REFERENDUM COSTITUZIONALE
LE RAGIONI DEL NO
di Roberto Cenati
Uno scritto del Presidente dell’ANPI
Provinciale di Milano
Sull’importanza di votare No al referendum del 4 dicembre prossimo
Il presidente provinciale dell'Anpi Roberto Cenati |
La Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza sta
correndo un grave rischio. La tesi, più volte ribadita, anche recentemente, che
sta alla base del processo di revisione costituzionale è che la nostra
Costituzione non sia più adeguata allo spirito dei tempi e alla
necessità di efficacia e rapidità nelle decisioni che il sistema richiede. Tesi
non lontana da quanto sostenuto in
un documento della banca d'affari Morgan, in cui vengono indicati i rimedi per
la soluzione dei problemi europei: uno stato che funzioni come un'azienda,
basta con la divisione dei poteri, con
le Costituzioni antifasciste, basta con le protezioni del lavoro. In tempi più
lontani Willy Brandt suggeriva di correggere la democrazia “osando più
democrazia” e promise metodi di governo “più aperti ai bisogni di critica e
informazione” espressi dalla società, “più discussioni in Parlamento” e una
permanente “concertazione con i gruppi rappresentativi del popolo”.
Bisogna ricordare che dal 1963 al 2012 ci sono state numerose leggi di
revisione costituzionali approvate. Non è vero quindi che la Costituzione non è
mai stata modificata. Anzi ciò è avvenuto e a volte anche male. Nel 2012 è
stata approvata la modifica dell'articolo 81 della Costituzione che prevede il
pareggio di bilancio che nessuno in Europa ci aveva chiesto. Una prima
osservazione da avanzare, spesso dimenticata, è che le revisioni costituzionali
sarebbero varate da un Parlamento di non eletti, ma di designati dai partiti,
grazie ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale.
“Siamo preoccupati per il fatto che il testo della riforma
del Governo -sostengono 56 Costituzionalisti a difesa della Carta- si
presenti come risultato raggiunto da una
maggioranza prevalsa nel voto parlamentare anziché come frutto di un consenso
maturato fra le forze politiche. La Costituzione e la sua revisione sono e
debbono essere patrimonio comune il più possibile condiviso, non espressione di
un indirizzo di governo e risultato del prevalere contingente di alcune forze
politiche su altre. La Costituzione non è una legge qualsiasi che persegue
obiettivi politici contingenti, ma esprime le basi comuni della convivenza
civile e politica. Ecco perché anche il modo in cui si giunge ad una riforma
investe la stessa credibilità della Carta e quindi la sua efficacia.”
Il titolo della legge di revisione che costituirà anche il testo che ci
verrà sottoposto il 4 dicembre prossimo, riguarda il taglio dei costi della
politica e la riduzione da 315 a 100 del numero dei senatori. Va
rilevato, a questo proposito, che le modifiche costituzionali non possono
essere neppure concepite per semplici ragioni di risparmio di spesa che fra
l'altro non si avrebbero. Il buon funzionamento delle istituzioni non è un
problema di costi, bensì di equilibrio tra organi diversi e di potenziamento,
non di indebolimento delle rappresentanze
elettive. La riduzione del numero dei senatori, prevista dalla legge di
revisione, non porterebbe a nessun risparmio, dato che rimarrebbe inalterata la
struttura preposta all'assistenza dei 100 senatori che per espletare il loro
mandato dovranno recarsi a Roma. Un risultato senz'altro più efficace si
sarebbe ottenuto tagliando lo stipendio complessivo di senatori e deputati,
senza toccare la Costituzione repubblicana, oppure riducendo proporzionalmente
il numero dei deputati che invece rimane inalterato (630).
Un'altra argomentazione dei sostenitori del
sì è riferita al fatto che la legge di revisione garantirebbe una maggiore stabilità
dei governi. La
stabilità a nostro avviso, non dipende da imperfezioni della nostra Carta
costituzionale, ma solo dalla coesione delle maggioranze politiche che
sostengono i governi. Riteniamo comunque che la stabilità non si possa
considerare come un valore assoluto, perchè un governo non lo si può giudicare dalla sua durata, ma
dalla sua buona politica.
