LETTERA A
PISAPIA
Lettera aperta inviata a
Giuliano Pisapia sottoscritta dai seguenti firmatari:
Pierpaolo Pecchiari (Comitato per il NO,
Milano)
Franco Calamida (Costituzione Beni Comuni)
Mario Agostinelli (Energia Felice)
Erica Rodari (Comitato Acqua
Pubblica, Milano)
Marco Dal Toso (Giuristi democratici)
Luciano Belli Paci (gruppo dei 110 avvocati
milanesi per il NO)
Caro Pisapia,
nella
tua intervista a "la Repubblica" del 18 novembre ti rivolgi non solo ai
sostenitori del Si ma anche a quelli del No e tratti di questioni a carattere
generale per le prospettive della sinistra che stanno a cuore anche a noi,
convinti sostenitori del No. Affermi che “il Sì e il No sono determinati non
dal giudizio sulla legge di revisione costituzionale, ma dalla volontà di far
cadere il governo”.
Non
è certamente così per il nostro Comitato, non lo è per la Cgil, l'ANPI, l'ARCI
e quelle Associazioni che da sempre sono impegnate sul terreno della democrazia
costituzionale, non lo è per Lorenza Carlassare, Luigi Ferrajoli, Alessandro
Pace, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky e tutti quei costituzionalisti che ci
sono stati maestri, anche tuoi maestri.
A
tutti noi hanno insegnato a leggere l’intreccio tra crisi sociale e crisi dei
valori costituzionali. E questo riguarda la sinistra e il senso della politica.
Noi
siamo sostenitori del No per una sola ragione: se vincerà il Sì la nuova
Costituzione non sarà più quella di prima, quella nata dalla Resistenza e dalla
sconfitta del fascismo, che unì il paese in una comune volontà di rinascita e
di riscatto. Il centro del potere passerà dal Parlamento, rappresentativo di
tutti i cittadini, al governo, espressione della sola maggioranza (anzi, con le
attuali leggi elettorali iper-maggioritarie, della minoranza più forte).
Tutto
questo va sicuramente incontro ai desideri dei “poteri forti”, il gigante
finanziario americano JPMorgan (una delle banche, ricordiamolo, all'origine
della crisi, multata di 13 miliardi di dollari per avere invaso il mercato di
titoli tossici), gli USA, l'UE, la Confindustria, che vorrebbero i governi
pronti ad accogliere le esigenze del “mercato”, per imporre politiche di
attacco allo stato sociale e ai diritti (il lavoro, la sanità, l’istruzione),
tutelati dalla Costituzione. Non solo: domani al governo del paese potrebbero
andare forze populiste che hanno nel loro DNA la discriminazione contro i
“diversi” (immigrati, islamici, disabili, gay...), che vogliono erigere muri e
che costruiscono il loro consenso sulla paura e sull'odio, avremmo posto nelle
loro mani non solo tutti i maggiori poteri dell'esecutivo, ma anche la
possibilità di ridurre le garanzie dei diritti fondamentali delle persone e
delle minoranze.
Come
non condividere la tua affermazione: “le forze della sinistra devono sentire il
peso di una responsabilità storica come forse non mai nei tempi recenti”? E ancora: “non vanno costruiti muri”. Sacrosanto, anche a sinistra.
Ma
come interpretare questa responsabilità storica? Nessuno di noi è indifferente
a cosa potrà accadere sulla scena politica dopo il 4 di dicembre, ma,
parafrasando Sergio Mattarella, che intervenendo alla Camera il 12 marzo 2005,
a proposito della proposta di riforma della Costituzione presentata dalla
destra diceva “Sapete anche voi che è fatta male, ma state barattando la Costituzione
vigente del 1948 con qualche mese in più di vita per il governo Berlusconi”,
riteniamo che una cosa è il destino di un anno di governo fino alle elezioni
del 2018, altro è lasciare in eredità a noi e alle future generazioni, una
Costituzione che realizza una concentrazione di potere inaudita con
l'indebolimento di tutti gli strumenti di garanzia.
Dall’esito
del referendum dipenderà dunque il futuro della nostra democrazia: la
conservazione sul piano normativo del suo carattere parlamentare, oppure la
legittimazione dell’attuale deriva anti-parlamentare; la riaffermazione della
sovranità popolare, oppure la consegna del sistema politico alla sovranità
anonima, invisibile e irresponsabile dei mercati; la legittimazione del governo
dell’economia e della finanza, oppure la riaffermazione e il rilancio del
progetto costituzionale e dei valori nei quali tutti crediamo, sebbene in tempi
così difficili: eguaglianza, libertà solidarietà. Caro Pisapia, siamo certi che coglierai il senso di questa nostra lettera. Noi, con ferma convinzione, riaffermiamo le ragioni per le quali difendiamo la Costituzione. Anche noi vogliamo cambiare: in meglio.