POETI
di Zaccaria Gallo
Dissennato globo
Dalle caverne delle montagne strappate al mare
il lamento riconosce il vento fulmina profitto la fragilità
alla dolcezza cuscino che soffoca fiori dove finisce l’erba
e l’acqua muore sulle spine della pianura per verticali minacce
Dove la terra appagata d’acqua sparendo
la foresta
le secondarie strade dei ramoscelli e
l’aria verde sa fare il pane
ci mancherà quando nei vortici scenderà le scale dell’imbuto
zoppicando nella follia dei nostri tornados
Le membra spezzate ai pioppi i domani vagheranno nell’ombra
e le colpe si nasconderanno nei deserti
ultimo estremo seminato dal dissenno
manderemo bicchieri in brindisi di vetro nel giardino curato con
le bombe
epicentro dell’avidità invincibile puttana
mondo ti tengo per mano vittima di stupro
t’addormenti nel sonno del suicida
mosche conficcano chiodi nelle schiene delle farfalle
congelate nei cassetti di città rinomate per le cucine e il cemento
Nella tua bocca ho visto fiorire il silenzio
posato sulle labbra per tacere del ghiaccio che sgretola le
crepe del tempo che dissolve in trasparenti cristalli
C’è ancora quel canto di frontiera da cantare
che è dissonanza dal canto dei tempi
canto per demolire i sogni dei fantasmi?
Quando guarderò oltre i vetri della finestra
dirò ancora quello è l’albero della primavera?
Alle spiagge giungono brulicanti alieni di plasticos’essenze
schiume alle caviglie inventarono per delfini
nodi scorsoi e precipizi senza voce nei grandi oceani
Possono le nostre gole azzittirsi arrese alla bocca d’un futuro
predetto quando ci mostrate il passaporto della vostra malattia?
Fra mille anni voleranno ancora i mille pezzi delle vostre
granate
con le speranze bruciate negli intestini?
Le candele si spegneranno
nelle bocche del dolore?
Resistenza è non lasciare libero andare ogni ferita inferta dal
vostro tempo
e trasformare la maledizione in poesia
riprenderci la terra le foglie il vento le acque
l’intensa innocenza nella coppa delle mani la luce del sole
Non suicideremo i nostri respiri sulle strade dei cuori morti
noi siamo gli alberi le onde le nuvole che per primo vide
pitecantropus
noi siamo la collina che non frana il torrente che non esonda.