Milano: al centro del cuore
una palma
Testo
e foto di Paolo Maria Di Stefano
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La chiesa di san Sepolcro (Milano) in una vecchia foto |
A Milano la primavera si è presentata in tutto il
suo splendore venerdì 11 marzo. Tutto quanto la nuova stagione tradizionalmente
indossa -fiori e colori e azzurro unico del cielo e respiro delle montagne e
profumo lontano della neve, e auguri e regali- ha vestito anche la città: un
regalo unico, stupefacente, quasi a ricordare che Milano precorre gli eventi,
traccia il cammino, disegna il futuro.
E
custodisce le sue radici, le conserva in luogo sicuro e le mantiene intatte,
solo un poco più mature perché sa che
tornerà un nuovo tempo per il germoglio e la fioritura. Una nuova primavera,
che riporterà alla vita anche quei valori che sembrano oggi dimenticati,
distanti, estranei. Non nella forma, ma certamente nei significati più veri. La
vittoria, l’ascesa, la rinascita, l’immortalità sono tra questi, oggi ridotti a
banalissimi simboli dell’egoismo, della conquista del potere individuale, della
vendetta, della affermazione di sé qui ed ora, come spogliati dei significati
più veri e dunque dell’anima stessa dell’essere umani.
Ecco,
allora, che Milano ripropone all’attenzione di tutti noi quella palma da sempre
simbolo di rinascita, quella palma di cui al salmo 91-13,15: “Il giusto fiorirà come palma, crescerà come
il cedro del Libano. Piantati nella casa del Signore, negli atri della casa del
nostro Dio fioriranno. Fruttificheranno
ancora nella vecchiaia, vigorosi e verdeggianti saranno (…)”.
Sì, Milano
e la palma, simbolo di vittoria, di ascesa, di rinascita, di immortalità,
capace anche di germogliare quando sembra ormai morta: una palma silente nella
cripta di San Sepolcro, risorta dopo cinquanta anni di oblio per volontà
silenziosa quanto tenace di Franco Buzzi, il Prefetto che è riuscito a ricostruire
il legame secolare -che sembrava perduto- della Accademia e della Biblioteca
Ambrosiana con la storia millenaria della città.
Ho chiesto
ad Alessandra, l’architetto da sempre mio spirito guida, di accompagnarmi alla
scoperta di quella chiesa sotterranea, al centro del cuore della città. Ha
accettato, forse per godere del mio stupore all’incontro con la palma in rame
che, pur risalente soltanto al 1600, costituisce a mio parere l’elemento di maggiore
sorpresa nella visita ad una cripta che ha visto il costruirsi della storia dal
1000 ad oggi, e all’interno della quale tutto è possibile attenderci, meno,
probabilmente, proprio una palma. E, forse, anche per aiutarmi a capire.
Intanto,
l’Ambrosiana, figlia un tempo e madre oggi di San Sepolcro. Piazza Pio XI esattamente là dove è tutt’ora
l’incrocio tra il cardo maximus -che collegava tradizionalmente le porte
praetoria e decumana, e il decumanus maximus, che andava ad angolo retto a
collegare le porte dextra e sinistra- e dove era il praetorium.
La piazza
accoglie oggi una scultura -discussa e forse realmente discutibile- di Daniel Libeskind il cui intento è evocare
plasticamente il pensiero “totale” di Leonardo da Vinci, le cui opere sono
presenti in Ambrosiana più che in qualsiasi altro museo del mondo.
A mio
parere “fisicamente” inadeguata, all’opera si può guardare come ad una presa di
coscienza della distanza che passa tra il pensiero del genio e quello di
ciascuno di noi, molto più limitato. Oppure, come alla enunciazione di un tema,
che ognuno è chiamato a svolgere secondo le proprie capacità. Ho provato a
guardarlo così:
E credo
che Ale fosse d’accordo: “se ci fermassimo a ciò che concretamente ci appare in
quella che noi crediamo la realtà” -mi ha detto- “sarebbe come rinunciare ad
andare avanti”.
Alle
spalle dell’Ambrosiana, la Chiesa di San Sepolcro, madre dell’Ambrosiana
stessa, non fosse che perché nata nel 1030. Tra loro, il cortile degli Spiriti
Magni, spazio dove il pensiero sembra svolgersi in una sorta di esclusiva
semplicità “complessa”, non ostante tutto accessibile a chiunque.