E' falso affermare che il bicameralismo
perfetto sia superato con la legge di revisione costituzionale. Il bicameralismo
paritario non viene superato: permane, infatti, per 16
fattispecie riguardanti le leggi di revisione della Costituzione, le leggi
ordinarie a tutela delle minoranze linguistiche, le leggi di autorizzazione
alla ratifica dei trattati dell'Unione europea ed altre ancora. In tutte queste
materie le leggi continuano a dovere essere approvate da Camera e Senato
composto, in prevalenza, da consiglieri regionali che si nominano tra loro. Fra l'altro non si capisce come
possa un consigliere regionale fare bene il consigliere e il senatore della
Repubblica.
La legge di revisione abolisce solo le
elezioni per il Senato che non verrà più eletto dai cittadini. Per il resto il
Senato resta vivo e vegeto, con tutta la costosissima burocrazia retrostante.
Il cammino legislativo, inoltre, anziché essere semplificato verrebbe reso
particolarmente farraginoso. Al posto di un solo procedimento legislativo
bicamerale, il nuovo articolo 70 della legge di revisione, scritto in maniera
illeggibile, ne prevede addirittura dieci, con la possibilità dell'apertura di
frequentissimi contenziosi tra Camera e Senato.
È falso affermare che cambiando ben 47 articoli della Costituzione non
si abbia un impatto sui principi fondamentali. Se vincesse il sì ci troveremmo di fronte ad un Senato che
pur privo dell'investitura popolare eserciterebbe comunque importanti funzioni.
Il primo ad essere toccato sarebbe quindi l'articolo 1 della Costituzione che
recita: “La sovranità appartiene al popolo”.
È inoltre non corretto affermare che la revisione costituzionale non
cambi la forma di governo. La trasformazione risulta dall'intreccio tra revisione
costituzionale e legge elettorale che prevede un esagerato premio di
maggioranza (340 deputati su 630) alla lista che raggiunge il 40% dei voti o,
nel caso nessun partito raggiunga tale percentuale, ad una delle due liste che
partecipano al ballottaggio. Così anche conseguendo un risultato modesto una minoranza
esigua può dominare il sistema intero, senza l'intralcio di un Senato non più
eletto dai cittadini. La
democrazia costituzionale ne risulterebbe stravolta. I cittadini rimarrebbero
senza voce: con un Senato non più eletto dal popolo ma da consiglieri regionali
che si eleggono fra loro, con una Camera dove domina una maggioranza
artificiale creata distorcendo l'esito del voto. Una Camera in cui una simile
maggioranza può dominare le istituzioni, estendendo la sua influenza alle
stesse istituzioni di garanzia. Se questo scenario dovesse prevalere saremmo di
fronte ad un consistente rafforzamento del potere esecutivo e la
nostra non sarebbe più una Repubblica parlamentare.
È da decenni che gli Italiani stanno attendendo cambiamenti. L'attesa
non riguarda però la Carta Costituzionale che è già stata modificata numerose
L'attesa è per il cambiamento del Paese, per riforme che rendano la vita di
ognuno degna di essere vissuta. Ma per far questo non si può pensare, come si sostiene, di “modernizzare”, o meglio stravolgere la Costituzione repubblicana nata
dalla Resistenza. Il Paese lo si cambia
attuando la Costituzione nei
suoi principi e nei suoi
valori fondamentali, a cominciare dall'art.1 che recita “L'Italia è una
Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Roberto Cenati |
Il monito di
Scalfaro
Oscar Luigi Scalfaro nel suo bellissimo libro La mia Costituzione,
osservava: “La mia convinzione è che ogni cittadino è garante della
Costituzione e se ognuno sente di essere garante, allora la garanzia diventa
forte, marcata. Appena ci sono sintomi di fatti e comportamenti che turbano
norme e principi, ciascuno deve sentire il dovere di muoversi. Il referendum è
l'unica ipotesi di democrazia diretta, in cui il popolo esercita la sua
sovranità. Ma quante volte si va a votare con approssimazione? Nel caso del
referendum costituzionale il rischio è enorme. Il voto anche su un solo punto
della Costituzione non tollera slogan pubblicitari o elettorali. Attenzione
dunque. Mille volte attenzione quando si vota la Costituzione. E una Costituzione
sbagliata compromette l'oggi e il domani. Bisogna pensare ed essere ben
responsabili quando sono in gioco le regole. Nessuno può stare a casa a
dormire, come se la cosa riguardasse altri.”