e far fare esercizio. La pedagogia della democrazia non segue
un metodo diverso: per insegnare democrazia e legalità bisogna fare
costantemente esercizio di democrazia e di legalità.
5.La prima difficoltà a
rendere effettivamente curricolare l’educazione alla cittadinanza sta nella
indeterminatezza dei contenuti e delle finalità di questa disciplina,
indeterminatezza evidenziata e potenziata anche dalla mancanza di un docente di
riferimento preciso: come può essere presa sul serio una disciplina che può
essere affidata indifferentemente a un insegnante di italiano, di storia, di
filosofia, di diritto o di economia? E perché no di scienze o di scienze
motorie o di matematica e fisica e così via? Non è una battuta, anzi: vi è
un’infinità di punti di contatto tra queste ultime discipline e l’educazione
alla cittadinanza.
6.La genericità dei
contenuti e dei fini dell’educazione alla cittadinanza e l’attribuzione
indeterminata ai docenti (di italiano o di storia e filosofia o di diritto o di
economia…) delle competenze relative a tale educazione entrano in conflitto tra
di loro e producono una situazione di confusione che si traduce in scarso
interesse sia da parte dei docenti che degli studenti che il ricorso (sostanzialmente
repressivo) al voto non può sanare. Anzi vorrei dire che se chi dirige le nostre
scuole non si è ancora reso conto che il voto non è la soluzione dei problemi
della didattica, ma ne è in buona parte la causa, ogni riforma parziale o
globale della formazione è destinata a fallire.
7.Infatti una scuola
impostata sul voto è una scuola che insegna solo a ripetere cose già note e col
voto sanziona in positivo o in negativo la distanza tra un sapere codificato e
l’apprendimento dell’alunno: quanto più l’alunno si distanzia dal sapere
codificato tanto più negativo è il giudizio. Non a caso il settore scolastico
che in Italia funziona meglio è ancora il ciclo delle elementari, che è quello
in cui il voto ha un peso minore. A scuola, invece, si trascura l’importanza
scientifica e didattica dell’errore, necessario per impostare un percorso di
ricerca, di validazione, di metodo per far propri fondamentali contenuti della
cultura di ogni tempo.
8.Per imparare qualsiasi
cosa ci deve essere la scuola del “perché?”, cioè dell’esperienza, delle domande
poste dagli allievi in un interscambio con gli insegnanti e non dell’assunzione
passiva e tendenzialmente tautologica dei contenuti e della semplice
esposizione di ciò che si è appreso, riassumibile nella formula “è così perché
è così”. Il riconoscimento dell’errore come componente essenziale di questo
dialogo comporta l’acquisizione di due punti fondamentali dell’educazione alla
cittadinanza: la libertà di parola come condizione del dialogo e l’assunzione
della responsabilità del proprio ragionamento da un lato e il rispetto delle
opinioni e delle affermazioni altrui, rispetto non formale, ma sostanziale, che
consiste nel prenderle in considerazione per accettarle o rifiutarle o elaborarle
assieme.
9.Il valore fondamentale della democrazia è il rispetto:
“La democrazia deve credere in se stessa e non lasciar correre sulle questioni
di principio, quelle che riguardano il rispetto dell’uguale dignità di tutti
gli esseri umani e dei diritti che ne conseguono e il rispetto dell’uguale
partecipazione alla vita politica e delle procedure relative.” (Gustavo
Zagrebelsky, Imparare democrazia)
10.Il rispetto va inteso come scelta attiva, non come
atteggiamento conservativo perché se la democrazia e la legalità non vengono
messe in pratica non vivono e non possono essere trasmesse.
- rispetto della persona: se il rispetto delle persone,
di tutte le persone, di qualsiasi provenienza, lingua e tradizione, non diventa
il valore fondante della cittadinanza, l’educazione civica si rivela solo un
arido elenco di norme
- rispetto nelle relazioni: se le regole non vengono
rispettate in primo luogo da chi ha il dovere di farle rispettare, le regole
stesse diventano uno strumento di prevaricazione.
- rispetto della crescita e della maturazione della
persona: “occhio benevolo e non punitivo nei confronti del giovane e
riconoscimento del merito”,
- rispetto dell’impegno di lavoro e del tempo-vita che
si chiede allo studente: qualità dell’insegnamento;
- rispetto della libertà di parola: fondamentale,
educazione alla libertà e alla responsabilità.
11.Per l’educazione alla
cittadinanza questa impostazione è fondamentale. Infatti se per l’apprendimento
di tutte le discipline è necessario l’esercizio, “ché non fa scïenza, /sanza lo ritenere, avere inteso”,
per l’apprendimento dell’educazione alla cittadinanza è essenziale l’esercizio
della democrazia, che deve riguardare tutti gli ambiti scolastici e in primo
luogo quello della didattica. Infatti solo ciò che incide sull’attività che
stiamo svolgendo per rafforzarla o modificarla viene percepito come importante
e significativo.
12.Ma torniamo al punto 3 e
alla necessità di avere un punto di riferimento preciso per il versante
conoscitivo dell’educazione alla cittadinanza. Tale riferimento non piò che
essere l’insegnante di storia perché l’acquisizione e le modificazioni del
concetto di cittadinanza è stato ed è il frutto di un processo storico e solo
comprendendolo come tale nelle sue varie fasi può essere compreso in maniera
non retorica. Per questo motivo è opportuno inserire nei programmi di storia lo
studio degli aspetti che più hanno prodotto elaborazioni e realizzazioni su
questo aspetto della società umana.
13.Sul versante formativo
invece tutte le altre discipline collaborano e contribuiscono a rafforzare
l’aspetto educativo di questa proposta culturale, che opportunamente si chiama
“educazione” e non “istruzione” alla cittadinanza. Nell’ambito dell’italiano si
educherà al possesso della lingua e alla libertà di parola, in quello di
attività motoria al rispetto delle regole, nell’insegnamento di scienze
naturali rientra l’educazione ambientale, in filosofia la libertà di pensiero,
nell’insegnamento della fisica la differenza essenziale tra il risultato di una
ricerca scientifica e una chiacchiera al bar, ecc.: tutto ciò non inficia la
libertà d’insegnamento, ma finalizza la libertà d’opinione.
14.Chi verifica i risultati
di tutto questo lavoro? Il Consiglio di classe attraverso uno strumento da
introdurre, questo sì, nel vecchio e stantio impianto scolastico: deve
scomparire il voto di condotta, che viene sostituito da un Giudizio di partecipazione alla cittadinanza, espresso in parole e
non in numeri perché si tratta di una valutazione del comportamento, non di una
verifica delle conoscenze. Si tenga presente che, in generale, quanto meno si
distinguono questi due aspetti (la verifica e il giudizio) tanto più è impossibile
esprimere una valutazione effettiva delle conoscenze e delle competenze degli
studenti. Per questo motivo è privo di senso logico disporre che il voto di
condotta debba far media con gli altri voti per quella singolare procedura che
è l’ammissione agli esami di Stato.
15.L’educazione alla
cittadinanza è dunque un compito di tutta la comunità scolastica, con due
ambiti di attuazione:
- quello disciplinare che
compete all’insegnante di storia, che riformulerà il proprio Piano di lavoro
dando spazio alle problematiche del vivere associato;
- quello educativo, che
riguarda l’aspetto comportamentale, sollecitato attraverso l’insegnamento
fornito da tutti gli insegnanti e definito nell’ambito del P.O.F.
*Presidente di SAO