Oralità, memoria e coabitazione nella diversità
Un
viaggio nella regione di Sousse in Tunisia
di Mila
Fiorentini
Sousse |
Dal 28 aprile al 5 maggio scorsi Sousse è stata la
capitale del «Vivere insieme e del Patrimonio della Tunisia», un progetto della
municipalità locale, sostenuto in particolare dal Sindacato d’iniziativa e dal
Comune insieme a un collettivo di cittadini franco-tunisini, al quale siamo
stati inviati come testata, insieme ad altri giornalislti che lavorano tra le
due sponde del Mediterraneo. Al centro dell’iniziativa come ha sottolineato la
giornalista Wided Othmani, che gestisce l’associazione «Chémins croisés»,
partner dell’iniziativa, dopo la minaccia del terrorismo e in particolare
l’attentato a Sousse, una delle destinazioni più note a livello internazionale
per il turismo balneare - la scelta di soggiornare nell’hotel Marhaba teatro di
quell’episodio di aggressione, non è stata casuale - la volontà di rilanciare
il paese e il suo territorio a partire dalla cultura. Se la valorizzazione del
patrimonio artistico e culturale rappresenta un’impresa e una risorsa economica
che la Tunisia ancora non ha saputo cogliere pienamente, la consapevolezza
della ricchezza umana della multi-culturalità come cifra del DNA dell’Ifriqia è
invece matura. Indubbiamente in questi ultimi anni si sente anche il valore che
una tale coscienza e offerta in termini di proposta culturale può offrire sul
piano dello sviluppo del territorio e non solo in chiave tipicamente economica.
Così accade anche per la tutela del territorio e la valorizzazione dal punto di
vista naturalistico, finora oggetto tutt’al più di campagne elettorali, ora
finalmente entrati in progetti e programmi non solo politici ma anche di natura
culturale e sociale. In tal senso è importante il ruolo delle associazioni
della società civile, molto forti in Tunisia, per le battaglie che, di volta in
volta, si intraprendono. Da non trascurare anche il fatto che la pubblica
amministrazione sia scesa in campo con il coinvolgimento di personalità
politiche in questo viaggio sui generis che omaggia comunità oggi ormai quasi
disperse, come quella ebraica di Sousse, ma non dimenticate.
Kairouan |
Al centro di
«Vivre ensemble », titolo dell’iniziativa in oggetto, la valorizzazione
della memoria e la promozione di un modello sociale di coabitazione tra
civiltà diverse perché indispensabili a creare un terreno fertile in termini
di sviluppo economico, oltre che di coesione sociale. A tal fine il percorso ha
previsto un’azione di riconoscimento alla comunità ebraica di Sousse, un tempo
considerevole, con l’intestazione di alcune vie a cittadini illustri in quanto
benemeriti, che hanno creato un’economia sociale di sostegno in favore di altri
anche di confessioni diverse, esercitando la propria professione gratuitamente.
Il tema della memoria per costruire la propria identità e proporla in un
messaggio che sia facilmente spendibile sul mercato è stato anche al centro
dell’inaugurazione della piazza Virgilio a Sousse, simbolo del patrimonio
dell’antichità che ha saputo far tesoro e rendere propria l’eredità dei romani.
La Tunisia, più di altri paesi, è stata in grado di trasformare il ‘saccheggio’
in ‘bottino di guerra’. In tal senso il tema della narrazione e del viaggio è
al centro del Paese, che troppo spesso è stato bollato come una terra senza una
vera identità. In un periodo di emergenze migratorie e rigurgiti di
nazionalismo, torna al contrario di grande attualità l’Eneide, poema sulla fondazione di Roma e della cosiddetta civiltà
occidentale attraverso un esule che sulle sponde tunisine di Cartagine incontrò
Alyssa alias Didone. Rileggere la
storia è stato il percorso condiviso di questi giorni che può diventare la
traccia di un piano per il rilancio del turismo culturale che crea interesse
anche da parte italiana per rileggersi allo specchio, guardando la storia
comune, non solo nell’antichità da un punto di vista diverso: da quello dei
Cartaginesi di fronte ai Romani e da quello dei Siciliani emigranti
dall’Ottocento rispetto a quello dei tunisini di oggi. Partendo da Sousse,
considerata la ‘perla della Tunisia’, sulla costa e dalla memoria per l’antica
e consolidata comunità ebraica che in generale in Tunisia, soprattutto
nell’isola di Djerba, ha una storia lunga e ben antecedente ovviamente a quella
cristiana e musulmana, ricca di artigianato - soprattutto la gioielleria, la
tessitura - e molta cucina, la piazza Virgilio è stata inaugurata nel segno di
continuità con il passato plurale per arrivare al cimitero francese di Enfidha,
che riunisce i nomi di coloro che hanno combattuto nella Seconda Guerra
mondiale, salendo poi verso il villaggio berbero di Takrouna, un po’
abbandonato a dire il vero, dove si è combattuta una battaglia importante,
persa dal fronte italiano.