San
Sepolcro, Chiesa privata di Benedetto Rozzone, maestro di zecca, in origine
dedicata alla Santissima Trinità era stata consacrata dall’arcivescovo Ariberto
d’Intimiano; nel 1100, l’arcivescovo di Milano Anselmo IV da Bovisio riconsacrò
la chiesa dedicandola al Santo Sepolcro. Una scelta quasi obbligata, questa,
essendo appena avvenuta la riconquista di Gerusalemme da parte dei crociati.
Mi è parso
che mostrare la Chiesa in modo forse non tradizionale, ma comunque suggestivo,
riflessa nel lunotto di una delle troppe auto che infestano la piazza e Milano
tutta, potesse essere sintesi del pensiero di una costruzione che ha visto la
storia svolgersi per oltre mille anni, anche partecipando muta alle vicende
della nascita di un ventennio non particolarmente fortunato. Per l’Italia tutta
e non solo. Il 23 marzo 1919…
E credo
che neppure in quella occasione dinanzi alla facciata si siano raccolti tanti
milanesi quanti quelli che hanno voluto essere tra i primi a entrare nella
cripta riaperta: molti di loro erano anche presenti alla cerimonia ufficiale di
inaugurazione, svoltasi con la partecipazione del Cardinale Scola; per la
stampa, invece, il giorno prima una affollata conferenza.
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Il cardinale Scola e monsignor Buzzi, Prefetto dell'Ambrosiana con il Rettore Ornaghi |
In cripta,
intanto, la palma e la riproduzione del Santo Sepolcro e l’immagine di un
Cristo ligneo, e un affresco del 1300 con la Maddalena e l’imperatrice Elena,
forse, e la statua di san Carlo Borromeo, beatificato nel 1602 e canonizzato
nel 1610, in atteggiamento di preghiera…
La palma,
certamente l’oggetto meno atteso ed anche per questo più straordinario che Milano
è tornata a render fruibile a tutti noi: pare che il cardinale Federico
Borromeo l’avesse ordinata a Gian Andrea Biffi e Gerolamo Olivieri, e che fosse
stata pensata come fontana. E, soprattutto, che fosse simbolo della sapienza.
Probabilmente proprio perché tale, il suggerimento di Alessandra è stato di
fotografarla dando rilievo particolare alle ombre, quasi a significare l’agonia
di una sapienza forse già scomparsa, e destinata ad essere riscoperta, un
giorno, grazie alla tenacia di uomini nuovi, liberi e creativi.
Io credo
non sia un caso che quella palma si trovi al centro del cuore antico di Milano,
la città che da sempre è guida anche culturale, oltre che economica, di questo
nostro Paese distratto, sì, e forse anche indifferente, ma pur sempre capace di
stimolare uomini, come Leonardo da Vinci, che si innamorano dei significati
oltre le cose e i significati cercano perché le cose divengano immortali.
La copia
del Sepolcro di Cristo è nel centro “fisico” della città, tale fin dall’epoca
romana. E io trovo commovente che le agili colonnine poggino su quelle pietre
che appartenevano al lastricato dell’antico foro romano del quarto secolo, e,
più ancora, che i milanesi di oggi possano “camminare sulle stesse pietre che
furono mille e seicento anni fa calpestate da sant’Ambrogio, da sant’Agostino e
dall’imperatore Teodosio e vedere i solchi lasciati dai carri che percorrevano
il centro della Milano romana”. Così Marco Navoni, dottore dell’Ambrosiana, il
quale ci ricorda anche che “Leonardo da Vinci disegnò la pianta sia della
Chiesa superiore, sia della Chiesa inferiore: tale disegno era un tempo
conservato presso la Biblioteca Ambrosiana, ora invece si trova a Parigi.
All’Ambrosiana si conserva invece, all’interno del celebre Codice Atlantico, la
mappa della città di Milano. Su di essa Leonardo tracciò un quadratino che
indicava proprio la chiesa di San Sepolcro, e indicò quel punto come vero mezzo di Milano, cioè il vero
centro della città.”
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Il cardinal Borromeo in preghiera |
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Particolare del sepolcro |
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Il Cristo ligneo |
Un Cristo
ligneo, ancora oggetto di studio, dall’espressione intensa, descrizione delle
sofferenze patite per ricongiungere a Dio una umanità per molti versi ancora
refrattaria, quasi nemica, ma che uscirà un giorno dalle tenebre che la
avvolgono. E gli affreschi, alcuni forse irrecuperabili, tra le colonne
agilissime poggiate sul passato romano della nostra cultura.
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Affreschi |
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Affreschi |