RIFLESSIONI
SUL TEMA DELLA PACE
di
Eleonora Colzani
A
margine di un dibattito sul libro Cassola e il disarmo.
La letteratura non basta. Alla Biblioteca Comunale di Desio, organizzata dalla Libreria di Desio di Emanuele Procacci.
La letteratura non basta. Alla Biblioteca Comunale di Desio, organizzata dalla Libreria di Desio di Emanuele Procacci.
La copertina del libro |
Caro
Emanuele,
grazie
ancora per la presentazione di sabato: è stato veramente illuminante
ed è stato veramente un dispiacere che non ci sia stata molta più
gente ad assistere. È dalla fine della presentazione che mi
interrogo sul perché dell'indifferenza dei giovani al tema della
pace.
Per me è
semplicistico, anche se reale, affermare che i giovani vivono in
un'epoca in cui l'individualismo ha di gran lunga superato l'idea di
"bene comune": è una risposta che non mi è bastata. I
miei genitori, come del resto il professore, arrivavano da un
dopoguerra di rinascita, di forti ideali, di cose in cui credere,
dove la massa chiedeva e otteneva (a volte). C'erano esponenti
politici forti, esponenti del mondo letterario importanti, persone a
cui ispirarsi e in cui credere: oggi cosa ci resta? E come è
possibile che noi, generazione di figli con padri e madri dagli
ideali forti e precisi, siamo arrivati a non averne?
Dove si è
inceppato l'ingranaggio?
La gente
non crede più e non parlo solo da un punto di vista religioso: non
crede più alle lotte, non crede più nella possibilità che la
guerra venga a bussare alle sue porte, non crede agli esponenti
politici di qualsiasi schieramento, non crede più nelle istituzioni
ne nei valori che fanno un essere umano un "buon cittadino".
È una
cosa inquietante a ragionarci bene: il benessere economico e fisico
ha portato a un allontanamento delle persone. Non è che prima "si
stava meglio": il disinteresse, le malelingue, lo scherno ci
sono sempre stati. Allora perché se ci voltiamo indietro vediamo
unioni d'intenti che ora non sono pensabili? "La sovranità
appartiene al popolo" ma il popolo sembra non volerne sapere
dato che avere la sovranità - un diritto - comporta tutta una serie
di doveri da adempiere. Allora, meglio lasciare che se occupino "gli
altri", che tanto "noi non veniamo considerati ".
Un momento dell'incontro |
La scorsa
estate, tornando da Bibione, ci siamo fermati alla torre di San
Martino della Battaglia: se non ci sei mai stato, vacci, merita. È
stata la prima volta che mi sono sentita Italiana e al contempo mi
sono sentita uno schifo perché lì dentro c'era la dimostrazione che
gli ideali grandi forti e puri sono esistiti e hanno mosso le masse,
mentre ora non ci facciamo smuovere da nulla. Parlavo con un
diciassettenne (molto intelligente e da voti altissimi), di una mia
giornata lavorativa e del fatto che avessi parzialmente aiutato
durante il carico di un macchinario ingombrante su un tir. Per me è
stato normale: avevano bisogno di due occhi in più che guardassero
gli impedimenti, o di due braccia che recuperassero la pellicola di
imballo, e ho aiutato. La sua risposta è stata "ma scusa,
perché l'hai fatto? rientra nelle tue mansioni?".
Il libro |
Questa
risposta mi ha lasciata basita: "No, ma se uno ha bisogno, tu
non lo aiuti?" non ha risposto, ma la risposta negativa era sul
limitare delle labbra. E lui è figlio del tempo in cui vive, non è
"il solo" ne la "pecora nera". Anzi, lui almeno
si lascia interrogare.
Esiste un
antidoto, una soluzione all'epoca del "prima vengo io e degli
altri non mi importa"? Non lo so. Non lo so se sto educando mia
figlia nel modo corretto, non lo so se comunque queste basi
resteranno o se verranno spazzate via dagli ambienti che frequenterà
in futuro.
Ci penso,
mi interrogo, mi lascio interrogare.
E provo a
stimolare a fare altrettanto quelli che ho intorno.
Un saluto
a te e a Paola e grazie ancora.
Eleonora