RIFORMA
di Franco Astengo
Si sta concludendo in
queste ore la prima “tranche” dell’itinerario parlamentare della riforma
costituzionale riguardante la riduzione del numero dei parlamentari. Nella
proposta avanzata dal M5S e all’esame del parlamento attraverso l’iter
dell’articolo 138 della Costituzione, è prevista una Camera di 400 componenti e
un senato di 200 per cifra tonda di 600 (più gli ex-presidenti della Repubblica
e i senatori a vita): un taglio del 36,5%.
Quello
della riduzione nel numero dei parlamentari è un discorso avviato da molto
tempo: fin dagli anni’80 lo stesso Centro di Riforma dello Stato diretto da
Pietro Ingrao aveva avanzato proposte analoghe includendo nel ragionamento
anche il discorso sul monocameralismo.
Da
più parti si stanno esprimendo perplessità per quest’operazione considerandola
esclusivamente come di semplice “marketing” politico, non suffragata nella
fattispecie da dati sufficienti di motivazioni riguardanti il quadro
istituzionale complessivo.
Si
fanno diversi esempi di disfunzioni e di disparità che un taglio lineare
porterebbe con sé sia sul piano della rappresentanza territoriale (l’aumento di
popolazione necessaria per un collegio del Senato, per esempio) e della
rappresentanza politica. I due termini, della rappresentanza territoriale e
della rappresentanza politica, debbono infatti rappresentare la “stella polare”
di ogni riforma del genere. Una riforma di questo genere ha bisogno di essere
accompagnata da un progetto complessivo riguardante due punti essenziali:
La
legge elettorale;
La
suddivisione dei collegi sia alla Camera, sia al Senato (si è fatto notare come
alcuni collegi uninominali al Senato, con il tipo di riduzione proposta,
andrebbero a superare il milione di abitanti).
Ricordando
ancora come la riforma della legge elettorale non preveda passaggi costituzionali,
è necessario far notare come l’impianto complessivo dell’articolato della
nostra Carta Fondamentale preveda, nell’idea della centralità del Parlamento
(che si è vanamente tentato in più occasioni di spostare proponendo la modifica
nel ruolo dell’esecutivo) un’ipotesi di pluralità della rappresentanza che può
trovare sbocco soltanto in un sistema di tipo proporzionale com’è stato, del
resto, tra il 1948 e il 1992.
La
possibilità di discutere sul numero dei parlamentari deve essere, quindi,
strettamente collegato al tipo di legge elettorale che s’intende adottare,
all’eventuale meccanismo che all’interno di essa potrebbe promuovere la
formazione di maggioranze (premio, coalizioni, premio alla lista, premio alle
coalizioni) e alla suddivisione territoriale delle circoscrizioni e/o collegi.
In
assenza di ciò siamo di fronte ad un vero e proprio salto nel buio: così si
sono espressi molti dei costituzionalisti sentiti dalle Commissioni Parlamentari e così deve essere confermato esprimendo un giudizio negativo di
forte preoccupazione su quanto sta accadendo in queste ore alla Camera dei
Deputati.