PIETÀ PER GLI
ANIMALI
di Angelo Gaccione
“Quando
c’è in giro tanta pietà per gli animali, pochissima ne resta per gli uomini”. Davvero c’è tanta pietà per gli
animali in giro? A me non pare proprio, e per aver potuto scrivere una frase
come questa a cuor leggero, Leonardo Sciascia deve aver poco riflettuto sulla
condizione degli animali. Da sempre impiegati in maniera indegna dagli uomini
nelle guerre che hanno provocato, nei tornei agonistici, nelle corse ad
ostacoli, costretti a inoltrarsi per luoghi impervi e da vertigini, a correre a
colpi di frustate quell’osceno palio che si svolge a Siena dove non è raro spezzarsi
le zampe per il divertimento di sadici indifferenti, altro che pietà. Sfruttati
ed abusati fino allo sfinimento fisico nelle miniere, dove li attendeva una
sicura cecità. E pensare che lo scrittore era siciliano e aveva avuto non solo
il nonno, ma anche il padre, come lavorante in una miniera di zolfo. Deve aver
conosciuto bene anche la società contadina di quella terra e forse da bambino
avrà visto un asino bendato e fatto girare per ore ed ore attorno ad un pozzo per
estrarre acqua, o impiegato in altri duri e sfiancanti lavori fino all’infarto.
Ne ho visti tanti stracarichi di legna, pietre, tronchi, sacchi di sabbia di
questi miti esemplari, negli anni della mia adolescenza. Caricati fino a fargli
scoppiare il cuore, a farli stramazzare a terra e presi per giunta a bastonate
per costringerli a rialzarsi. Potrei portare ad esempio non solo animali da
soma, ma animali di ogni tipo. Vi pare che si abbia pietà di loro quando si
incendiano interi boschi trasformandoli in cenere? Piante e animali arsi vivi
nella più totale indifferenza. E che dire degli allevamenti intensivi (maiali,
pollame, conigli…) tenuti nel luridume, in ambienti spesso privi di luce, ammassati
in maniera tale che faticano persino a muoversi? In questi lager finiscono per
azzannarsi a vicenda. Non mi sembra un comportamento che riveli sentimenti di
umanità. Molti di quanti possiedono animali di compagnia li acquistano come “giocattoli”
per i propri figli, e come tali trattati. Altri li lasciano soli in
appartamenti giornate intere per via del lavoro a lamentarsi e ad abbaiare;
altri ancora non li curano se si ammalano e se ne disfano appena arrivano
problemi di salute e di vecchiaia. Quelli che li portano nei ritrovi per
animali e nelle cosiddette pensioni nei mesi estivi, non si chiedono affatto
cosa provano queste creature lasciate da sole per mesi interi; non parlano
ma sentono. Molti di loro si ammalano di malinconia e rivelano disturbi
psichici come qualunque essere senziente. I pochissimi che mostrano un
attaccamento vero, fraterno, umano, verso gli animali, arrivano ad esprimere
concetti come questi: “Purtroppo gli animali che abbiamo amato quando vengono a
mancare lasciano un vuoto, più di molti uomini egoisti, stupidi e violenti”
(Oliviero Arzuffi, scrittore). O ti mandano frasi come queste: “Gli animali
sono migliori degli uomini e non fanno le guerre” (Lorenza Bussolati). Questo
invece è il pensiero dello scrittore boemo Milan Kundera e riguarda i cani, me
lo ha mandato la poetessa Annitta Di Mineo: “I cani sono il nostro legame con
il paradiso. Non conoscono il male né la gelosia né la scontentezza. Sedersi su
un pendio con un cane in uno splendido pomeriggio è come tornare nel giardino
dell’Eden in cui oziare non era noioso: era pace”. Se diventano feroci gli
animali è perché li aizzano gli istinti perversi degli uomini. Lotte di galli
armati di lame alle zampe per colpire in modo sanguinario e accecarsi a vicenda;
combattimenti di cani per scommesse a fini di lucro; il tutto organizzato da
bestie con due piedi. Giudicate se è più feroce l’istinto degli animali o la
fredda ragione degli uomini.