El Jem |
Un luogo simbolico di una civiltà schiacciata,
quella nomade tamazigh, ma originaria che oggi anche con la sua lingua
riemerge, dopo l’islamizzazione, il soffocamento da parte del Protettorato
francese e infine con lo stato indipendente nel 1956 che, in nome della nuova
nazione, ha penalizzato le minoranze, a cominciare dall’espropriazione di molte
terre e attività italiane. Alla comunità allora era fiorente e ben accolta non
fu data la possibilità di conservare la doppia nazionalità e molti italiani
patirono, rifiutati in parte anche dallo Stato italiano, l’aspetto più penoso
della vicenda. Proprio a Takrouna il festival dei narratori, dei cosiddetti griot, rilancia l’idea dell’importanza
della memoria e di come la lingua sia, non solo strumento di comunicazione, ma
veicolo di costruzione della civiltà e di sviluppo del territorio che attorno
ad essa si riconosce. E’ impressionante in un paesino arroccato su uno sperone
di roccia, dove oltre un po’ di pastorizia e di ulivo, si coltiva ben poco,
accanto ad un artigianato di pregio, sentir declamare i versi di Virgilio,
ricordare l’Odissea, come radici
comuni dell’uomo migrante e viaggiatore per vocazione. Ora la scommessa è
rendere la cultura orale, impalpabile, un valore culturale tangibile, grazie a
iniziative e manifestazioni che possono vivacizzare dei luoghi come i festival.
Il tema dell’oralità e della narrazione rappresenta una delle prime forme
culturali ed è oggetto recentemente di una nuova attenzione perché si pone come
alternativa e in parte compensativa alla società smaterializzata legata ad
Internet, che rende le relazioni umane sempre più virtuali. La cultura orale in
tal senso è foriera di un tempo vissuto, nel quale si è immersi, e che
dev’essere necessariamente condivisa perché si fonda sull’ascolto. In
questo senso è una cultura profondamente democratica, non classista, che crea
legami tra persone e più facilmente permeabile a culture diverse: la parola
scritta ha barriere più rigide di quella ascoltata ed ecco perché le civiltà
nomadi come i berberi e i quartieri popolari, offrono tradizionalmente un
patrimonio plurale e contaminato nel senso migliore del termine. Si tratta di
una cultura che negli ultimi anni in Tunisia sta prendendo piede, dal cinema,
come a Hergla nella zona, o a Gabès ed ovviamente a Tunisi, e molte altre iniziative
che ormai stanno acquistando un respiro internazionale. Il colosseo di el-Jem,
ad esempio, a circa un’ora da Kairouan, verso sud, testimonianza romana di
eccellente fattura e conservazione, è teatro di una stagione musicale e lirica
che vede coinvolta anche l’Italia ormai da anni. Così anche la quarta città
dell’Islam, la prima ad essere arabizzata in Tunisia, Kairouan, che ha visto
scemare il turismo anche per un timore diffuso in termini di sicurezza e per la
sua mentalità conservatrice, oggi può diventare un luogo di dialogo e studio
tra comunità diverse, anche quelle atee, com’è stato giustamente sottolineato. Il
viaggio è stata un’occasione per intravedere nuove strade che promuovendo un
turismo culturale e sostenibile siano occasione di sviluppo e non solo di
rilancio del paese con una semplice crescita additiva. Con l’obiettivo che un
luogo prima che un prodotto da vendere possa essere uno spazio di condivisione
dove vivere bene. In questo senso cambia anche la fruizione artistica e l’occhio
sui luoghi e sulle città con un’attenzione maggiore al vissuto oltre che al
monumento in quanto tale, basti pensare ad esempio all’acquedotto che da
Zaghouan porta a Cartagine del quale restano tuttora importanti vestigia, opera
romana, che gli stessi Romani distrussero in parte, per tagliare la fornitura
d’acqua assetando la città fenicia e battendola. Così la storia di Kairouan,
con il gioiello della moschea del Barbiere, il barbiere del Profeta, da dove è
partita l’islamizzazione del paese che a torto chi guarda da fuori legge sempre
e solo come un paese arabo-musulmano.