di
Franco Astengo
Da
più parti mi è stata chiesta ragione della posizione assunta circa la
valutazione di impossibilità che il governo PD-M5S possa rappresentare un passo
in avanti sul piano della progettualità necessaria per affrontare le
contraddizioni oggi emergenti nella complessità sociale.
Da
questa mia personale valutazione ne consegue che, preso atto dell’impedimento
che questo governo provvisoriamente rappresenta verso un ulteriore scivolamento
a destra la sinistra debba continuare a pensare ad un proprio autonomo processo
di ricostruzione senza considerare questo passaggio di governo come
direttamente coinvolgente.
Il
tema della ricostruzione a sinistra è tema strategico che le oscillazioni
imposte dall’attualità non possono porre in discussione.
L’esecutivo
che si va formando non può insomma essere considerato come un fattore di
inversione di tendenza nella dinamica assunta dal sistema politico italiano.
Dinamica a suo tempo avviatasi al momento dell’introduzione della formula
elettorale maggioritaria con lo spostamento progressivo della centralità
parlamentare verso il feticcio della governabilità fino alla sublimazione del
personalismo e della disintermediazione (dialogo diretto capo-folla, meglio se
attraverso Facebook).
Riassumo
le ragioni di questo giudizio in alcuni punti schematici:
dalla
parte del Movimento 5Stelle:
1)Il Movimento 5 stelle
rivendica la propria natura di soggetto propugnatore del superamento del
concetto destra-sinistra. Concetto destra-sinistra che invece va considerato e
rivendicato almeno ancora nei suoi termini classici;
2)Il Movimento 5Stelle è
fautore di una confusa e pericolosa idea di “democrazia diretta”. Secondo i
teorici del Movimento si dovrebbe arrivare attraverso l’utilizzo del web a
soppiantare l’istituzione parlamentare oppure a ridurla a mero luogo di
ratifica di decisioni assunte altrove;
3)Il Movimento concepisce il
rapporto lavoro-welfare in chiave meramente assistenzialistica e aderisce
goffamente all’ideologia della “decrescita felice”. Elementi teorici molto
diversi da quelli legati all’idea della “sostenibilità” dello sviluppo che
invece dovrebbero essere patrimonio di una sinistra all’altezza delle questioni
di fase;
Dalla
parte del PD:
1)Aver sposato acriticamente
il liberismo e non essere rimasto -almeno- nell’alveo di una visione
socialdemocratica di tipo keynesiano;
2)Aver appoggiato, nella
grande parte dei suoi esponenti allora di minoranza e oggi in maggioranza nel
partito, il referendum costituzionale promosso da Renzi nel 2016. Questa
“frattura” creatasi in allora a sinistra tra il Sì e il No non
può essere superata perché posta sul piano della concezione della democrazia
repubblicana così come questa si trova elaborata nella Carta
Costituzionale. Naturalmente questa affermazione vale per le elettrici e gli
elettori che avevano votato “No” non opportunisticamente ma in coerenza
con l’idea di affermazione della Costituzione. L’affermazione dei valori costituzionali
costituisce infatti la base fondativa del progetto di ricostruzione della
sinistra.
3)Aver accettato
l’impostazione monetarista imposta dall’UE nel corso degli anni della crisi dal
2007 in avanti e non aver promossa alcuna iniziativa concreta per l’effettiva
democratizzazione del processo politico europeo, agevolando di fatto
l’ondata sovranista. Errore commesso in compagnia del partito socialista
francese e dell’SPD che - appunto - adesso per questa ragione si trovano ai
minimi termini.
4)Aver rinunciato a una
battaglia culturale sul piano dei grandi princìpi di uguaglianza e solidarietà
patrimonio della sinistra storica italiana. Egualmente è stata abbandonata l’idea
di partito come fondamento insuperabile dell’assetto democratico.