CASAL
BRUCIATO
Caro Angelo
ho
visto qualche minuto fa, in televisione, alcune scene da Casal Bruciato, Roma.
A una famiglia di rom si voleva impedire di occupare un appartamento popolare
regolarmente assegnato in quanto in possesso di tutti i requisiti di legge e
nel rispetto della graduatoria. Solo perché rom, non essendoci altra ragione. Non
si contestavano, a costoro, dei fatti, magari pretestuosi, magari inventati. Non
ce n’erano. Non c’era proprio nulla che si potesse in qualche modo amplificare,
esagerare, per spiegare - spiegare, ho detto, non giustificare - tanto odio. Erano rom e basta.
Sì,
Angelo, era odio quello che si vedeva in quella folla inferocita, odio
viscerale, un odio totale, irriducibile. “Ti stupro!” si è gridato anche, a
quella donna. E qui si potrebbe aprire un discorso, sulla scelta di questa
tipologia di insulto, ma lasciamo stare. Correva, quella madre, protetta da qualche
agente, con una bambina di pochi anni in braccio, dallo sguardo terrorizzato.
Non ho dubbi, avendo visto quei volti, quegli sguardi, che se non fossero stati
presenti degli agenti di polizia vi sarebbe stato un linciaggio. Non esagero, Angelo: se non hai visto quelle
immagini, cercale in rete. Mi darai ragione.
Mi
vergogno, dicevo, di essere connazionale di quelle donne, di quegli uomini, nei
quali non riesco a riconoscermi come appartenente alla stessa specie zoologica,
quella umana. Però episodi di questo genere si ripetono. Una volta sono i rom, un’altra volta i
migranti…
Bada,
non sto facendo una critica politica. I rom delinquono, gli islamici sono
terroristi, gli africani sono troppi, bisogna fare qualcosa, basta
acquiescenza, basta tolleranza, dice qualcuno. A quegli argomenti opporrei i
miei. E potrei anche accoglierne qualcuno dei loro, perché no? Ma qui si tratta
d’altro. Si tratta di disumanità.
C’è
anche un secondo motivo di vergogna: dov’è la reazione? Dove sta andando,
Angelo, il mio paese, dove stanno andando i miei concittadini? Forse, dove sto
andando io stesso? Ci siamo mitridatizzati. Dopo una fugace sensazione emotiva
di ripulsa, torniamo ai nostri affari. Sai quante risposte ho avuto, delle
tante copie del mio Auschwitz di là dal
mare, spedito a destra e a manca, dove ricordavo le raccapriccianti torture
alle quali sono sottoposti in Libia i migranti? Quelli che rimandiamo laggiù, a
subire di nuovo le stesse atrocità? Zero. La questione, però, non è il garbo, è
la sensibilità. Che ha avuto solo l’amico Vincenzo Guarracino.
Io
ho paura. Sei milioni di ebrei (e il mezzo milione di sinti e rom? ma non c’è,
tra loro, un Simon Wiesenthal, un Primo Levi: dunque non se ne parla mai), sei
milioni, dicevo, non sono nati dall’oggi al domani. Tutto è cominciato con
l’indifferenza, poi è venuta la notte dei cristalli, e poi… Poi il popolo di
Kant, di Beethoven, di Goethe, di Bach ha messo in piedi Dachau,
Auschwitz-Birkenau, Bergen Belsen, Sobibor.
No,
noi siamo lontani. Molto lontani. Qui non succederà. Già. Ma siamo poi così
lontani dalla notte dei cristalli? A me pare che Casal Bruciato gli somigli un
po’. Senza agenti di polizia, qualcosa di simile sarebbe avvenuto. Con
protagonisti - parlo di quegli imbecilli, non delle loro vittime - di molto più
piccolo spessore: quella nazista è stata una tragedia di grandezza cosmica,
questa è crudeltà vile di omiciattoli.
Ho
paura, dicevo: ma non di costoro. Ho paura del silenzio. Tutto comincia sempre
col silenzio, il silenzio dei giusti che Martin Luther King temeva più dell’azione
dei malvagi.
Non
stiamo in silenzio, Angelo.
Francesco Piscitello